Valerio Lazzeri: «Non riesco più a immaginarmi in questa posizione»
«La comunicazione di alcune importanti informazioni diocesane». Così la Curia Vescovile ha annunciato la conferenza stampa convocata a mezzogiorno e durata 45 minuti. A Lugano, nella sala riunioni si sono presentati il vescovo Valerio Lazzeri, il nunzio apostolico in Svizzera Martin Krebs (rappresentante della Santa Sede a Berna), don Nicola Zanini, vicario generale della Diocesi di Lugano, e Alain De Raemy, vescovo ausiliare della Diocesi di Losanna, Ginevra e Friborgo. «Pochi minuti fa la Santa Sede ha comunicato quanto stiamo per dirvi. Il Vescovo e la Curia erano tenuti alla riservatezza, perché le comunicazioni sono di competenza del Santo Padre», ha spiegato in apertura l'addetto stampa della Curia, Luca Montagner.
Le parole di Lazzeri
Ha quindi preso la parola il vescovo Lazzeri: «Non è facile per me prendere la parola questa mattina. Sentimenti contrastanti assediano il mio cuore. Sono consapevole delle conseguenze rilevanti, del peso e di un certo smarrimento che la mia decisione non mancherà di provocare in molte persone. A tutti chiedo da subito perdono. Vi posso solo dire che in mezzo al subbuglio, il Signore mantiene in me un angolo di pace sufficiente in questo momento per tentare di farvi capire, senza indebite drammatizzazioni, ciò che sta accadendo».
«Il Santo Padre ha accettato la mia rinuncia spontanea al governo pastorale della Diocesi di Lugano. Quasi nove anni fa Papa Francesco mi aveva affidato questo compito. In questo periodo ricco di esperienze per me mai vissute prima, ho sperimentato la misericordia del Signore. Di tutto questo rendo grazie dal profondo del cuore. Il popolo di Dio da me incontrato, i presbiteri, i diaconi, i fedeli, mi hanno dato innumerevoli occasioni di gioire».
«La sincerità e la totale trasparenza che vi devo dopo il tempo vissuto insieme, mi spingono a dirvi, senza troppi giri di parole, che soprattutto negli ultimi due anni è andata crescendo dentro di me una fatica interiore che mi ha progressivamente tolto lo slancio e la serenità richiesti per guidare in maniera adeguata la Chiesa che è a Lugano. Gli aspetti pubblici, di rappresentanza, di governo istituzionale e di gestione finanziaria e amministrativa, che sono sempre stati lontani da tutto ciò che le inclinazioni naturali e il ministero mi avevano portato a coltivare in precedenza, sono diventati per me insostenibili, nonostante la valida e competente presenza di collaboratori a cui va la mia riconoscenza. La necessità di esercitare un'autorità ha messo a dura prova la maniera per me più spontanea e naturale di entrare in relazione con le persone.
Ho sempre fatto il possibile per non sottrarmi alle mie responsabilità di vescovo, ma mi sono reso conto che lo sforzo e la continua pressione che ciò mi imponeva mi hanno portato interiormente a essere sempre più lontano da quello che sono e, in parte, anche da quello che continuo a ritenere essere il mio vero compito di pastore e di padre. Ve lo dico a cuore aperto: non riesco più a immaginarmi nella posizione che finora ho cercato sinceramente e con tutto il cuore di fare mia. Non riesco più a vedere un modo di interpretare e di vivere la missione di vescovo di Lugano autentico e sostenibile per me e, di conseguenza, veramente proficuo per tutti. Per questo, dopo un lungo discernimento, ho ritenuto necessario, per il maggior bene della Diocesi e di tutti, rimettere nelle mani del Santo Padre il mandato che mi ha affidato a suo tempo. Perché possa essere affidato a chi lo potrà svolgere con tutta la saldezza, la santità e la dedizione richieste.
Addolorato per il disagio, la sofferenza, la delusione, ma anche sereno e convinto di non poter in coscienza agire diversamente, oso contare sulla vostra comprensione, l'affetto e la vicinanza. Vi chiedo di continuare a pregare per me, io lo farò per voi. In me non c'è ombra di amarezza verso nessuno, solo affetto e tenerezza, anche verso coloro a cui per i miei limiti non sono riuscito a far capire quanto ho sempre voluto loro bene. Ora si apre per me una fase nuova, che vorrei in un primo tempo dedicare alla riflessione, al silenzio e alla ricerca orante.
Non è un legame che si interrompe, sarà custodito in Dio. Da lui viene la benedizione che può sollevare i cuori, risollevarci da ogni stanchezza».
Il vescovo Alain De Raemy è stato designato come amministratore apostolico, in attesa della nomina del successore di Lazzeri.
Il decreto letto da Martin Krebs
«Sulla nomina dell'amministratore apostolico di Lugano. Al fine di provvedere al governo della Chiesa di Lugano, vacante per la rinuncia di Valerio Lazzeri, Papa Francesco con il presente decreto nomina e costituisce sua eccellenza Mons. Alain De Raemy ad amministratore apostolico. A partire da oggi e fino alla presa di possesso canonica del vescovo da eleggere. E gli conferisce i diritti, le facoltà, i servizi che secondo le norme del diritto spettano ai vescovi diocesani».
Le prime parole di Mon. De Raemy
«Care amiche, cari amici, forse vi sorprendo se comincio citando un testo che sono andato a leggere sul sito web della vostra Diocesi, scusate la "nostr"a - ha quindi dichiarato il nuovo amministratore apostolico -. Da parte mia questa particolare appartenenza è iniziata ora per volontà del Papa. Anche se è provvisoria: serve da preparazione all'arrivo di un nuovo vescovo diocesano. Essendo da oggi vacante la sede, il Santo Padre ha voluto con mia sorpresa che io ne diventassi l'amministratore apostolico. E io vi confesso che vorrei che fosse davvero "apostolico", facendo in modo che il termine "vacante" non significhi "vuoto".
Ho letto le righe di Mons. Sandro Vitalini che voglio citare: "Il capotavola non deve sentirsi superiore agli altri commensali, anzi si occupa prima di loro e poi siede a mensa. Forse nessuno ha mai pensato prima del nostro vescovo di farne un motto per il servizio episcopale, ma è certo che la scelta è indovinata". Mi trattengo sul commento del mio fratello Valerio per rendere omaggio alla chiara motivazione del suo zelo episcopale, tutto nel suo motto. Sì, ci mancherai tanto caro Valerio come "capotavola" di questa mensa, ma anche a livello svizzero nella Conferenza dei Vescovi.
Nella Chiesa siamo tutti insieme, in comunione fraterna. Perché siamo tutti affascinati dal Signore. Ho deciso che da subito risiederò a Lugano e non più a Friburgo. È questa la mia casa. Ma quando dico di voler essere qui lo dico nel senso più ampio, voglio essere qui fino alla Valle più lontana. Voglio imparare a conoscere tutte le realtà. Sono qui per ascoltare, capire. In modo che si possa arrivare alla scelta del capotavola ideale che sappia valorizzare tutte le diversità. Nel frattempo vorrei far visita a tutte le parrocchie, tutti i servizi. Voglio parlare con ognuna e ognuno, custodendo tutta la discrezione e la confidenza dovute.
Ammetto che non so ancora parlare il dialett, ma mi impegnerò a impararlo un pochino. Chiedo alle Diocesi la loro preghiera per me ma prima di tutto per la scelta del successore di Valerio, assicurando ogni giorno la mia».
Le domande della sala al vescovo Lazzeri
Lei ha parlato di due anni nel suo animo molto tribolati. Oggi è il 10.10.2020, le dimissioni erano lì da un paio di anni? Qual è la causa scatenante?
«Queste decisioni arrivano dopo un percorso interiore, molto personale e legato a quello che nel profondo uno elabora. Gli avvenimenti della vita sono tanti e comportano altre situazioni che ti aiutano a leggere meglio la tua vita. Posso smentire che la decisione sia arrivata due anni fa. Nell'ultimo anno io ho cominciato questo percorso di discernimento che è maturato nel mese di giugno e che ha portato a queste conseguenze».
Qual è la tempistica per la nomina del nuovo vescovo?
«Attualmente è prematuro», ha risposto l'addetto stampa.
I vari scandali, in questi anni, che hanno colpito la Diocesi anche con preti ora in carcere, hanno pesato sulla sua decisione?
«Chi mi conosce sa che non sono indifferente a nulla di quello che capita, soprattutto nell'ambito della Chiesa che mi è stata affidata. Tutto concorre a riflettere, a pensare al proprio ruolo e può portare a un carico di fatiche. Ma, ripeto, sono cose che possono succedere e non portare a questa decisione. La mia decisione deriva da un percorso mio personale, non sono i fatti stessi che producono la decisione. Ci sono tante situazioni, tanti elementi che uno raccoglie e poi ne raccoglie le conseguenze».
Durante la pandemia, lei si è magari sentito più solo e questa solitudine le ha pesato particolarmente?
«Tutti durante la pandemia abbiamo vissuto momenti difficili. Anche per la vita ecclesiale la pandemia è stato un momento difficile, come per tutta la società. È stato un momento non facile come vescovo, ma io l'ho vissuto con spirito di servizio. Durante la pandemia mai mi è venuto in mente di dare le dimissioni. La pandemia è nel calderone di tante cose che appartengono alla vita di tutti».
Lei ha parlato di "inclinazioni naturali", ha chiesto perdono, si è assunto le responsabilità di questa scelta... Ci sono responsabilità da attribuire alla gestione della Curia?
«È sempre difficile trarre delle considerazioni generali da quello che uno vive personalmente. Non sono in grado di trarre delle indicazioni. Non do la colpa a nessuno. D'altra parte è evidente che il ruolo del vescovo è impegnativo, soprattutto in questo nostro tempo complesso di cambiamenti in atto a ogni livello nella Chiesa. Il servizio episcopale è particolarmente impegnativo. Io non lo so se si potrà cambiare qualcosa. Io ho semplicemente risposto alla situazione concreta in cui mi trovavo e l'ho fatto nella maniera più onesta possibile».
Non era possibile traghettare la Diocesi fino all'arrivo di un nuovo vescovo?
«Si tratta di una scelta arrivata dalla Santa Sede. Dobbiamo rispettarla», ha ribadito l'addetto stampa.
Si è percepito che quello che le è pesato di più è il lato amministrativo e disciplinare. Se avesse pensato solo al lato religioso avrebbe presto questa decisione?
«Io sono felice di essere prete e vescovo e di avere questa grazia di annunciare il vangelo, celebrare i sacramenti. Mi sono sempre trovato molto bene con la nostra popolazione. Mi ha sempre riempito di gioia e riconoscenza. Io non ho una Laurea in economia e commercio e non ho scelto di dare la mia vita al Signore per amministrare o gestire o comandare ad altri o per essere a capo di un'istituzione particolarmente articolata e con esigenze formali molto forti. Ero ben consapevole che ci fosse anche questa dimensione, mi sono fidato di quelli che mi hanno chiamato a fare questo servizio e ho cercato di farlo nel miglior modo possibile. Poi uno riconosce che arriva a un certo punto e continuare non è bene né per lui né per gli altri».
La Chiesa di Papa Francesco è cambiata moltissimo. Quanto questo cambiamento l'ha colpita? Forse ha capito che qui a Lugano non è così facile essere "Chiesa di Papa Francesco"?
«Non è facile da nessuna parte realizzare un obiettivo e una prospettiva come quella aperta da Papa Francesco, che è una prospettiva che lui stesso definisce "aprire un percorso" più che "raggiugere un obiettivo". Quello che è cominciato qui in Diocesi è anche a seguito degli stimoli di Papa Francesco, che ho cercato di tradurre. È un processo che è in atto e che non dura un giorno o un anno. Ma non credo che sia per questa fatica che si arriva oggi a questa decisione. Quello è un cammino di Chiesa che comporta un processo lento e impegnativo».
La sua vita procederà a Lugano? Cosa farà in futuro?
«Io ho chiesto un tempo di riflessione, di preghiera, di discernimento e anche di ripresa delle mie passioni di studio. Sceglierò un contesto dove questo è possibile, senza intralciare il cammino della Diocesi. Non scappo dal Ticino, non rompo i legami con il cantone, ma da questo punto in avanti la mia presenza diventerà particolarmente discreta e riservata».
Non ha mai pensato di creare una figura che la sgravasse un po'?
«I miei collaboratori hanno lavorato in maniera competente e abbiamo sempre avuto persone professionalmente all'altezza delle situazioni. Non è questo il problema. La Diocesi va avanti su questo piano. Il problema è che il ruolo del vescovo è anche quello di responsabilità in un ambito per cui ci vuole un minimo di predisposizione per entrare più efficacemente nella comprensione delle cose».
Se dovesse tornare indietro, gestirebbe diversamente i casi di scandalo che hanno coinvolto dei preti?
«Io credo di aver sempre fatto quello che in coscienza e scienza potevo fare in quel momento. Non sono mai tornato su queste cose. E credo sinceramente di non aver mai fatto niente per ostruire la comunicazione nei limiti delle possibilità che avevo in quel momento. Su questo non ho nulla da rimproverarmi. Anche se a volte quello che possiamo dire non è sempre la comunicazione che si vorrebbe ricevere».
Infine, ha concluso l'addetto stampa della Curia, Luca Montagner: «Avremo modo di omaggiare nel prossimo periodo il vescovo Lazzeri con una messa pubblica. Ci sarà un momento di saluto ufficiale al Vescovo da parte della Diocesi». La data sarà comunicata in seguito.
Le altre domande
Mons. De Raemy, per lei è una sorpresa?
«Sì, è stata una sorpresa, prima di tutto per me. Sua eccellenza Martin Krebs mi ha chiamato qualche settimana fa con una comunicazione e una richiesta. Mi ha informato della rinuncia di Valerio e mi ha detto che il Santo Padre chiedeva a me di essere amministratore apostolico. Rimango vescovo ausiliare della Diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo, ma non farò più niente lì, assumerò i miei compiti a livello nazionale e a livello romando. Ma a livello della Diocesi non farò più niente. Altri prenderanno questo in mano».
Mons. Krebs, può sorprendere la scelta di un vescovo "ad interim" fuori dal Ticino. Come mai?
«È una questione tecnica. L'amministratore apostolico è con sede vacante e per ordine della Santa Sede», ha risposto con la conferma dell'addetto stampa.