L'ultimatum di IBM ai manager: «Lavorate in ufficio o sarete licenziati»
Nei giorni più bui della pandemia legata al COVID-19 molti ipotizzarono che il nostro modo di vivere una volta terminata la crisi sanitaria sarebbe mutato in maniera sostanziale. Troppe le abitudini stravolte in tutti gli ambiti dell’esistenza. Va da sé che anche per il mondo del lavoro si ipotizzavano scenari fino a quel momento inimmaginabili: lo smart working, in particolare, da perfetto sconosciuto diventò il nuovo cavallo di battaglia dell’imprenditoria. Il lavoro da casa, si diceva, avrebbe consentito una maggiore flessibilità senza intaccare la produttività. A cavalcare la nuova tendenza, inutile dirlo, furono, tra le altre, le aziende del ramo informatico che intravedevano la ghiotta opportunità di vendere i propri sistemi alle realtà interessate a implementare il telelavoro.
Le cose, poi, non sono andate esattamente come si era ipotizzato e molte aziende, una volta rientrato definitivamente l’allarme COVID-19, hanno preferito tornare al classico lavoro «in presenza». In questo contesto, tuttavia, stupisce quanto ha deciso, a inizio anno, IBM; il colosso statunitense ha infatti lanciato l’ultimatum ai propri manager: «O tornate in ufficio, o sarete licenziati».
La nota interna
La misura, spiega Bloomberg, riguarda i dirigenti statunitensi ed è stata comunicata il 16 gennaio dal vicepresidente senior John Granger. I manager, ordina la comunicazione interna, sono tenuti a presenziare all’interno di un ufficio di IBM o in una sede di un cliente dell’azienda almeno tre giorni alla settimana «indipendentemente dallo stato attuale del luogo di lavoro». A essere esclusi dalla nuova politica societaria sono soltanto coloro che per ragioni mediche non possono recarsi fisicamente in ufficio e i dipendenti che stanno svolgendo il servizio militare. Tutti gli altri, in caso di mancato adeguamento alla disposizione, dovranno «separarsi da IBM» scrive ancora Granger.
Per assicurarsi che la regola venga rispettata, ammonisce il vicepresidente senior, i dati del badge verranno utilizzati per «valutare la presenza individuale» e saranno condivisi con manager e risorse umane.
IBM, poi, si spinge oltre: coloro che abitano troppo lontano dagli uffici dell’azienda devono imperativamente trasferire il proprio domicilio al più tardi entro l’inizio di agosto in un’area che si trova al massimo a 80 chilometri da una sede della compagnia. A denunciare l’imposizione sulle colonne di Bloomberg è una persona a conoscenza della nota interna inviata da Granger che ha chiesto di rimanere anonima. Il problema è che, a seguito della pandemia, la compagnia americana ha chiuso numerosi uffici: ciò rende più complicato trovare una sede vicino a casa propria.
La presa di posizione dell’azienda
«IBM si adopera nella creazione di un ambiente di lavoro che bilanci la flessibilità con quelle interazioni faccia a faccia che rendono l’azienda più produttiva, innovativa e meglio capace di soddisfare le aspettative dei propri clienti. Coerentemente con questo approccio, chiediamo ai dirigenti e ai responsabili del personale negli Stati Uniti di essere in ufficio almeno tre giorni alla settimana» ha spiegato un portavoce del colosso dell’informatica a Bloomberg.
Per i dipendenti di IBM, a ogni modo, la misura non arriva proprio come un fulmine a ciel sereno; in un’intervista rilasciata nel maggio dello scorso anno sempre a Bloomberg, il CEO dell’azienda Arvind Krishna aveva lanciato il monito: «Rare saranno le promozioni di coloro che non lavorano in ufficio». Alcune unità aziendali, inoltre, già prima dell’invio della nota interna da parte del vicepresidente senior John Granger erano tenute a garantire un certo numero di ore settimanali «in presenza».
Quello attuale non è un periodo roseo per i dipendenti di IBM: il direttore finanziario James Kavanaugh ha infatti recentemente confermato che per il 2024 sono previsti tagli al personale.
I precedenti
Quello di IBM non è comunque un caso isolato: da Elon Musk a Sam Altman, passando per Google, il tempo dell'ufficio fra le mura domestiche sembra infatti finito. Tra le voci contrarie allo smart working c’è, per esempio, l'amministratore delegato di OpenAI Sam Altman secondo cui il lavoro a distanza «è un esperimento fallito» nonché «uno dei peggiori errori dell'industria tecnologica da molto tempo a questa parte» poiché, banalmente, stare lontano dall'ufficio danneggia la creatività.
Come non ricordare poi Elon Musk che lo scorso marzo aveva tuonato contro i dipendenti di Twitter lontani dall'ufficio dicendo loro che il lavoro in sede non era affatto facoltativo.
A giugno, invece, era stato il turno di Google, con la classica missiva avvelenata nella quale imponeva ai dipendenti almeno tre giorni alla settimana in ufficio. Non solo, la presenza in sede sarebbe stata considerata positivamente nella valutazione delle prestazioni, come riportato dal Wall Street Journal.