«Le auto tornino agli anni Ottanta», l'esempio di Toyota
Toyota, all'ultimo evento di settore a Tokyo, ha tentato di convincere i fanatici della «vecchia scuola» dei motori a scoppio che le auto possono essere pulite e allo stesso tempo interessanti. Come? Presentando versioni «riviste e corrette» (leggi «a zero emissioni») della gamma sportiva degli anni Ottanta. Che, tra l'altro, vanta una forte base di estimatori a livello globale. I nuovi oggetti del desiderio, per il momento solo prototipi, sono due modelli della generazione AE86, proposti uno in versione elettrica a batteria e l'altro con motore a idrogeno.
Il presidente dell'azienda, Akio Toyoda, ha detto che la rimodulazione delle auto esistenti deve essere esplorata come opzione per raggiungere l'obiettivo di impatto nullo a livello di CO2 entro il 2050. In Giappone, infatti, solo una vettura su venti è nuova e quelle più vecchie sono alimentate almeno in parte a benzina. «È importante lasciare una scelta sulle vetture già amate o possedute da qualcuno», ha dichiarato l'appassionato di auto e pilota su circuito di fronte al pubblico. Un ritorno al futuro, dunque, nel mondo delle quattro ruote. Almeno per quel che riguarda la carrozzeria, un domani sulle strade sembrerà di essere piombati a quarant'anni fa, ma senza i tremendi gas tossici dei vecchi tubi di scappamento. Il grande marchio giapponese è piuttosto nuovo nel mercato dei veicoli elettrici di massa e ora ha in programma di investire 70 miliardi di dollari per elettrificare i propri veicoli e produrre più batterie, puntando a vendere almeno 3,5 milioni di esemplari elettrici a batteria nel 2030.
Secondo Roberto Borioli, direttore del Centro scolastico per le industrie artistiche – istituto che nel panorama dei suoi corsi offre un percorso di studi orientato alla progettazione dei prodotti –, questo «tentativo accattivante di riproporre in chiave tecnologica innovativa modelli storici di auto può incontrare o meno il gusto personale dei clienti. Di regola una concept car resta un modello di riferimento per eventuali sviluppi industriali, ma l'esperienza può finire lì, senza che mai si sviluppi un modello di serie. Queste operazioni di comunicazione promozionale hanno lo scopo di far parlare di sé e di attirare attenzione sui marchi dei produttori».
Gli altri casi
Gaetano Biondo, docente di marketing della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, ricorda come questo non sia il primo caso del genere nel settore dei produttori di veicoli. «Ancor prima della Toyota, anche Hyundai e Opel avevano realizzato prototipi concettuali ispirati al passato. La casa sudcoreana, ad esempio, aveva ripreso la vecchia Pony, le cui linee furono tracciate dallo stesso progettista della DeLorean, proprio quella usata nel film Ritorno al futuro. In tutti i casi, però, siamo di fronte a una dimostrazione dell'idea. Ancora non abbiamo una messa in commercio su vasta scala».
Ma perché tutto questo richiamo ai bei vecchi tempi? Risponde la collega Monica Mendini: «La volontà è quella di prolungare la vita di modelli che hanno fatto la storia del marchio e che ormai fanno parte della quotidianità e della memoria di molte persone. Questi modelli, infatti, hanno ancora molti estimatori che sono loro legati attraverso, ad esempio, ricordi che condividono o esperienze vissute a bordo di queste vetture». Insomma, da una parte si fanno rivivere (o continuare a vivere) emozioni e, dall'altra, si aumenta l'attaccamento al marchio. «Parliamo di marketing nostalgia: Toyota tenta di creare una connessione molto emotiva facendo leva su ricordi, su emozioni oppure sulla voglia di far rivivere, ai propri clienti, le cose più belle del passato».
Più attenzione all'ambiente
Il consumatore di oggi, tuttavia, è diverso da quello del secolo scorso. È più attento all'ambiente che lo circonda. Ecco perché, secondo l'esperta, «si va incontro alle esigenze e alle aspettative di oggi abbracciando il concetto di verde, di sostenibilità, di economia circolare».
Biondo evidenzia anche un altro aspetto, legato al presidente del grande costruttore giapponese che ha portato sul palco una nuova svolta ecologista che però, in un certo senso, guarda indietro nel tempo: «In passato, è stato molto scettico nei confronti delle auto elettriche. Questo tipo di sperimentazione sembra incoerente, ma in realtà non lo è. Perché il punto era lo scetticismo nei confronti dell'elettrico come unico sistema di propulsione. Quello che il capo dell'industria giapponese ha sempre voluto dire, è che i consumatori hanno bisogno di avere più opzioni, di avere più scelte, così da poter facilitare l'ingresso di tutti i tipi di profili in un mercato che permetta di essere senza emissioni di anidride carbonica».
Stufi del futuro
I millennial (nati dagli Ottanta alla fine dei Novanta), le Generazioni X (1965-1980) e Z (1997-2012) sono stufe di un futuro proiettato in avanti, con automobili un po' arrotondate e anonime? L'esperto sostiene che «le linee di oggi, magari dai tratti futuristici, fanno sembrare i modelli prodotti da case automobilistiche tutti molto simili tra di loro. Ecco che allora si punta su un aspetto più iconico. Magari meno aerodinamico, e quindi meno efficiente dal punto di vista dei consumi, ma con più personalità. Linee squadrate e forme geometriche che sono rimaste impresse nella memoria di chi, all'epoca, stava vivendo un bel momento della propria infanzia». Biondo parla anche di un «design rimasto nel cuore, soprattutto nei confronti dei Millennial e della Generazione X, che dal punto di vista della pubblicità e della comunicazione sono molto legati a questo effetto nostalgia. Non c'è nulla di meglio, quindi, che recuperare cose che sono state care in passato».
La tendenza fa così riscoprire le bellezze del passato anche alle nuove generazioni. Il fenomeno della serie Stranger Things e dei vari cloni alla quale si sono ispirati va di pari passo con il riutilizzo di capi vintage. «Bei ricordi e sensazioni positive possono essere reinterpretate e vissute in una nuova chiave, rispettando l'ambiente».
Spostare risorse economiche
La strategia di Akio Toyoda, poi, potrebbe nascondere un'opportunità inaspettata. «Si potrebbe pensare che la Toyota, riproponendo carrozzerie del passato, invece di investire in dispendiose ricerche dedicate a capire come dovrà apparire il prodotto agli occhi del pubblico, potrà sfruttare questo margine economico per sviluppare e mettere in produzione motori ancora più efficienti e innovativi. Dato che le forme sono quelle del passato. Come se ci fosse una sorta di bilanciamento delle risorse. Dalla parte esterna del veicolo a quello che conta davvero, ciò che si trova sotto il cofano».
Una strategia da tenere d'occhio, secondo il nostro interlocutore, anche perché questo produttore giapponese spesso ci vede giusto: «Ricordo che Toyota non ha subito contraccolpi nei momenti più difficili di carenza di materie prime e di componenti. È stata praticamente l'unica casa automobilistica asiatica ad avere una crescita della produzione, nel 2022. Al contrario, per esempio, di Honda o Nissan, che hanno perso, in media, un buon 15%».
La strada giusta
In conclusione, secondo il 35.enne, la tendenza segue la strada giusta. Anche perché, dice, «dobbiamo avere la libertà di avere un tipo di prodotto di oggetto così come lo desideriamo, così come ci fa battere il cuore. L'industria automobilistica, anche nella comunicazione e nella pubblicità, cerca di ricreare sensazioni, esperienze o di associare la guida a un'avventura. Sì, sono convinto che l'idea di rifarsi agli anni Ottanta possa avere successo. Andiamo sempre di più verso un mercato che personalizza l'esperienza e questa scelta apre una nicchia che mancava, rendendola ecosostenibile e il prodotto da acquistare più desiderabile».