Donald Trump protagonista al contrario della storia statunitense
È arrivato all’una e 25 di oggi pomeriggio: scortato dai servizi segreti, accolto da più di 500 reporter giunti da tutto il mondo, acclamato da qualche dozzina di sostenitori irriducibili. Donald Trump si è consegnato alla giustizia newyorkese al termine di una giornata che lo ha visto, di nuovo, protagonista al contrario della storia degli Stati Uniti. È il primo ex presidente a essere arrestato nell’ambito di un’indagine penale. Per lui niente manette o fotografie in camice arancio. Solo un saluto veloce all’ingresso del Tribunale prima dell’udienza e le impronte segnaletiche all’arrivo in Procura. Poi, un’ora scarsa nell’aula della Corte Suprema newyorkese, dove si è proclamato innocente.
I capi d’accusa sono 34
L’attenzione dei media è stata altissima per tutte le ore precedenti al suo arrivo, con giornalisti e fotografi appostati tutta la notte per accaparrarsi la postazione migliore di fronte al Tribunale e vedere quanto piu’ possibile. Solo pochi, fortunati, sono riusciti a entrare nell’aula in cui il giudice Juan Merchan - lo stesso che ha già presieduto due processi contro la Trump organization conclusi con condanne a vario titolo, tra cui frode fiscale - ha letto i 34 capi d’accusa della cosiddetta inchiesta Stormy Daniels.
Il procuratore Alvin Bragg ha accusato Trump di aver istruito i suoi fedelissimi a effettuare pagamenti per decine di migliaia di dollari alla pornodiva, utilizzando fondi elettorali, con l’obiettivo di comprarne il silenzio nel corso della campagna 2016: i due avrebbero avuto una relazione sentimentale dieci anni prima. Una relazione da mascherare, secondo l’accusa. L’ex presidente è stato accusato anche di aver pagato altre persone.
Trump, almeno dai pochi scatti rubati all’interno della corte, è sembrato impassibile, scuro in volto e, nei pochi sguardi presi durante l’udienza, pronto alla vendetta. I suoi sostenitori, fuori dal Tribunale, si sono atteggiati più o meno nello stesso modo.
«Sono qui per chiedere al popolo americano di svegliarsi da questo attacco di stampo comunista», ha detto al CdT Stephanie, una sostenitrice trumpiana originaria della Cina ma residente nel Queens, quartiere di New York. «Si tratta di un’incriminazione politicizzata, e dobbiamo fare di tutto per il liberare il nostro presidente: quale sarà il prossimo passo altrimenti?”».
Stephanie rappresenta l’archetipo perfetto del sostenitore MAGA (acronimo trumpiano del 2016, Make America Great Again, fai di nuovo grande l’America): crede che il COVID-19 sia stato un complotto per mettere Trump in difficoltà, pensa che le scorse elezioni siano state truccate e soprattutto dice che l’insurrezione del 6 gennaio 2021 con l’irruzione in Campidoglio sia stata una manifestazione pacifica. «Io ero li, è stato un inside job, dice ancora Stephanie, senza prove. «C’erano antitrumpiani infiltrati nel nostro corteo, hanno generato loro violenza: e guardati attorno, ci sono anche oggi».
Flop folla
Stephanie è una dei pochi sostenitori di Trump che, bandiera in mano, si sono appostati per ore per accogliere l’ex presidente. Ma, non sorprendentemente, hanno rappresentato oggi una considerevole minoranza. Delle più di mille persone presenti, infatti, almeno metà erano giornalisti, molti altri erano agenti polizia in borghese (loro sì, infiltrati, per segnalare qualsiasi accenno di violenza). Il resto si divideva tra cittadini pro e contro The Donald. Sono stati questi ultimi, ad esempio, a rubare la scena a Marjorie Taylor Greene, la deputata QAnon del partito repubblicano che si è presentata a metà mattinata per parlare ai sostenitori MAGA. Il suo discorso, però, organizzato dalla sezione newyorkese del partito, è durato poco e quasi nessuno l’ha sentito. La voce della deputata, priva di microfono, è stata infatti coperta dai fischietti degli antitrumpiani appostati in ugual numero dalla parte opposta del Collect Pond Park adiacente al Tribunale. Stessa sorte per George Santos, deputato newyorkese appena eletto alla Camera, noto per aver inanellato una lunga serie di bugie sul suo passato professionale e accademico. «Questa incriminazione crea un precedente» ha detto ai giornalisti, prima di andarsene. Nel frattempo, il giudice rinviava al 4 dicembre prossimo la nuova udienza contro l’ex presidente.
I senatori reagiscono
Se dopo la notizia dell’incriminazione, la settimana scorsa, i senatori repubblicani sono sembrati, pur con qualche eccezione, più timidi nel proprio supporto a Donald Trump dei deputati conservatori, la giornata di oggi ha costituito una nuova inversione di tendenza su questo fronte, a conferma del grosso potere in termini di consenso che l’ex presidente continua tuttora a esercitare all’interno del partito.
Sono stati almeno sei i senatori che hanno pubblicamente offerto il proprio supporto a Trump oggi, pochi minuti dopo la sua entrata in Tribunale di fronte al giudice Merchan. Tra questi, il neosenatore dell’Ohio DJ Vance e la senatrice del Mississippi Cindy Hyde-Smith. Quest’ultima ha definito l’arresto un atto politico coordinato da George Soros, rievocando una teoria complottista secondo cui il filantropo multimiliardario sarebbe il co-responsabile delle irregolarità elettorali nel 2020.
Insomma, uno show politico a sostegno dell’ex presidente, che conferma il trend sviluppato nel corso delle ultime settimane per una probabile candidatura alle elezioni del 2024: profondamente impopolare tra la maggioranza degli americani, ma ancora favorito per ottenere la nomination del suo partito.