La ripartenza

L'Emilia Romagna un mese dopo: «Pronti all'estate, nonostante tutto»

La regione colpita dall'alluvione si prepara ad accogliere i turisti, anche dal nostro cantone – Ma nessuno ha dimenticato quanto accaduto, la popolazione non si è mai fermata e «è cambiato tutto»
© KEYSTONE (EPA/FABRIZIO ZANI)

«L’Emilia Romagna ha riaperto». A un mese esatto dal dramma che ha colpito la regione, il turismo prova a rilanciarla, a regalarle un timido sorriso - un po’ di conforto -, pur nella consapevolezza che la cicatrice rimarrà per sempre, indelebile. I numeri dell’alluvione sono d’altronde impietosi. Ancora troppi gli sfollati. L’Emilia Romagna però non si è mai fermata, ha subito preso a lottare, per ripartire, per riparare e ricostruire. Nessuno, quindi, oggi dubita della sua capacità di accogliere nuove ondate di turisti. Qualcuno ha già fatto i calcoli, sarà un’estate da record. Si è parlato di possibile «boom». Già, e poi?

«Ora una partita politica»

Per capire la situazione attuale, ma anche le prospettive della regione, abbiamo interpellato la direttrice del Resto del Carlino, Agnese Pini. «La fase emergenziale, grazie all’immediata risposta della popolazione, è stata affrontata con forza. Restano i problemi legati alle aree agricole e industriali, dove il fango nel frattempo si è seccato. È difficile toglierlo. E richiede tempo. Il rischio è che comprometta a lungo l’aspetto produttivo. La buona notizia, di giovedì, è legata alla balneabilità del mare: l’acqua è tornata ovunque praticabile, dopo una fase che sembrava averla compromessa a causa del reale inquinamento di parti della riviera». È stato insomma affrontato il qui e ora. Le preoccupazioni riguardano semmai le prossime fasi, anche politiche. Pini ci spiega: «I primi stanziamenti economici, in risposta alla tragedia, sono stati imponenti». Il decreto varato il 23 maggio scorso prevedeva lo stanziamento di oltre due miliardi di euro, destinati alla regione. Questo per l’emergenza. «Più delicato è il futuro». Ancora non è stato nominato un commissario per l’alluvione. «È una partita politica, e mentre si discute di chi potrà gestire i prossimi grossi stanziamenti, si avverte il rischio che gli aspetti pratici finiscano sottomessi alle ragioni politiche. I ritardi nel decidere chi fa cosa sarebbero complicati da digerire, specie per chi ha bisogno di ricostruire la propria casa, spazzata via dall’alluvione, o di far ripartire la propria impresa». Per i prossimi tre mesi, intanto, la regione si concentrerà anche sul turismo. I numeri in prospettiva sembrano confortanti. «Dopo un’immediata battuta d’arresto nelle prenotazioni, la macchina è ripartita e il gap è stato colmato. La regione è trascinata dal boom generalizzato del turismo in Italia, ma è stata capace, di suo, di fare presto, dopo la tragedia, nella consapevolezza di dover sistemare tutto il prima possibile in vista dell’arrivo dei turisti. In 48 ore le spiagge erano già state sistemate».

«Siamo fiduciosi»

Dalla Federalberghi ci ha risposto il presidente Alessandro Giorgetti, che conferma la veloce ripresa. Più che la tragedia di metà maggio, il turismo ha semmai rallentato per colpa della pioggia. «I numeri di maggio e di metà giugno mancheranno. Ma ora siamo fiduciosi per il prosieguo», dice. Poi conferma che «inizialmente abbiamo registrato alcune cancellazioni. Abbiamo dovuto sottolineare che non c’era una connessione tra l’alluvione e la possibilità di ospitare il turismo. Certe immagini però hanno scosso i sentimenti della gente. Poi noi abbiamo un grosso difetto: diciamo la verità e a volte non aiuta. Ma non abbiamo nascosto che, tra le concause di questa tragedia, vi era anche una manutenzione insoddisfacente. Ora la nostra attenzione alla clientela non sarà al 100%, ma al 150%». Tra i turisti attesi, anche gli svizzeri. «Sono tra i più attenti, tra quelli che fanno più domande. Ieri nel mio albergo (a Igea Marina, ndr) abbiamo premiato una signora svizzera che è nostra ospite da 54 anni. Mi sorprenderebbe se ci abbandonassero ora: sarebbe una cosa mai vista».

«La realtà oltre lo stereotipo»

Lo spirito combattivo di Giorgetti è rappresentativo della Romagna. Non è facile descrivere il morale di una comunità colpita da una tragedia. Agnese Pini però sottolinea: «È stata una tragedia senza precedenti, per quelle zone, anche al di là della pur drammatica conta dei morti. L’alluvione ha cancellato memoria, case e possibilità. Ma quello che sembra uno stereotipo, in realtà non lo è: lo spirito romagnolo ha fatto sì che la gente fosse subito pronta non solo a rimboccarsi le maniche, ma anche a non perdere la speranza, pur di fronte a una catastrofe naturale che in 24 ore ha distrutto tutto. Un’energia vitale incredibile, multigenerazionale. Difficile usare certe parole, nella tragedia, ma abbiamo assistito a un reale entusiasmo partecipativo; un entusiasmo che ben rispecchia lo spirito di questo popolo», che non si è mai fermato, neppure un attimo. «Lo choc ha rappresentato un incentivo per mettersi subito al lavoro e per recuperare il recuperabile».

Ogni volta che si annuvola guardiamo il cielo con preoccupazione, non si può vivere temendo la pioggia

«Il timore è di restare soli»

Lo sa bene Gene Gnocchi, emiliano DOC. Il comico, nato a Fidenza, oggi vive a Faenza. Era stato sollecitato da più parti, nei giorni del dramma, e aveva risposto con commozione. Oggi, da noi raggiunto, ci dice: «La situazione è molto complicata, davvero difficile, e per svariati motivi. L’impressione è che si stia perdendo un po’ di tempo». Il riferimento è alle decisioni politiche già citate da Agnese Pini, «perché quando si spengono i riflettori subentra il rischio che le tempistiche si allunghino, mentre la popolazione ha bisogno di risposte concrete. Si parla di 9 miliardi di euro di danni, servono quindi azioni concrete». Insomma, il timore è che gli emiliano-romagnoli «vengano lasciati soli, abbandonati a loro stessi».

«È cambiato tutto»

La casa di Gene Gnocchi, al secolo Eugenio Ghiozzi, è stata risparmiata dall’ondata e, dopo alcuni giorni ospite dai suoceri, la famiglia è rientrata. Ma la vita, in tutta la zona, è completamente cambiata: «Ora è tutto diverso. Ci sono persone che avevano casa e bottega nello stesso stabile e hanno letteralmente perso tutto. Il semplice “come stai?” ora assume un significato diverso, si è modificato anche il linguaggio, gli sguardi tra la gente». Il comico parla di un quartiere diverso, che si è giocoforza modificato: «Ci sono famiglie alluvionate che hanno trovato riparo dai parenti. È come se si fosse creato un nucleo nuovo, con persone e storie da conoscere. Qualcuno ti chiede se tra i tuoi contatti c’è chi ha appartamenti sfitti da mettere a disposizione, o auto da poter usare per poter tornare a lavorare. C’è tutta una serie di nuove problematiche». È passato un mese. Ma «bisogna continuare a parlare di quello che è accaduto. L’emiliano-romagnolo, per quanto tenace e capace, ha bisogno di aiuto concreto, non si può caricare tutto sulle sue spalle», conclude commosso il comico. «Io ho amici che hanno perso tutto. Coltivazioni distrutte, negozi e imprese cancellati. Ovviamente ognuno si spende nei modi che ritiene opportuni. Io giovedì ho fatto uno spettacolo a Faenza totalmente dedicato agli alluvionati. Ma le problematiche restano. E, soprattutto, c’è la paura. Ogni volta che si annuvola, guardiamo il cielo con preoccupazione. Non possiamo rivivere questo terrore tutte le volte che piove».

Ancora bloccati gli aiuti ticinesi

© KEYSTONE (PASQUALE BOVE)
© KEYSTONE (PASQUALE BOVE)

Sin dal 16 maggio scorso, dal momento in cui si è capita la gravità di quanto stava accadendo in Emilia Romagna, anche in Ticino associazioni o semplici cittadini si sono attivati per aiutare la Regione italiana. Alcuni, però, in queste ultime settimane hanno dovuto fare i conti con la burocrazia. Il motivo? La Commissione europea non ha ancora dato il via libera alle agevolazioni per i beni umanitari destinati alle vittime dell’alluvione. E ciò, concretamente, significa che se un gruppo di cittadini decide di inviare un quantitativo rilevante di materiale oltre frontiera dovrebbe pagarne lo sdoganamento. È quanto, ad esempio, è successo a Franco Moser, volontario che assieme al «Gruppo delle fragole», e grazie anche all’aiuto di Radio3i, a fine maggio ha raccolto diverso materiale, il quale però non è ancora partito verso l’Italia.

«Abbiamo circa 16 mila chili di riso, sei palette con bottiglie d’acqua, diverse altre palette di materiale vario, incluso quello per l’edilizia. Queste però sono ancora bloccate in Ticino. Un vero peccato». Alcuni viaggi privati con piccole quantità di materiale, spiega Moser, «siamo riusciti a farli, ma il grosso è ancora qui». Già, perché come detto per sdoganare quel quantitativo di materiale «concretamente dovremmo pagare circa 15 mila euro». Una cifra senza senso, soprattutto per chi quel materiale l’ha raccolto da volontario. Ora l’auspicio è che la situazione si possa sbloccare in tempi brevi. «Attendiamo novità nelle prossime settimane, anche grazie ad alcuni contatti con associazioni italiane», chiosa Moser, «ma al momento tutto è bloccato».