«I Patriot, importanti nel conflitto e come simbolo di alleanza»

Fabrizio Coticchia, professore di Scienze politiche all’Università di Genova, esperto di sicurezza internazionale, ci aiuta a leggere la visita di Zelensky a Washington.
Professore, che valore dobbiamo attribuire alla visita di Zelensky a
Washington?
«Sono
due gli aspetti rilevanti, al di là dell’elemento materiale. Il primo aspetto
evidenzia l’importanza dei leader nella politica estera. Certo, c’è anche
l’elemento strutturale, delle relazioni internazionali, e ci sono i fattori
materiali, ma i leader continuano a contare moltissimo. E, in questo senso,
Zelensky ha svolto un ruolo molto importante nei confronti della propria
opinione pubblica. Nei primi momenti del conflitto mostrando la volontà di
rimanere e di infondere forza alla popolazione. E poi, come in questo caso,
attraverso uno sforzo di comunicazione rispetto agli attori occidentali che
hanno fornito all’Ucraina un supporto in termini di intelligence, aiuti economici
e militari. Eccoci quindi al secondo aspetto rilevante di questa visita:
l’importanza di mantenere alto il livello di attenzione sul conflitto.
Sappiamo, da decine di conflitti dimenticati, quanto sia complesso, sul lungo
termine, con il perdurare della guerra, mantenere il supporto da parte
dell’opinione pubblica».


Certo,
questa visita fa rumore. Anche perché, al centro, c’è anche l’elemento
materiale a cui accennava. I Patriot quale ruolo avranno?
«Da
parte ucraina è importante continuare ad avere un flusso di armi, tale
perlomeno da permettere alle forze armate di proseguire nel loro sforzo
bellico, in particolare nella difesa aerea. Specie in questo momento, in cui la
Russia ha focalizzato i propri attacchi sulle infrastrutture ucraine, in tutto
il Paese, danneggiando il sistema economico e produttivo di sostegno allo
stesso sforzo bellico. I Patriot in questo senso hanno una duplice valenza. Da
un lato militare - abbiamo visto la centralità della difesa aerea nel
conflitto, e i Patriot hanno un raggio d’azione piuttosto ampio -, dall’altro
simbolica. Perché, ricevendo i Patriot, l’Ucraina sottolinea come gli Stati
Uniti stiano continuando a fornirle questo supporto dal punto di vista
militare, e quindi come sia valida l’alleanza con Washington e l’Occidente».
È
un caso che questa visita segua di pochi giorni quella di Putin a Lukashenko?
«Non
so quanto sia studiata a tavolino o casuale, ma certo è rilevante che sia
avvenuta con questa tempistica, e per di più prima del Natale. Da una parte
Putin ha ammesso le difficoltà in Ucraina. Dall’altra Zelensky è stato ritratto
a fianco di Biden, degli Stati Uniti, del suo principale alleato. Sì, Putin va
in Bielorussia, Zelensky a Washington. Il ruolo di supporto degli Stati Uniti,
in questo senso, è stato ed è enormemente maggiore rispetto a quello di
qualsiasi altro potenziale attore. La visita insomma è avvenuta - parafrasando
Von Clausewitz - all’interno di una costante relazione di gioco tra due volontà.
Chiaramente, il primo viaggio ufficiale di Zelensky dall’inizio della guerra
non poteva che avere gli Stati Uniti quale meta».


Come
pensa reagirà Mosca di fronte a questo nuovo sostegno USA?
«Sono
due le reazioni da valutare, in questa situazione. Una è quella di Putin, sì. E
la Russia lo ha già dichiarato, sottolineando il ruolo da cattivi degli Stati
Uniti: i Patriot diventeranno un target militare. Questo nuovo sostegno verrà
quindi tradotto come un segnale di un processo in corso di escalation da parte di
Washington. E questo nonostante, per esempio nel Donetsk, la Russia stessa stia
continuando ad attaccare città ucraine. Basti pensare a Bakhmut. E interessante
è anche questo collegamento: dalla visita al fronte di Bakhmut, sul campo, in
una zona circondata da settimane dai russi, a Washington».
Parlava
di due reazioni. L’altra?
«Sì, l’altra reazione da valutare, però negli Stati
Uniti, è quella dei repubblicani. Il viaggio di Zelensky va visto anche in
questo senso, come un modo per rivitalizzare un approccio bipartisan al
sostegno al suo Paese. Negli Stati Uniti è forte da parte repubblicana anche la
critica nei confronti dell’Ucraina, certamente l’idea di non doverla sostenere
con tale generosità. Sappiamo, in termini di politica estera, come sia fondamentale
proprio il contesto domestico dei Paesi alleati. Così si spiega il discorso al
Congresso, un elemento anche simbolico, per avvicinare un Paese estremamente
polarizzato, ben al di là di una legittima politica bipartisan».