Il punto

Cecilia Sala è «una questione di interesse nazionale»

È quanto ha detto Giorgia Meloni a Donald Trump durante la visita lampo a Mar-a-Lago, in Florida, secondo il Corriere della Sera
© FILIPPO ATTILI/CHIGI PALACE PRES
Red. Online
06.01.2025 09:00

Liberare Cecilia Sala «è una questione di interesse nazionale». Sì, la visita lampo di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, il quartier generale del presidente eletto Donald Trump, è servita (anche) per chiedere l'aiuto degli Stati Uniti nell'intricata vicenda geopolitica che riguarda, da un lato, la giornalista italiana – detenuta in Iran – e, dall'altro, Mohammad Abedininajafabadi, conosciuto come Abedini, l'ingegnere iraniano assunto da un laboratorio del Politecnico federale di Losanna come borsista post-dottorato dal 2019 al 2022 arrestato a Malpensa su richiesta proprio degli americani, che lo accusano di associazione per delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act ma anche di «fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera, componenti elettroniche per la costruzione di armi letali, nella fattispecie droni».

Meloni, riferiscono i media italiani nel ricostruire il suo viaggio oltreoceano, si aspetta una linea «non radicale» da parte degli Stati Uniti. Di più, si aspetta che Trump chiuda un occhio sulla vicenda. Al netto dell'accordo su SpaceX con Elon Musk, che consentirà all'eccentrico miliardario di portare in Italia i suoi satelliti, la presidente del Consiglio ha voluto mettere un punto con l'alleato a stelle e strisce sulla questione Sala

Questo, secondo il Corriere della Sera, il virgolettato attribuito a Meloni: «È andata bene, sono più che soddisfatta. Siamo pronti a lavorare insieme in modo costruttivo e in un clima di reciproca fiducia». La visita lampo, leggiamo, ha colto di sorpresa i colleghi di governo. Non ne sapeva nulla, ad esempio, Antonio Tajani e lo stesso dicasi per Matteo Salvini, che il prossimo 20 gennaio parteciperà all'insediamento di Donald Trump. Salvini, a suo tempo, si era autoproclamato referente del tycoon in Europa. Ma sembrerebbe che Trump abbia scelto un altro partner, Meloni appunto. Il viaggio avrebbe spazientito il Ministero degli Affari Esteri e alcune componenti dei servizi di sicurezza, sebbene motivato, come detto, anche dalle esigenze del caso Sala. Sul quale Trump, prima dell'insediamento, non può fare nulla. L'ottimismo, tuttavia, non manca: Abedini, infatti, non sarebbe una pedina di primo piano per gli Stati Uniti.

La Corte di Appello di Milano, rimanendo su Abedini, ha fissato al 15 gennaio l'udienza per discutere gli arresti domiciliari dell'ingegnere. La difesa ritiene che, per scacciare ogni dubbio sulle possibilità di fuga, sia sufficiente un appartamento con garanzia del Consolato iraniano. Secondo Washington, tuttavia, il soggetto avrebbe ampie possibilità di lasciare l'Italia in simili condizioni. In mezzo, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il quale, forte di un articolo del codice di procedura penale, il 718, potrebbe liberare in qualsiasi momento Abedini. Un intervento puramente politico, ma secondo alcuni ora più che mai necessario. Fra le accuse mosse all'ingegnere iraniano c'è anche quella di far parte dell'IRGC, il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche, un'organizzazione terroristica per Washington ma non per l'Italia e la quasi totalità dell'Unione Europea. Non solo, Abedini non figura in alcuna blacklist. Insomma, ci sarebbe margine per convincere Washington. A maggior ragione se, come è filtrato, Meloni ha fatto leva con Trump sulla cosiddetta priorità costituzionale dei diritti dell’individuo. «Se salvare un americano è per la dottrina USA come salvare la ragione di vita di una nazione, così deve valere per l’Italia» il ragionamento fatto dalla premier.