Ma che fine ha fatto BeReal?
BeReal, almeno agli albori, era un social network in controtendenza rispetto a tutti gli altri: nessun filtro, nessun inganno. Di qui il grande boom iniziale. Poi, all'improvviso ma nemmeno troppo, il lento ma inesorabile declino. Fino ai giorni nostri. Ma di che cosa stiamo parlando, esattamente? E davvero questo social che pareva dover stravolgere tutto e tutti è oramai superato? Lo abbiamo chiesto a Eleonora Benecchi, docente e ricercatrice presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera-italiana.
Nato in Francia nel 2020, BeReal è un social
network che permette ai propri iscritti di farsi un una foto una volta al
giorno in una finestra temporale di due minuti. Nell’estate del 2022 ha scalato le
classifiche degli store digitali. A oggi, tuttavia, è un social network di nicchia. Professoressa Benecchi, BeReal si può
considerare digitalmente morto?
«No, non direi digitalmente
morto. Sarebbe eccessivo, inoltre per poter affermare che un'app è morta deve
essere ritirata dai vari store digitali
e, a oggi, questo non è avvenuto. Sicuramente, rispetto ai dati iniziali del
fenomeno, dunque quando l’applicazione era tra le prime per numero di utenti,
vi è stato un netto calo. Nel prossimo futuro sarà interessante osservare la
scelta di BeReal: avrà una rivitalizzazione, attraverso l'introduzione di
nuove possibilità di fruizione, passando per una trasformazione del core
business dell'app, oppure se andrà semplicemente a spegnersi gradualmente».
Come più volte citato, il calo di BeReal appare
abbastanza vertiginoso. Bisogna sperare che il pubblico torni ad apprezzare lo
spirito dell’app o, come detto, sono necessari dei cambiamenti?
«Sicuramente non è
sufficiente sperare che le cose migliorino, è necessario un cambiamento rispetto
al funzionamento dell'applicazione. BeReal ha una caratteristica molto
specifica e particolare: è un social che in qualche modo non è social. Mi
spiego meglio: è una delle poche applicazioni a non aver puntato sull'aspetto
di social networking. Ha deciso invece di essere in contrasto con l'offerta
esistente. Faccio riferimento anche dal punto di vista promozionale d'immagine:
BeReal doveva essere l'applicazione che mostra il retroscena, il vero. In
sostanza un approccio diametralmente opposto ai vari Instagram e TikTok,
specialisti nel mostrare immagini patinate e costruite».
Ma è davvero possibile essere spontanei, nell'epoca social?
«Nel
concetto stesso di BeReal vi è un paradosso, descritto anche da Paul Watzlawick,
psicologo e ricercatore nel campo dell'interazione umana e sociale. Secondo Watzlawick
alcune prescrizioni sono inattuabili. Un esempio? Nel momento in cui noi
chiediamo a una persona di essere spontanea la rendiamo impossibilitata a esserlo. Ecco, BeReal, ci chiede di essere veri ma è lui stesso il filtro. In
soldoni: promette qualcosa di impossibile. Per cui, al di là del successo
improvviso, tipico di ogni nuova applicazione che entra sulla scena, il
problema è concentrato nell'idea centrale della applicazione: chiedere agli
utenti qualcosa di fondamentalmente impossibile».
Lo stesso TikTok, osservando il successo di BeReal,
per un periodo ha implementato la propria offerta aggiungendo un'opzione simile
a quella dell’applicazione francese. Scelta prontamente rinnegata in pochi
mesi. Anche Instagram e YouTube hanno preso spunto da TikTok per quanto
riguarda reel e short. Insomma, ci si copia un po’…
«La premessa è
doverosa, stiamo parlando di industrie commerciali. Proprio per questo non appena
i grandi player percepiscono che un
diretto concorrente implementa una funzionalità di qualità vi è subito un
tentativo di rincorrere, si cerca di inseguire ciò che piace agli utenti. Indicativo
è il fatto che la modalità di BeReal sia stata introdotta da altre applicazioni
e poi disabilitata, evidentemente si è capito che sarebbe andata in
esaurimento. Anche altre caratteristiche, più precisamente feature, come le stories di
Instagram, non hanno funzionato per tutti: queste ultime sono state introdotte
su Facebook ma sono rimaste in disparte, non sono particolarmente strategiche. Altro
aspetto da non sottovalutare: Meta, gruppo proprietario di Facebook, Instagram
e WhatsApp, da tempo ha cominciato a comperare molte nuove realtà in modo da
assicurarsi una quota di mercato sempre più ampia. Tale pratica ha inciso sulla
dimensione della copia, molte funzionalità sono simili tra loro. A risentirne è
l'alternatività, la creatività. Inoltre, vi è un problema di economia dell'attenzione.
L’offerta è vastissima ma la nostra attenzione è limitata. A maggior ragione in
un mercato dove l'unica moneta è l'attenzione degli utenti, ciò che Meta vende sono
gli occhi dei suoi iscritti, è chiaro come i grandi gruppi debbano assolutamente
fare in modo che le app abbiano degli aspetti, delle feature, dei tool, che catalizzano
le tendenze».
Possiamo considerare il veloce declino di BeReal
come un attestato di stima e fiducia dei consumatori nei confronti di Facebook,
Instagram e Tiktok?
«In un certo senso sì,
BeReal è piaciuto molto all'inizio. Vi è stata una forte attrazione nei
confronti di un'offerta diversa da tutte le altre. Ma ciò che manca a
questa applicazione sono due aspetti chiave, il primo: non si possono dar vita a
discussioni significative. Il secondo: non facilita l'organizzazione di eventi
sociali. Caratteristiche fondamentali per un social network».
Concludendo, avevamo e abbiamo bisogno di BeReal oppure no?
«BeReal non
risponde effettivamente a un bisogno preponderante nella società attuale, poiché
mostrarsi senza filtri è in netta controtendenza rispetto a quello a cui ormai,
soprattutto i più giovani, sono abituati a fare. Ulteriore fattore del declino
di BeReal è la difficoltà nel far rimanere gli utenti sulla piattaforma: il
coinvolgimento è minimo, l'esperienza è molto ripetitiva. Il paragone con
TikTok, applicazione studiata per imprigionare per delle ore i suoi utenti, è
impietoso. Da non trascurare il
discorso della qualità visiva: il contenuto medio di BeReal è di scarso
livello, mentre le alternative sono più stimolanti, certamente più costruite ma
visivamente più appetibili».