Germania, per Merz ora inizia la parte più difficile
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La Germania ha votato. E ha votato in massa. L’83,5% degli aventi diritto si è presentato alle urne per scegliere il proprio rappresentante al Bundestag: nella storia della Repubblica federale tedesca non si era mai vista un’affluenza così alta. L’esito del voto è stato piuttosto chiaro, anche se non decisivo - almeno per il momento - per la formazione del prossimo Governo. Hanno vinto le opposizioni di destra e di sinistra, mentre i tre partiti della maggioranza «semaforo» sono stati puniti dagli elettori.
Vincitore ufficiale (ma non sostanziale) delle elezioni è l’Unione CDU-CSU. Al blocco moderato, guidato da Friedrich Merz, è andato il 28,5% dei voti, ossia 4,4 punti in più rispetto al 2021. Un’affermazione solida. Abbastanza ampia per rivendicare la guida dell’Esecutivo, ma comunque lontana dai numeri del passato. Quello odierno, infatti, è stato il secondo peggior risultato elettorale nella storia dell’Unione.
Un confronto per comprendere il dato: nella fase discendente della sua carriera, quando la contestazione da parte di Alternative für Deutschland (AfD) era già rumorosa, la cancelliera Angela Merkel ottenne il 32,9%. Era il 2017.
Sul fronte destro, fanno molto meglio proprio i sovranisti di AfD, che duplicano i consensi guadagnati nel 2021 passando dal 10,4 al 20,6%.
«Raddoppiamo in tre anni: un risultato grandioso», ha festeggiato a urne ancora calde la candidata cancelliera Alice Weidel. Il suo partito ha fatto notizia fra le altre formazioni sovraniste europee per non aver compiuto alcuno sforzo di moderazione. AfD non ha intrapreso alcuna marcia verso il centro, ma questa sera Weidel ha comunque mostrato un volto, come si suol dire, istituzionale. «La nostra mano è aperta: siamo disponibili per una coalizione con la CDU», ha detto. Parole al vento.
Weidel sa bene che i tempi per una convergenza a destra, in Germania, non sono maturi, «ma senza di noi - ha subito girato il coltello nella piaga - non ci sarà alcun cambiamento in politica. E la CDU continuerà a fare politiche di sinistra».
Un facile pronostico: priva di un partner spendibile sul lato destro dello schieramento, l’Unione sarà obbligata a bussare a casa dei socialdemocratici per allestire una maggioranza di governo. Intanto, però, Alice Weidel si gode la vittoria: «Non vedo neppure problemi sul programma visto che la CDU ha copiato il nostro». E alla domanda di un giornalista sul posizionamento antieuropeo e filorusso, la leader di AfD ha risposto in pratica rincarando la dose: «La ringrazio per la domanda - ha detto - noi siamo l’unico partito tedesco con ottimi rapporti con l’Est e con l’Ovest, dalla Russia agli Stati Uniti».
Sorpresa della Linke
Dai voti tuttora «congelati» dell’AfD si passa a quelli anch’essi poco spendibili della Linke (Sinistra). Il partito socialcomunista erede della PDS, che un anno fa era stato dato per spacciato, rientra di slancio in corsa conquistando l’8,6% dei voti, quasi 3,5 punti in più rispetto al 2021.
Se la vittoria dell’AfD a destra era prevista, la buona affermazione della Linke conferma la polarizzazione del voto. Oltre il 20% degli elettori ha infatti votato per un partito che chiede sicurezza alle frontiere, l’8,6% per una formazione che domanda più sicurezza sociale - la Linke pretende, in primo luogo un tetto agli affitti - e un altro 4,9/5% ha scelto il Bündnis Sahra Wagenknecht BSW, il partito «rossobruno», nato da una costola della Linke ma dall’agenda più spiccatamente nazionalista e securitaria. Per assicurarsi l’accesso al Bundestag i partiti devono superare la soglia di sbarramento del 5%: per sapere se il BSW porterà in aula i propri deputati sarà dunque necessario attendere fino alla fine dello spoglio delle schede.
Lindner lascia la politica attiva
Fra i partiti perdenti ce n’è un altro destinato a restare fuori dal Bundestag: parliamo dei Liberali (FDP) dell’ex ministro delle Finanze Christian Lindner, il quale ha annunciato di voler lasciare la politica attiva. La FDP è precipitata dall’11,4 al 4,7% scontando la non commendevole esperienza di Governo con SPD e Verdi, partiti che, al netto del consenso sul sostegno all’Ucraina, hanno idee diverse dai Liberali in tema di welfare, agricoltura, ambiente e trasporti, energia e sviluppo industriale.
Molto male fa poi la SPD di Olaf Scholz: il partito socialdemocratico si è inabissato di quasi dieci punti, dal 25,7% del 2021 al 16,2%. «È stata un’amara sconfitta di cui mi assumo la responsabilità», ha detto il cancelliere arrivato probabilmente alla fine della sua carriera politica. In serata Scholz ha fatto sapere che se ci saranno negoziati con la Cdu per la formazione del nuovo Governo, lui non li vorrà condurre. Il tonfo della SPD non sorprende: l’economia tedesca è stagnante, gli attacchi terroristici si susseguono senza sosta e, come se non bastasse, Scholz è da anni il politico meno popolare nel Paese.
Un po’ meno peggio hanno fatto i Verdi, che hanno contenuto le perdite a 2,9 punti, arrestandosi all’11,8%, ma restano un partito forte all’Ovest e debole all’Est.
Conclusa la sbornia elettorale, la sfida più immediata è la formazione del Governo, responsabilità che ricade sulle spalle di Merz. La sua scelta però è obbligata. Esclusa una coalizione con AfD, un Merz non fortissimo dovrà convolare a nozze con una SPD ai minimi termini. E se il soccorso socialdemocratico non basterà, Merz dovrà bussare anche a casa dei Verdi con il rischio di fare politiche di sinistra, così come profetizzato da Weidel.