E se Donald Trump, alla fine, non avesse i requisiti per candidarsi?

Con quella in Georgia, come noto, fanno quattro incriminazioni. Donald Trump, per certi versi, è l'uomo dei record. Ma è anche, se non soprattutto, l'uomo del momento. È quello del tycoon, infatti, il nome forte per le primarie repubblicane in vista delle presidenziali del 2024. A maggior ragione se, come detto e scritto più volte, indipendentemente dall'esito dei procedimenti giudiziari niente potrà impedirgli di candidarsi e, eventualmente, venire eletto. O forse no, qualcosa invero c'è: alcuni esperti di diritto costituzionale sostengono che gli sforzi dell'ex presidente per rovesciare i risultati delle elezioni del 2020, in base al XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, di fatto rendono Trump ineleggibile.
Che cosa dice il testo
Il XIV emendamento fu adottato nel lontano 1868. Gli Stati Uniti avevano appena conosciuto una sanguinosa guerra civile e, fra le altre cose, si trattava di includere, fra i cittadini del Paese, anche gli afroamericani appena liberati dal giogo della schiavitù. Non a caso, l'articolo 1 recita: «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e sottoposte alla relativa giurisdizione sono cittadine degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono». Punto. A noi, però, interessa l'articolo 3: «Nessuno potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vice-Presidente o potrà tenere qualsiasi ufficio, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, avendo previamente prestato giuramento – come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato – di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, abbia preso parte a un'insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione». Questa sezione era stata pensata per gli ex funzionari confederati degli Stati del Sud che, dopo la guerra civile, si erano candidati alle elezioni.
Che cosa dicono i due esperti
Lo scorso agosto, due professori di diritto costituzionale nonché membri della Federalist Society, William Baude e Michael Stokes Paulsen, hanno scritto e pubblicato un articolo sulla rivista della University of Pennsylvania Law School. A loro dire, l'articolo 3 del XIV emendamento può essere applicato all'ex presidente. A causa, appunto, delle sue azioni dopo la sconfitta elettorale del 2020. Fra cui, e qui veniamo alla quarta incriminazione, il tentativo di rovesciare il risultato delle urne in Georgia. Secondo gli esperti, l'articolo 3 si applica automaticamente e, fatto importante, indipendentemente dai processi giudiziari. Trump, citiamo l'articolo, «non è più idoneo a diventare presidente».
Tradotto: i funzionari elettorali avrebbero non solo il diritto, ma addirittura il dovere di rimuovere Donald Trump dalle liste elettorali. Eppure, al momento non risultano Stati intenzionati a dichiarare il tycoon ineleggibile. Esistono, questo sì, iniziative da parte di singoli cittadini o associazioni per chiedere l'ineleggibilità dell'ex presidente. Free Speech for People, inoltre, sta valutando la possibilità di avviare azioni legali.
E se decidesse la Corte Suprema?
La vicenda, se uno o più Stati dovessero abbracciare questa tesi e, quindi, rifiutarsi di inserire Trump nelle schede elettorali, potrebbe spingere il Partito Repubblicano e l'ex presidente a intentare una causa. Chiedendo, di fatto, ai tribunali di ordinare il ripristino della candidatura. Finora, dicevamo, nessuno Stato si è mosso in questo senso sebbene in tutto il Paese se ne stia discutendo.
C'è chi ritiene che la questione, infine, si trascinerà fino alla Corte Suprema, dove i conservatori possono vantare un'ampia maggioranza (sei giudici contro tre). Non solo, quando Trump era presidente nominò tre dei nove giudici attuali. Ginni Thomas, moglie del magistrato conservatore Clarence Thomas, aveva addirittura incoraggiato i membri dell'amministrazione Trump a ribaltare i risultati delle elezioni del 2020.
Non tutti concordano
Non tutti gli studiosi di diritto, ad ogni modo, concordano con le tesi di William Baude e Michael Stokes Paulsen. Tesi che abbraccerebbero una definizione decisamente troppo ampia del testo dell'emendamento. Michael McConnell, professore della Stanford Law School, ha spiegato che termini come insurrezione o ribellione dovrebbero applicarsi solo alle rivolte più gravi contro il governo, come la guerra civile. E, dunque, non a una sommossa come quella che sconvolse l'America il 6 gennaio 2021.
C'è anche chi ha suggerito che squalificare, unilateralmente, un candidato potrebbe essere visto e interpretato come un passo antidemocratico. Per tacere degli effetti sui sostenitori di Trump.