Guerra

L’ombra dell’impero: la Russia e il ritorno delle sfere di influenza

La Russia alza l’asticella in vista dell’inizio dei negoziati – Secondo il Cremlino «una soluzione a lungo termine è impossibile senza un riesame completo delle questioni di sicurezza nel Continente» - Zafesova: «Putin vuole ripristinare la divisione in blocchi»
©BRYAN WOOLSTON
Francesco Pellegrinelli
19.02.2025 06:00

Sì a un eventuale ingresso dell’Ucraina nell’UE, ma non nella NATO. Con queste parole il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, ha ribadito la posizione russa sul futuro assetto geopolitico di Kiev. La dichiarazione è arrivata a margine dell’incontro di Riad, dove hanno preso il via i colloqui di pace tra Stati Uniti e Russia. Peskov ha sottolineato che la risoluzione del conflitto ucraino non può prescindere da una discussione più ampia sulle questioni di sicurezza in Europa: «Una soluzione a lungo termine è impossibile senza un esame completo delle questioni di sicurezza nel continente», ha affermato, lasciando intendere che Mosca vuole un dialogo su scala più ampia prima di considerare qualsiasi accordo duraturo.

La vocazione imperiale

Una dichiarazione che alza l’asticella delle rivendicazioni russe, ma che non sorprende la giornalista Anna Zafesova: «Le parole di Peskov archiviano una volta per tutte l’idea di chi riteneva che il conflitto tra Russia e Ucraina fosse semplicemente una guerra regionale tra due Paesi ‘‘extracomunitari’’, qualcosa di cui non preoccuparsi troppo. Secondo questa visione, bisognava praticare la realpolitik e lasciare che Putin ottenesse ciò che voleva, magari accontentandosi del Donbass. In realtà questo conflitto ha sempre significato qualcosa di più grande».

Del resto, la Russia non ha mai nascosto il suo obiettivo di tornare a essere un impero, rivendicando territori che considera propri e cercando il controllo su altre aree strategiche. «Putin ha sempre promosso una visione del mondo basata sulle sfere di influenza e sul dominio delle grandi potenze. Già nel 2015, nel suo intervento all’Assemblea Generale dell’ONU, aveva parlato chiaramente del suo desiderio di una nuova ‘‘Yalta’’, un accordo che ridefinisse gli equilibri mondiali», ricorda Zafesova. «Molti in Europa non hanno preso sul serio queste dichiarazioni, ritenendole solo retorica nostalgica o propaganda. Ma è stato un errore di calcolo».

Ovviamente, ogni negoziato prevede un rilancio delle richieste iniziali, e può darsi che alla fine Putin voglia mirare al riconoscimento delle conquiste territoriali e del veto sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Ad ogni modo, il messaggio del Cremlino è chiaro, e – guarda caso – ripropone i contenuti delle rivendicazioni fatte proprio da Putin alla vigilia dell’aggressione dell’Ucraina, come ricorda ancora l’esperta: «Nel gennaio 2022, alla vigilia dell’invasione su larga scala, Putin aveva già avanzato un ultimatum assurdo, tanto che in Occidente non era stato nemmeno considerato seriamente. Oltre a pretendere che l’Ucraina rinunciasse alla sua sovranità e diventasse una colonia russa, chiedeva agli Stati Uniti di riportare la NATO ai confini del 1989, come se il crollo dell’Unione Sovietica non fosse mai avvenuto».

I timori baltici

Un salto a ritroso di oltre 30 anni «ingiustificato» – secondo Zafesova – anche dal punto di vista storico: «L’URSS si era ritirata dall’Europa orientale perché aveva scelto di farlo, non perché fosse stata costretta. Gorbaciov aveva capito che la Guerra Fredda non poteva continuare. Oggi, Putin, invece, pretende che l’Europa gli restituisca territori, non perché la Russia sia una potenza economica in ascesa, come la Cina, ma semplicemente perché secondo lui questi territori gli «appartengono».

Come detto, le parole di Peskov, ora, rilanciano il tema, saldando la questione ucraina al tema della sicurezza europea: «Putin considera i Paesi baltici e la Polonia come parte della sua sfera di influenza e ritiene che non dovrebbero far parte della NATO. Va tuttavia ricordato che furono proprio questi Paesi a chiedere di aderire alla NATO, conoscendo bene il passato di dominio sovietico. L’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Polonia hanno subito repressioni severe, mentre i Paesi baltici furono annessi con il Patto Molotov-Ribbentrop».

Secondo l’esperta, L’intenzione di Putin è di riportare l’Europa alla divisione tra blocchi. Per questo chiede il ritiro della NATO dall’Europa orientale. Ma senza la protezione dell’Alleanza, quei Paesi tornerebbero vulnerabili. Insomma, la condizione posta dal Cremlino è tutto fuorché una premessa per una maggiore sicurezza dell’Europa. Anzi.

La permeabilità di Trump

Ma fin dove può spingersi la permeabilità di Trump alle richieste di Putin? Dopo aver riconosciuto i territori conquistati, il presidente USA potrebbe arrivare ad accettare anche il ritiro della NATO dall’Europa orientale? «In un mondo normale, una simile ipotesi sarebbe impensabile, anche perché non è una decisione che può prendere un solo uomo, nemmeno il Presidente degli Stati Uniti. Ma con Trump alla Casa Bianca, tutto diventa possibile». Alcune indiscrezioni giornalistiche, emerse a margine del vertice di Parigi, già suggeriscono che Trump, in linea con la politica di disimpegno, potrebbe ritirare le truppe americane dai Paesi baltici (ipotesi poi smentita in tarda serata dallo stesso Trump). «Mi chiedo però quali siano davvero i limiti del potere di un Presidente americano. La NATO è un’organizzazione multilaterale». Se quindi da un lato è possibile che Trump, più concentrato sulle questioni interne che sulla sicurezza globale, sia disposto a fare concessioni sulla NATO nell’Europa dell’Est, dall’altro, senza il consenso di europei, baltici e della sua stessa amministrazione, un simile piano appare improbabile, così come un reale stravolgimento degli equilibri geopolitici in Europa. Di certo, il Vecchio Continente deve smettere di dipendere dalle decisioni USA. Secondo l’esperta, oggi più come mai, le dichiarazioni di Trump (e di Putin) devono suonare come un fermo richiamo a un’indipendenza maggiore. Anche militare.