Boycott USA: cresce in Europa il rifiuto dei prodotti statunitensi

Che i prodotti statunitensi, in Scandinavia, non siano (più) la primissima scelta dei consumatori è chiaro da tempo: il sentimento anti-USA, nel Nord Europa, è cresciuto a dismisura dopo l’intronizzazione di Donald Trump, con picchi importanti di boicottaggio dei marchi americani a margine dell’incontro-scontro nello Studio Ovale fra il tycoon, il suo vice JD Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’introduzione dei dazi commerciali, ora, ha riacceso la questione.
Bloomberg, al riguardo, riferisce di una catena di supermercati danese, Føtex, che assieme ad altri punti vendita del gruppo Salling ha appena introdotto una novità. Volta, leggiamo, a sensibilizzare i clienti o, meglio, ad aiutarli a evitare prodotti made in USA. Come? Aggiungendo piccole stelle nere, sugli scaffali, a fianco al prezzo, per indicare i prodotti europei. Della serie: seguite le stelle ed eviterete acquisti provenienti dall’America. Si tratta, per dirla con una cliente, di una maniera semplice «per fare una scelta» chiara. Il sistema, insomma, è pensato per aiutare le aziende europee e, al contempo, avere un occhio di riguardo per il clima: la merce europea, infatti, deve viaggiare di meno per arrivare sugli scaffali danesi e, quindi, il risparmio in termini di CO2 emessa è notevole. Ancora la cliente: «Seguo queste stelle per due motivi, uno legato all’ambiente e l’altro per evitare di supportare gli americani».
Salling, parentesi, è un gruppo attivo nella grande distribuzione che, nel suo portfolio, può vantare la catena Føtex e altre. Ha adottato il sistema delle stelle nere, spiega sempre Bloomberg, dopo aver ricevuto richieste specifiche da parte della clientela, al grido «vogliamo acquistare europeo». L’obiettivo è allargare questa strategia a tutti i supermercati del gruppo entro l’estate.
La Danimarca, in questa battaglia silenziosa (ma nemmeno troppo) per controbattere ai dazi di Donald Trump, non è sola. In Germania, ad esempio, alcuni consumatori hanno «aggredito» i social con post che mostrano confezioni di Philadelphia rovesciate sugli scaffali, mentre adesivi con lo slogan Boycott USA hanno fatto capolino in Francia. Le vendite di Tesla, visto e considerato il rapporto stretto fra Elon Musk, il patron dell’azienda, e lo stesso Trump, sono crollate più o meno ovunque nel Vecchio Continente, per tacere degli atti di vandalismo che hanno preso di mira tanto le vetture quanto gli showroom del marchio (anche in Svizzera).
E così, mentre l’Europa – intesa come Unione – sta preparando una risposta, singola, ai dazi statunitensi, i supermercati sono diventati centrali nel definire e descrivere le tensioni commerciali fra Bruxelles e Washington. Una delle sfide cruciali, in questo senso, è legata agli alcolici, con il bourbon da una parte e lo champagne dall’altra. L’epoca d’oro, fra il 2021 e il 2024, quando le tariffe legate al primo mandato di Trump erano state tolte, sembra oramai un lontano ricordo: in quei tre anni, le esportazioni di whiskey americano in Europa erano cresciute addirittura del 60% toccando quota 699 milioni di dollari.
Copenaghen, dal canto suo, sta subendo non pochi scossoni anche al di fuori dei dazi. Sin dal suo ritorno alla Casa Bianca, infatti, Donald Trump ha puntato gli occhi sulla Groenlandia, un territorio semi-autonomo del Regno di Danimarca. Dallo scorso febbraio, circa 90 mila persone si sono iscritte al gruppo Facebook denominato Boycott US Goods. Ogni giorno, vengono postate immagini di consumatori scandinavi che promuovono prodotti locali. Anche i ristoranti, nel Paese, stanno chiedendo sempre più prodotti alternativi ai marchi americani, fra cui l’immancabile (un tempo) Coca-Cola. E la ragione, come racconta a Bloomberg Tørk Eskild Furhauge, l’amministratore delegato di Naturfrisk, produttore di bevande organiche, principalmente è una: «L’attuale clima politico».
Riscoprirsi local, per contro, potrebbe essere (anche) problematico. Riformuliamo: scagliarsi contro gli Stati Uniti ha effetti anche sul Paese e sul continente che il consumatore vorrebbe tutelare. Rimanendo in Danimarca, giova ricordare che la Coca-Cola venduta nel Paese scandinavo è prodotta da Carlsberg, un marchio danese, su licenza. Detto in altri termini: boicottare il marchio americano per eccellenza significa boicottare, altresì, la Danimarca stessa. Vale e varrebbe lo stesso pure in Svizzera, dove Coca-Cola è presente addirittura dal 1936. Il marchio statunitense, oggi, stando al sito ufficiale dà lavoro a circa 650 impiegati mentre sono 7.710 gli impieghi indiretti creati nella Confederazione. Non solo, il 95% degli ingredienti per le bevande del marchio proviene da fonti locali mentre più o meno l’80% delle bottiglie vendute nel nostro Paese è prodotto in Svizzera. Il valore aggiunto per l’economia elvetica è stato stimato in 833 milioni di franchi.
Salling ritiene europeo e, quindi, degno di una stella nera un prodotto il cui proprietario «finale» è europeo. Lapalissiano, per certi versi. Nella catena Føtex, chiosa Bloomberg, alcuni consumatori ritengono tuttavia che il sistema vada migliorato includendo maggiori informazioni sulla provenienza della merce. Una cosa, in ogni caso, appare piuttosto nitidamente: il sentimento anti-USA, in Europa, sta crescendo.