Davvero Donald Trump «ucciderà» le auto elettriche?

Auto elettrica, e adesso? Bella domanda. L’elezione di Donald Trump, al netto dell’amicizia e vicinanza del presidente eletto con Elon Musk, patron di Tesla, potrebbe avere forti, fortissime ripercussioni sulla cosiddetta transizione. Sul passaggio, cioè, dalle automobili con motore endotermico a quelle, appunto, elettriche. Per la classe media, aveva tuonato lo stesso Trump lo scorso ottobre in un video pubblicato sul sito della sua campagna, «è un passaggio all’inferno». Non solo, l’auto elettrica è una minaccia per «l’intera industria automobilistica americana».
In quel filmato, Trump ha sparato a zero contro le politiche di Joe Biden, l’attuale presidente degli Stati Uniti, accusandolo di voler promuovere un’elettrificazione forzata del settore. Forzata, ha spiegato il tycoon, e «inutile». Così Trump: «Biden ha imposto che il 67% di tutti i nuovi veicoli sia elettrico da qui a meno di dieci anni». Un piano, a suo dire, disastroso poiché, ha aggiunto il tycoon, «sta distruggendo oltre 100 mila posti di lavoro nella produzione di automobili, sta costando decine di miliardi di dollari che andrebbero invece destinati ai lavoratori e sta rendendo le nuove auto totalmente inaccessibili».
Trump, dunque, da che parte sta? Le sue parole, di nuovo: «Se volete un’auto elettrica, l’avrete, ma potrete comprare tutti gli altri tipi di auto e veicoli che volete». Libertà di scelta, insomma. O, se preferite, fine degli incentivi: il presidente eletto e la sua squadra di transizione, infatti, stanno progettando di abolire il credito d’imposta di 7.500 dollari per l’acquisto di veicoli elettrici, secondo quanto riferito nei giorni scorsi da Reuters. Senza questa sovvenzione, molti acquirenti sarebbero scoraggiati ad acquistare la Tesla di turno.
Al di là delle posizioni di Trump, e nonostante un certo rallentamento delle vendite, l’auto elettrica «tira» e attira ancora negli Stati Uniti. E, verosimilmente, questa tendenza continuerà anche durante il secondo mandato di Trump. Le vendite di veicoli elettrici, su base annua, sono ad esempio aumentate dell’11% nel terzo trimestre. Parliamo di quasi 350 mila unità. La quota di veicoli «silenziosi», in America, è ora del 9%. Meno che altrove, d’accordo, ma la fetta rimane importante.
Dicevamo di Musk. E del rapporto, stretto, che lo lega a Trump. Il patron di Tesla è appena stato nominato a capo del neonato Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE). Lo scorso luglio, lo stesso Musk era stato chiaro: un mancato sostegno alle auto elettriche avrebbe pesato sui bilanci di Tesla, considerando che, oggi, in America quasi un veicolo elettrico su due fra quelli venduti appartiene al marchio di Musk. Nonostante ciò, proprio Musk è stato fra i più accesi e dedicati sostenitori di Trump in campagna elettorale. Il motivo? È presto detto: la rimozione di questi aiuti, scrive fra gli altri la Tribune, farebbe molto più male alla concorrenza. Ovvero, General Motors, Ford e Stellantis.
Sin qui, proprio la concorrenza ha mantenuto un profilo piuttosto basso. Carlos Tavares, il numero uno di Stellantis, lunedì ha detto che la multinazionale – presentissima in America con i marchi Chrysler, Dodge, Jeep e Ram – si «adatterà» al nuovo corso. Come, al momento, non è dato sapere. Ma, parole sue, Stellantis ha «la tecnologia e la flessibilità mentale per farlo». In ogni caso, secondo il boss di Stellantis un conto è ciò che ha detto Trump e un altro è ciò che deciderà e, di riflesso, farà. Va detto, ha concluso Tavares, che «negli Stati Uniti ci sono sensibilità molto diverse, anche geografiche, sull’ambiente».
Paradossalmente, ma nemmeno troppo, potrebbe essere proprio la spinta protezionistica di Trump – al grido America First – ad aiutare il settore delle auto elettriche. Della serie: il presidente eletto, una volta in carica, potrebbe rendersi conto che l’elettrificazione dell’industria automobilistica va fatta senza se e senza ma, pena il dover rincorrere Paesi come la Cina. È quanto sostiene, in fondo, la lobby Alliance for Automotive Innovation che lo scorso 15 ottobre si era rivolta, tramite una lettera, al Congresso degli Stati Uniti. Chiedendo espressamente il mantenimento di tutti i crediti di imposta per i veicoli elettrici. Il motivo? Semplice, questo contributo è «essenziale per consolidare la posizione degli Stati Uniti come leader mondiale» nell’industria automobilistica. Se Trump vuole rendere (di nuovo) grande l’America, insomma, potrebbe farlo proprio «salvando» le auto elettriche, a dispetto di ciò che ha detto più volte in campagna.