Presidenziali USA

Harris punta tutto su Walz, un progressista vicino all'America profonda

Pronto il ticket democratico che tenterà di sconfiggere Trump alle urne – L’attuale vice-presidente ha scelto quale «running mate» il sessantenne governatore del Minnesota – Ne parliamo con la professoressa Raffaella Baritono
©Abbie Parr
Paolo Gianinazzi
06.08.2024 20:39

Sedici giorni dopo l’annuncio di Joe Biden, ma soprattutto a soli novanta giorni dal giorno «X», quello delle elezioni del 5 novembre, la vice-presidente e candidata democratica alla presidenza Kamala Harris ha preso la sua prima importante decisione per la corsa alla Casa Bianca. Il sessantenne Tim Walz, governatore del Minnesota, sarà il suo «running mate» – ossia il suo candidato alla vice-presidenza – nel tentativo di battere l’avversario ed ex-presidente Donald Trump nella contesa elettorale più attesa al mondo. Anche il ticket democratico, dopo quello repubblicano, è dunque formato. E ora la campagna può definitivamente entrare nel vivo.

Lontano dalla California

Quella di Walz, per Harris, non è stata certo una scelta casuale. Forse, addirittura, in parte forzata. D’altronde, come sottolinea Raffaella Baritono, professoressa di Storia e politica degli Stati Uniti all’Università di Bologna, tutti e tre i candidati più «papabili» (lo stesso Tim Walz, assieme a Josh Shapiro e Mark Kelly) hanno caratteristiche simili: «Il profilo dell’uomo, bianco, proveniente da una regione rurale, era l’elemento cardine della scelta a cui era confrontata Harris. Una scelta necessaria proprio per compensare alcuni aspetti che avrebbero potuto, durante la campagna, metterla sotto pressione da parte del Partito repubblicano, che cerca da sempre di dipingerla come una liberal radicale californiana». Per Harris, dunque, «era inevitabile scegliere un profilo lontano da questa rappresentazione». Un profilo che ha trovato nel sessantenne del Minnesota, progressista, sì, ma anche potenzialmente molto vicino e apprezzato dai cosiddetti «blue collar», i colletti blu, operai dell’america più rurale.

Non per forza in bilico

Un elemento interessante della scelta, aggiunge la professoressa, riguarda il fatto che «tra i tre candidati più papabili abbia scelto Walz, ossia il governatore del Minnesota, uno Stato non necessariamente in bilico (ndr. i famosi «Swing States» che sovente decidono l’esito delle elezioni)». Già, perché rispetto a Josh Shapiro, governatore della Pennsylvanya, e Mark Kelly, senatore dell’Arizona, entrambi rappresentanti di Stati in bilico, Walz proviene da uno Stato che spesso ha votato per il Partito democratico. Anche se, va detto, all’interno del Minnesota, «Walz aveva ottenuto la sua prima vittoria in una contea molto conservatrice, agricola e rurale». Insomma, come detto, il profilo di Walz è sia molto progressista, sia vicino all’America più profonda. Ancora Baritono: «Da una parte ha un’agenda politica molto progressista e come governatore ha portato avanti politiche su temi molto cari ai democratici, come il diritto all’aborto, come la lotta alle diseguaglianze, ad esempio garantendo pasti gratis ai bambini nelle scuole, oppure sul tema dell’immigrazione. Dall’altra, però, per formazione e provenienza sociale è molto più vicino (ndr. rispetto ad Harris) all’americano medio, quello della classe media impoverita che costituisce un punto di riferimento per il messaggio che Trump cerca di portare avanti». Il fatto, ad esempio, che «non si sia laureato in una delle grandi università statunitensi lo rende più vicino all’americano medio». Ma anche «il fatto che sia a favore del diritto di possedere armi è un elemento importante per un certo tipo di cultura del Midwest». Insomma, tirate le somme, «difficilmente gli si può imputare di essere un liberal non patriottico ed è dunque una figura potenzialmente interessante che dovrebbe permettere a Harris di arginare alcuni attacchi nei suoi confronti».

Il fatto che sia molto progressista su diversi temi, rispetto a una figura più moderata come Shapiro, rappresenterà un problema? «Il problema per Harris è mobilitare la sua base elettorale», risponde Baritono. «E per fare ciò – prosegue la professoressa – deve anche proporre un partito con una chiara identità. Così come il Partito repubblicano ha una chiara identità conservatrice, lei deve definire la propria agenda politica attorno a quelli che sono i temi più cari all’elettorato democratico. Penso in particolare agli afroamericani, alle minoranze, alle donne e ai giovani». In questo senso, «il fatto che Walz abbia promosso politiche di riduzione dei gas serra piace ai giovani, così come la sua posizione sull’aborto può aiutare a catturare il voto delle donne».

Figura rassicurante

Al di là degli aspetti prettamente politici, non va poi dimenticato che nella selezione del candidato alla vice-presidenza entrano in gioco molti altri fattori. E i candidati vengono scrutinati a fondo, per evitare problemi in futuro. In questo senso, ad esempio, «la figura di Shapiro era più problematica, in particolare a causa di alcune sue dichiarazioni in merito alle proteste nei campus universitari sulla questione palestinese. Con Walz, da questo punto di vista, ha scelto un candidato più rassicurante e meno problematico».

La sfida, ora, per Walz sarà quella di presentarsi al resto del Paese. Già, perché fuori dai confini del Minnesota, il sessantenne è poco conosciuto. «Non è un personaggio con un profilo nazionale. E ora occorrerà capire fino a che punto sarà in grado di gestire la comunicazione sul piano nazionale che è molto complessa, pesante, veloce». Insomma, «lungo il cammino le trappole potrebbero essere molte e bisognerà capire fino a che punto riuscirà a schivare i colpi». D’altronde, aggiunge Baritono, «lo abbiamo visto con JD Vance (ndr. il candidato alla vice-presidenza del Partito repubblicano): le sue dichiarazioni sulle donne single non l’hanno certo favorito, facendo scemare tutto l’entusiasmo iniziale nei suoi confronti».

Insomma, nel «gioco» della politica, ora bisognerà capire se Walz «rappresenterà una carta vincente per Kamala Harris, oppure se, invece, sarà un boomerang perché non si dimostrerà all’altezza». Come dire: il vero lavoro inizia adesso.

La reazione: «Un estremista, rappresenta l'incubo americano»

Senza particolari sorprese, il «running mate» di Kamala Harris, Tim Walz, ha ricevuto sin da subito un gelido benvenuto da parte dei repubblicani e della campagna di Donald Trump. In particolare, il governatore del Minnesota è stato accusato di aver gestito male le rivolte del 2020 che hanno seguito l’uccisione di George Floyd. Ma è stato pure dipinto come un liberal radicale e fuori dalla realtà.

Dopo che la vicepresidente Kamala Harris ha rivelato Walz quale suo vice, la campagna di Trump ha infatti immediatamente rilasciato una dichiarazione con cui ha attaccato il sessantenne, definendolo «pericolosamente liberal», citando, ad esempio, il suo sostegno all’espansione dei diritti di voto per ex criminali. La campagna di Trump ha pure citato il suo sostegno alla riduzione delle emissioni di gas serra e all’innalzamento degli standard d’inquinamento delle automobili: politiche che, agli occhi dei repubblicani, rappresentano il tentativo di trasformare il Minnesota nella California. Insomma, se come scriviamo qui sopra Harris ha scelto Walz anche per allontanarsi dalla rappresentazione della «classica» californiana progressista, dall’altra la campagna di Trump ha ovviamente tentato di fare il contrario, paragonandolo, appunto, allo stereotipo del californiano, lontano dall’America profonda.

«Walz è ossessionato dalla diffusione dell’agenda pericolosamente liberale della California», ha ad esempio affermato Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump. «Se Walz non dirà la verità agli elettori, lo faremo noi: proprio come Kamala Harris, Tim Walz è un estremista pericolosamente liberal: il sogno californiano Harris-Walz è l’incubo di ogni americano». Più tardi su Fox News, la portavoce ha scelto una linea di attacco ancor più aggressiva, affermando falsamente che Walz voleva «tagliare i fondi alla polizia» e descrivendo le strade di Minneapolis come «letteralmente rase al suolo» durante le rivolte del 2020.

Gli alleati di Trump, va da sé, hanno poi seguito l’esempio. Il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha ad esempio detto che «Walz è rimasto a guardare e ha lasciato che Minneapolis bruciasse» durante le proteste, definendo poi il ticket Harris-Walz» come il «più di sinistra nella storia americana».

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