Commercio internazionale

Le catene di approvvigionamento rischiano un collasso

Siccità nel canale di Panama e tensioni attorno al canale di Suez: trasporto marittimo sotto scacco – Previsti ritardi e maggiori costi per la consegna di merci
© EPA/YAHYA ARHAB
Francesco Pellegrinelli
18.12.2023 19:45

Qualcosa di simile era accaduto durante la pandemia, quando per la prima volta il problema dell’approvvigionamento si è manifestato in tutta la sua portata globale. Oggi, qualcosa di simile - ma con cause di tutt’altra natura - si sta verificando nuovamente. La simultanea perturbazione dei canali di Panama e Suez, due nodi vitali del commercio marittimo, minaccia infatti le catene di approvvigionamento globali nel periodo pre-natalizio.

A darne notizia, negli scorsi giorni, è stato il Financial Times, con un articolo pubblicato in prima pagina. Il canale di Panama da mesi è infatti confrontato con una delle siccità più grandi di sempre, che ha costretto le autorità portuali a limitare il numero dei passaggi giornalieri. Sull’altro fronte, invece, il canale di Suez deve fare i conti con le crescenti tensioni geopolitiche legate al conflitto israelo-palestinese. A causa degli attacchi navali dei ribelli Houthi nel Mar Rosso (vedi articolo a lato) diversi armatori stanno valutando rotte alternative.

Mancheranno gli iPhone?

Stando al quotidiano britannico, ottobre è stato il mese più secco dal 1950, in parte a causa del fenomeno meteorologico El Niño che ha influenzato le temperature e le precipitazioni nella regione di Panama. A causa del prolungato periodo di siccità, per la prima volta, le autorità locali si sono viste costrette a ridurre il numero dei passaggi, che entro febbraio sarà limitato a sole 18 navi al giorno. Un drastico calo le cui conseguenze si misurano in primo luogo sui ritardi nella consegna delle merci a livello internazionale.

Secondo Marco Forgione, direttore generale dell’Istituto per l’Export e il Commercio internazionale nel Regno Unito, citato dal Financial Times, «prodotti come l’iPhone potrebbero non essere disponibili in tempo utile per il Natale». Stesso discorso per altre tipologie di merci provenienti da Shanghai.

«A causa della siccità e delle tempeste tropicali che hanno colpito il Pacifico centrale, circa 200 navi sono rimaste bloccate in attesa di passare attraverso il canale di Panama, con ritardi fino a 21 giorni», spiega raggiunto dal CdT Fergus McReynolds, direttore degli Affari pubblici UE dell’Istituto. «Ritardi di questo tipo si ripercuotono sull’intera catena di approvvigionamento e hanno un impatto catastrofico a livello di costi».

Ma è soprattutto guardando al periodo post-natalizio che McReynolds intravvede i pericoli maggiori, anche per l’Europa. «Durante i mesi vitali da novembre a marzo, gran parte del trasporto marittimo sudamericano si concentra sull’esportazione di frutta e verdura, generalmente tramite container refrigerati. Gran parte di questi prodotti passa attraverso il canale di Panama. Se questi problemi dovessero persistere, non solo le esportazioni di frutta e verdura potrebbero subire un impatto, ma potremmo assistere a tempi di transito più lunghi e a un ulteriore aumento dei costi per gli importatori europei».

Le rotte alternative

Sull’altro fronte, come detto, vanno menzionate le perturbazioni legate alla guerra nella Striscia di Gaza. Gli attacchi missilistici rivendicati dai ribelli Houthi nel Mar Rosso (l’ultimo è avvenuto lunedì e ha coinvolto una petroliera norvegese) stanno mettendo a dura prova i transiti attraverso il canale di Suez, peggiorando di fatto una situazione già parzialmente compromessa.

«Se gli attacchi vicino al canale di Suez si intensificassero, la combinazione con le restrizioni di Panama sarebbe catastrofica», ha aggiunto Forgione. Il quale ricorda come più della metà delle spedizioni di container tra Asia e Nord America passa attraverso i canali di Panama e Suez. La simultanea interruzione (ma anche solo la perturbazione) di entrambi i nodi nevralgici del commercio marittimo causerebbe quindi danni importanti per l’intera economia, anche europea, come spiega McReynolds: «Molte aziende europee fanno parte di complesse catene di approvvigionamento globali e probabilmente saranno colpite da queste interruzioni. L’America Latina e i Paesi caraibici sono il quinto partner commerciale dell’UE, ma le interruzioni delle rotte marittime globali possono avere un impatto anche sugli scambi con i due principali partner dell’UE, la Cina e gli Stati Uniti».

Intanto, a causa delle limitazioni imposte sui passaggi giornalieri nel canale di Panama, armatori e importatori sono corsi ai ripari. Secondo un rapporto citato dal quotidiano britannico, nella prima settimana di dicembre sono transitate dal canale di Panama circa 160 navi contro le 240 dell’anno precedente. Di fronte ai crescenti ritardi, diverse compagnie si sono viste costrette a optare per rotte più lunghe e costose. Per il commercio tra New York e Shanghai il passaggio attraverso Suez comporta cinque giorni di viaggio in più; mentre l’alternativa attorno al Capo di Buona Speranza ne aggiunge ulteriori sei.

Politiche di sviluppo

Intanto, gli effetti sui costi di spedizione sono già visibili. Diversi armatori hanno applicato consistenti supplementi al trasporto dei container essendo il costo dell’utilizzo del canale di Panama aumentato con brevissimo preavviso fino a milioni di dollari per nave. Stesso discorso per il canale di Suez, dove alcune compagnie, stando al Financial Times, hanno annunciato l’imminente introduzione di una tassa per il rischio di guerra per tutte le spedizioni da e per Israele. Più in generale, ancora una volta, una crisi di questo tipo mostra la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento su scala globale, sollevando una serie di domande che chiamano in causa la politica industriale e di sviluppo dei Governi.

Nel Mar Rosso l'incognita delle milizie Houthi

L’ultimo attacco navale risale a oggi, quando una petroliera battente bandiera norvegese è stata colpita da un missile esploso dai ribelli Houthi. Lo stesso era avvenuto la scorsa settimana. «Unità navali delle forze armate yemenite hanno preso di mira una petroliera norvegese che trasportava carburante», aveva commentato un portavoce del gruppo ribelle rivendicando l’azione militare. Dal canto suo, l’armatore nelle ore seguenti l’attacco aveva fatto sapere che «la nave è stata colpita da un missile e ha preso fuoco. Fortunatamente nessun membro dell’equipaggio è rimasto ferito». La compagnia aveva poi precisato che «la nave era in rotta verso l’Italia dalla Malesia con materie prime per biocarburanti». Questi attacchi giungono in un momento di crescenti tensioni legate alla guerra tra Israele e Hamas. Da mesi il movimento sciita Houthi che controlla parte dello Yemen ha preso di mira il trasporto marittimo internazionale. I ribelli d’altronde avevano dichiarato che avrebbero colpito tutte le navi dirette in Israele, indipendentemente dalla loro nazionalità, e avevano quindi messo in guardia tutte le compagnie di navigazione internazionali dal trattare con i porti israeliani. L’azione militare di oggi, così come quella di lunedì scorso, fa seguito a quella avvenuta a inizio novembre, quando gli Houthi avevano sequestrato una nave da trasporto collegata a Israele, sempre nel Mar Rosso, al largo dello Yemen.

Le rinunce di MSC e BP

Da notare che, intanto, la MSC, la più grande compagnia di spedizioni di container al mondo, ha annunciato che smetterà di utilizzare il canale di Suez proprio dopo un attacco a una delle sue navi. L’annuncio di MSC va ad aggiungersi a quelli di altre grandi compagnie, ovvero Maersk, CMA CGM e Hapag-Lloyd. E ora alla lista si è aggiunta anche la Evergreen, che ha sede a Taiwan. Tutte hanno deviato le rotte a causa delle aggressioni subite dagli Houthi. Sempre oggi la BP, dal canto suo, ha comunicato di aver interrotto tutte le spedizioni di petrolio e gas attraverso il Mar Rosso, a causa del «deterioramento della situazione della sicurezza». Il Joint War Commitee dei Lloyd’s di Londra, che riunisce gli assicuratori del comparto marittimo, ha allargato le zone del Mar Rosso che richiedono coperture extra contro i rischi di guerra. Tale decisione però fa salire ulteriormente i prezzi delle polizze per le navi interessate.