Contro Trump e a favore dell'Ucraina: «Boicottiamo i prodotti americani»

Primo: sabato, in seguito «al più grande pasticcio mai presentato in diretta televisiva dall'attuale presidente degli Stati Uniti e dal suo vicepresidente», il principale operatore nei porti norvegesi, Haltbakk Bunkers, ha annunciato tramite un comunicato stampa che non avrebbe più rifornito di carburante le navi della Marina statunitense dislocate al largo delle coste norvegesi. Il riferimento, evidentemente, è allo scontro all'interno dello studio ovale fra Donald Trump, il suo vice JD Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quello di Haltbakk Bunkers non è stato, e non è, il solo messaggio di questo tenore in Scandinavia.
In particolare, nei Paesi nordici si sta facendo largo, con forza, il boicottaggio dei marchi statunitensi. Nelle ultime settimane, sono nati diversi gruppi sui social che elencano sia i prodotti sia i servizi da mettere sulla lista nera. Detto che è difficile valutare l'impatto di simili iniziative, i promotori e i membri di questi gruppi confidano di poter ispirare altri Paesi europei. E, di riflesso, di far tremare le aziende americane come scrive, fra gli altri, Le Monde. Nel suo comunicato stampa, che si conclude con un ispirato «Slava Ukraini» («Gloria all'Ucraina»), Haltbakk Bunkers ha elogiato Zelensky rispetto alle «pugnalate alle spalle» ricevute a Washington.
L'iniziativa, manco a dirlo, ha imbarazzato e non poco Oslo. Specializzata nei servizi di bunkeraggio per le navi che operano nelle acque norvegesi, Haltabkk Bunkers riveste un ruolo chiave nell'industria marittima del Paese, rifornendo di carburante le navi che vi fanno scalo, comprese quelle delle forze NATO e, quindi, quelle statunitensi. In una dichiarazione rilasciata domenica, il ministro della Difesa norvegese Tore Sandvik ha affermato che la decisione della compagnia «non corrisponde alla politica del governo» e, ancora, che «le forze statunitensi continueranno a ricevere dalla Norvegia le forniture e il supporto di cui hanno bisogno». Gunnar Gran, il presidente di Haltbakk Bunkers, da parte sua ha difeso l'uscita dell'azienda sottolineando che, in seguito all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercitzo di Mosca, era stato deciso di sospendere i rifornimenti alle navi russe e che, di riflesso, «gli Stati Uniti andrebbero esclusi per il loro comportamento nei confronti degli ucraini» secondo quanto dichiarato al quotidiano economico Kystens Naeringsliv.
Sui gruppi che invitano a boicottare i prodotti e i servizi statunitensi nel Nord Europa, la mossa di Haltbakk Bunkers è stata a lungo applaudita. Fra questi anche la pagina Boycott varer fra USA, creata in Danimarca dopo che, a febbraio, il vicepresidente JD Vance aveva definito Copenaghen un «cattivo alleato», suscitando l'indignazione dei danesi dopo il rifiuto categorico della premier Mette Frederiksen di cedere la Groenlandia agli Stati Uniti. Gli iscritti, a oggi, sono oltre 48 mila. Un gruppo simile è stato creato in Svezia, con oltre 32 mila membri. Secondo i suoi amministratori, è «nato dalla frustrazione per un mondo che è diventato molto più incerto e imprevedibile dopo l'insediamento di Donald Trump il 20 gennaio». «Ho smesso di acquistare prodotti alimentari di aziende americane come Heinz, Kelloggs, Snickers e Tuc» ha dichiarato un membro del gruppo, Therese Sjöström, a Le Monde. «Ho cambiato il mio motore di ricerca da Google a Ecosia. Ho cancellato l'abbonamento a Netflix per utilizzare lo svedese Viaplay. Rivedrò anche i miei investimenti finanziari». Pur rammaricandosi di dover usare Facebook per fare trading, altri dicono di aver venduto le loro azioni di società americane. Charlotte Betulander, da parte sua, ha appena «piazzato un ordine di vendita» al fondo pensionistico AP7, gestito dallo Stato svedese, che ha «il 69% delle partecipazioni nel mercato statunitense» ha spiegato, indignata.
Il boicottaggio è una pratica consolidata in Svezia, ha aggiunto Hube Andersen, altro membro del gruppo, ricordando l'azione intrapresa contro i prodotti francesi all'inizio degli anni Novanta per protestare contro gli esperimenti nucleari nel Pacifico: «Acquistare prodotti americani al giorno d'oggi equivale a sostenere il tentativo della Russia di schiacciare il fratello europeo». «Boicottando i prodotti americani, possiamo mettere qualche carta in mano a Zelensky» ha ribadito Jakub Zulinski, che spera di mandare in rosso il mercato azionario statunitense per qualche giorno. Forse a quel punto «Trump capirà che non vale la pena fare affari con Putin».
Sebbene l'impatto di tali iniziative sia difficile da misurare, dicevamo, il gruppo Sailing, il principale rivenditore alimentare danese, ha già reagito cambiando le etichette dei suoi supermercati: una stella nera accanto al prezzo indica che il prodotto proviene da un'azienda europea. Su LinkedIn, l'amministratore delegato Anders Hagh ha negato che, alla base di questa decisione, vi sia un disegno politico: «Continueremo a offrire sui nostri scaffali marchi di tutto il mondo e la scelta spetterà sempre ai clienti».
Nel Nord Europa, come in altre parti del continente, le vendite di Tesla sono crollate dall'inizio dell'anno. In Svezia, dove la Model Y era l'auto più popolare nel 2024, le vendite del costruttore americano guidato da Elon Musk sono crollate del 44% a gennaio rispetto al 2024. In Norvegia, mercato storico del marchio, le vendite sono calate del 38% e del 70% a febbraio.