Il caso

Cecilia Sala arrestata per aver «violato le leggi della Repubblica islamica dell'Iran»

La giornalista italiana è stata fermata dalla polizia di Teheran lo scorso 19 dicembre e si trova in isolamento nel carcere di Evin
Red. Online
30.12.2024 12:34

L'Iran ha confermato l'arresto di Cecilia Sala. Lo riferiscono i media di Stato. La giornalista italiana è stata fermata il 19 dicembre dalla polizia di Teheran: «Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran giovedì 19 dicembre ed è in carcere, in una cella di isolamento, da una settimana. È stata portata nella prigione di Evin, quella dove vengono tenuti i dissidenti, e il motivo del suo incomprensibile arresto non è ancora stato formalizzato. Rendiamo pubblica questa terribile notizia solo ora perché le autorità italiane e i genitori di Cecilia ci avevano chiesto di stare in silenzio, un silenzio che si sperava avrebbe potuto portare a una rapida liberazione, che purtroppo non c'è ancora stata», ha riferito Chora Media, società per la quale lavora Sala.   

Il dipartimento generale dei Media Esteri del ministero della Cultura e dell'orientamento islamico dell'Iran ha confermato in una nota l'arresto della giornalista «per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell'Iran». Lo scrive l'agenzia Irna. «La cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell'Iran. Il suo caso è sotto inchiesta. L'arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l'ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l'accesso consolare ed il contatto telefonico con la famiglia».

«La politica del ministero è sempre stata quella di accogliere le visite e le attività legali dei giornalisti stranieri, aumentare il numero di media stranieri nel Paese e preservare i loro diritti legali», prosegue il comunicato. «È stato aperto un fascicolo sulla cittadina italiana Cecilia Sala, e sono attualmente in corso le indagini. Il suo arresto è avvenuto in base alla normativa vigente. Saranno forniti ulteriori dettagli se la magistratura lo riterrà necessario», si legge ancora.

In Italia sta prendendo piede l'ipotesi che collega il fermo della giornalista a quello, avvenuto all'aeroporto di Milano Malpensa, di un cittadino iraniano di cui gli Stati Uniti reclamano l’estradizione. 

Il giorno prima che Sala venisse arrestata, nella Penisola era stata annunciato il fermo, avvenuto lunedì 16 dicembre allo scalo milanese di Malpensa, di Mohammad Abedini-Najafabadi, un 38.enne iraniano, che era stato accusato dalle autorità statunitensi di aver esportato illegalmente una tecnologia statunitense in Iran attraverso una società fittizia in Svizzera. In particolare, Abedini-Naafabadi deve rispondere dell'accusa di «associazione a delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act, e per la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera». Stando al Dipartimento di giustizia americano (DoJ), il 38.enne è fondatore e direttore dell'azienda iraniana San'at Danesh Rahpooyan Aflak Co (SDRA), che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma militare di droni delle già citate Guardie rivoluzionarie iraniane, che gli Stati Uniti considerano un'organizzazione terroristica.

In relazione a questo caso è stato arrestato anche un cittadino iraniano-statunitense di 42 anni che vive negli USA. Attualmente impiegato presso un'azienda produttrice di microelettronica con sede nel Massachusetts e precedentemente fondatore di una società specializzata in sensori portatili, avrebbe cospirato con il primo imputato per aggirare le sanzioni statunitensi e fornire all'Iran - in particolare alla società SDRA - beni, servizi e tecnologie americane.

«A causa delle leggi statunitensi che limitano le esportazioni in Iran, [il primo imputato] ha creato una società di comodo in Svizzera, Illumove SA, per SDRA», ha scritto il DoJ, sottolineando che attraverso questa start-up con sede all'Innovation Park del Politecnico federale di Losanna (EPFL), i due complici hanno stipulato un contratto con l'attuale datore di lavoro del secondo imputato «per sviluppare un meccanismo di valutazione dei componenti elettronici» prodotti da questa società statunitense. Hanno poi «organizzato il trasferimento di beni, servizi e tecnologie di origine americana in Iran, tramite Illumove, a beneficio dell'SDRA».

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