«Ciao America»: la Germania e l'Europa vogliono fare da sole
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Friedrich Merz non ha nemmeno atteso i risultati finali. Il futuro cancelliere, con l'Unione CDU-CSU oltre il 28%, domenica sera ha preso la palla al balzo per affermare che, in Europa, sta per cominciare una nuova era. Non parlava della Germania. Non solo, almeno. Merz, infatti, si riferiva ai rapporti fra Europa e Stati Uniti, con Washington sempre più indifferente rispetto ai destini del nostro continente. Atlantista navigato, il politico tedesco ha perfino messo in dubbio il futuro della NATO e, parallelamente, chiesto all'Europa, tutta, di rafforzare le proprie difese. In fretta, anche.
Toni, questi, forse esagerati. Ma certo figli di queste ultime settimane. Le relazioni transatlantiche, verrebbe da dire, sono ai minimi storici da ottant'anni a questa parte. Da quando, cioè, gli Stati Uniti contribuirono in maniera sostanziale all'esito della Seconda guerra mondiale. Durante un dibattito post-elettorale, riferendosi all'America Merz ha rincarato la dose: «Non avrei mai pensato di dover dire una cosa del genere in un programma televisivo, ma dopo le dichiarazioni di Donald Trump della scorsa settimana è chiaro che a questo governo non interessa molto il destino dell'Europa». E ancora: «La mia priorità assoluta sarà quella di rafforzare l'Europa il più rapidamente possibile, in modo che, passo dopo passo, possiamo davvero raggiungere l'indipendenza dagli Stati Uniti».
Indipendenza. Una parola forte, appunto, ancorché necessaria agli occhi di Merz. Al punto che, il prossimo giugno, in occasione del vertice dell'Alleanza atlantica, bisognerà capire se parlare «della NATO nella sua forma attuale» o se «stabilire una capacità di difesa europea indipendente molto più rapidamente». Con i dovuti paragoni, Merz ha messo Russia e Stati Uniti sullo stesso piano: «Siamo sottoposti a una pressione così forte da due parti che la mia priorità assoluta è quella di creare unità in Europa». Il timore, allargando il campo, è che la Germania e l'Unione Europea perdano peso rispetto agli Stati Uniti. Che, insomma, Washington – sull'Ucraina ma non solo – non consideri minimamente Bruxelles.
Più facile a dirsi che a farsi, tornando a Merz. E questo perché, sottolinea fra gli altri la BBC, il governo uscente, in Germania, ha perso di vista la scena globale preso com'era dai dissidi interni e dalle lotte intestine. Finendo per scontentare tutti: gli elettori interni, che chiedevano risposte sul fronte dell'economia e della migrazione, ma anche gli alleati europei, che auspicavano una linea più dura sulla Russia. In questo senso, Merz ha sottolineato che fra le priorità del nuovo corso ci sarà proprio un maggiore impegno internazionale: Berlino, dati alla mano, è il secondo contribuente a livello di aiuti militari all'Ucraina, dopo gli Stati Uniti. Se è vero che Merz non intende mettere in discussione questi aiuti, rispetto a Francia e Regno Unito è decisamente più reticente all'idea, nemmeno troppo remota, di inviare truppe al fronte a sostegno di un eventuale cessate il fuoco.
A proposito di truppe, nelle parole e nei concetti di Merz sembra fare capolino un numero in particolare: 35 mila. Parliamo dei soldati statunitensi di stanza in Germania, garanzia di sicurezza e stabilità. Il tema, paradossalmente ma nemmeno troppo, pensando al clima attuale, si è fatto largo altresì fra le preoccupazioni degli elettori questa domenica. Come, se non di più, di temi storici come l'economia e l'immigrazione. Più di un elettore, infatti, ha dichiarato di essere preoccupato per il futuro dell'Europa e di non sentirsi (più) al sicuro. La Germania, per farla breve, non è da meno venendo alle preoccupazioni e ai timori che, senza gli Stati Uniti, l'Europa si riscopra debole. Lo scorso novembre, ribadisce in tal senso sempre la BBC, il ministero degli Interni tedesco ha annunciato di aver avviato un censimento dei bunker che potevano, se caso, fornire rifugio ai civili. Della serie: l'Ucraina è lontana, ma al contempo vicina.
Il tema della sicurezza, dicevamo, è stato molto dibattuto in ottica elettorale. Ed è stato cavalcato, manco a dirlo, anche dall'estrema destra, con Alternative für Deutschland (AfD) che in campagna ha insistito affinché Berlino si sganciasse da Kiev e ristabilisse le relazioni con Mosca, al grido «prima la Germania». In questo senso, i vertici del partito più di una volta hanno espresso preoccupazione per la quantità di equipaggiamento militare inviato all'Ucraina. Analogamente, in Germania c'è chi teme di essere un possibile, facile bersaglio: le forze armate convenzionali sono sotto organico e, ora, anche male equipaggiate. Immaginate che cosa potrebbe succedere se Donald Trump ritirasse le sue truppe dal Paese.
Di qui la sfida, secondo alcuni titanica, che Merz dovrà vincere: mettere in sicurezza la Germania e, come detto, l'Europa. Di nuovo, più facile a dirsi che a farsi visto lo stato (non proprio idilliaco) in cui versa l'economia tedesca. E considerando, altresì, i balletti attorno alla coalizione e, quindi, i partner di governo. La domanda, di fondo, rimane inevasa: questa Germania saprà riprendere il ruolo di leader dell'Unione Europea e, di conseguenza, potrà permettersi un atteggiamento più aggressivo nei confronti di Trump?