Stati Uniti

Auto americane non del tutto «made in USA»: un altro paradosso dei dazi di Trump

L'invito del presidente ad acquistare vetture «locali» fa a botte con i tanti componenti che marchi come Ford o Chevrolet importano dall'estero, con Canada e Messico in testa
©JUSTIN LANE
Marcello Pelizzari
07.04.2025 20:30

Alcuni giorni fa, negli Stati Uniti sono entrati in vigore i dazi sulle automobili importate. Riassumendo al massimo: dal 3 aprile, qualsiasi vettura di fabbricazione straniera è soggetta a un'imposta del 25%. Donald Trump, nel giustificare la mossa, ha spinto sulla necessità di «comprare americano» o, se preferite, di sostenere l'industria a stelle e strisce. Industria che, come noto, si concentra in particolare sui cosiddetti pick-up e sui SUV, quantomeno in Stati come il Texas, legati a doppio filo a settori come il petrolio, l'agricoltura e l'allevamento. Un veicolo todoterreno, insomma, spesso è una scelta tanto filosofica quanto pratica.

A Houston, la città più grande del Texas con 2,3 milioni di abitanti, pick-up e SUV – assieme – rappresentavano l'80% delle vendite di automobili nuove nel 2024, stando a un'associazione di concessionarie locale citata da Watson. Una proporzione rispettata anche nel resto del Paese (74%) con Ford e Chevrolet, a livello di marchi, a dominare la scena. Detto che il buy american di Trump, in questo discorso, rimane centrale, un po' come sta avvenendo con i boicottaggi di prodotti statunitensi in Europa il paradosso è dietro l'angolo: al di là della retorica del presidente e delle intenzioni dei consumatori, i modelli dei marchi statunitensi non sono al 100% made in USA. Riformuliamo: le vetture assemblate in America utilizzano non pochi componenti provenienti dall'estero, fra l'altro da Canada e Messico. Di riflesso, il prezzo finale potrebbe risentirne, e pure parecchio, vista la situazione venutasi a creare. 

Gli Stati Uniti, dicevamo, applicano un +25% su tutte le auto non prodotte nel Paese. Ma la maggiorazione, leggiamo, dal prossimo 3 maggio si applicherà anche ai pezzi di ricambio e ai componenti che arriveranno dall'estero. L'obiettivo, dichiarato, di Donald Trump è quello di attirare i principali produttori nel Paese, ma non è detto che la strategia sortirà gli effetti sperati. Il protezionismo, d'altro canto, non è una novità assoluta. Nel lontano 1964, ad esempio, l'America introdusse la cosiddetta Chicken Tax o, meglio, un'imposta del 25% sulle importazioni di alcuni prodotti, l'amido di patate, la destrina, il brandy e i veicoli commerciali leggeri, per garantire e difendere il vantaggio competitivo degli Stati Uniti. All'epoca, Washington reagì a mo' di ritorsione alle tariffe applicate da Francia e Germania Ovest sulle importazioni di pollo statunitense. A oggi, restano in vigore solo e soltanto le tasse sui veicoli.

Il Center for Strategic and International Studies, think tank bipartisan con sede a Washington, negli scorsi giorni ha scritto che i dazi sulle automobili sono destinati, citiamo, «a minare le catene di approvvigionamento del settore automobilistico e ad aumentare i costi per i consumatori». A seconda del modello, gli aumenti potrebbero andare dai 3 mila ai 10 mila dollari. Alla faccia. Nell'immediato, le vendite di auto in America dovrebbero (o potrebbero) subire un'impennata positiva, nella misura in cui i consumatori cercheranno di evitare ulteriori escalation acquistando preventivamente una nuova macchina. Gli esperti del settore, sia quel che sia, ritengono che qualsiasi aumento dei costi sarà trasferito, tempo zero, al cliente. Non finisce qui: Tino Ruiz, proprietario di una concessionaria di veicoli d'occasione a Magnolia, a nord di Houston, ha puntato il dito contro la qualità delle auto americane. «Iniziano ad avere problemi dopo i 160 mila chilometri» mentre marchi come Honda o Toyota «arrivano fino a 320 mila chilometri» in scioltezza. Di qui l'invito: «Se volete imporre loro dei dazi doganali, fate auto migliori».

A proposito di dazi, Trump proprio oggi ha annunciato che i colloqui con la Cina «saranno interrotti subito» mentre «i negoziati con gli altri Paesi, che hanno richiesto gli incontri, inizieranno immediatamente». Della serie: anche sulle auto se ne potrà parlare. 

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