Il clero tradizionalista USA a testa bassa contro il Papa: adesso lo accusa di volere le donne in conclave

Una guerra senza quartiere. È quella che l’ala conservatrice della Chiesa statunitense sta combattendo, con ogni arma lecita (e, forse, non poche illecite), contro il Papa argentino. L’ultimo assalto, mosso alcune settimane fa attraverso due dei siti più letti della galassia cattolica americana ultraortodossa - The Pillar e The Remnant - è parso a molti del tutto inverosimile, ma ha scatenato ugualmente un gigantesco putiferio, tanto da costringere il Vaticano a una sorta di smentita. Ufficiosa, certo, ma pur sempre smentita.
Secondo le «rivelazioni» di The Pillar e The Remnant, Francesco sarebbe intenzionato a modificare il sistema di elezione del Papa e si preparerebbe a far entrare in Conclave anche i laici. La Santa Sede, sostengono i conservatori USA, starebbe approntando un documento in tal senso, anche sulla scorta di quanto discusso nella prima sessione del Sinodo chiusa a Roma lo scorso 29 ottobre. The Remnant, addirittura, ha dato pure le cifre di questa rivoluzione, spiegando che tra laici e suore il 25% almeno del futuro conclave non indosserà la porpora.
I bene informati d’oltreoceano sostengono che a scrivere il documento sarebbe stato chiamato il cardinale Gianfranco Ghirlanda, 81 anni, gesuita, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta e già rettore della Pontificia Università Gregoriana, uno dei massimi esperti di diritto canonico. Ma è stato proprio Ghirlanda, ieri, a smentire tutto con una dichiarazione rilasciata al vaticanista del Corriere della Sera Massimo Franco: «È una menzogna che io stia preparando un documento sul conclave. È falso che mi sia visto con il Papa per discuterne. La realtà è che non ne so nulla e non è stato chiesto un mio parere. Se poi si sta elaborando qualcosa altrove, non ne sono a conoscenza».
Guerra di logoramento
Analisti e osservatori concordano su un punto: la notizia del documento sulla parziale laicizzazione del conclave è soltanto l’ultimo tassello di una guerra di logoramento che l’ala conservatrice combatte contro Francesco quotidianamente. Soprattutto per minarne l’autorità e tentare di condizionarne, dove possibile, le scelte. L’accusa - questa esplicita - mossa al Papa è di voler prefigurare, se non imporre nei fatti, il proprio successore. Un’accusa che, a ben guardare, non ha molto senso.
Degli attuali 134 cardinali elettori (14 in più del numero fissato da Paolo VI nel concistoro segreto del 5 marzo 1973 e poi formalizzato nella costituzione apostolica Romano Pontifici eligendo del 1° ottobre 1975), ben 97 sono stati infatti creati dal pontefice argentino, il 72,4% del totale.
Si può facilmente presumere che, con le sue scelte, Francesco abbia già indirizzato la Chiesa del futuro, per quanto c’è chi ne dubita fortemente. Ad esempio, il monaco 80 enne Enzo Bianchi, teologo, studioso della Chiesa, fondatore della Comunità di Bose da cui è stato allontanato nel 2017 proprio su decisione della Santa Sede. Intervistato alcuni giorni fa da Repubblica, Bianchi si è detto convinto come sia «affatto vero che Francesco abbia creato un conclave a propria immagine: ha nominato anche cardinali scialbi e tradizionalisti, quindi il rischio per il futuro è proprio che per mantenere gli equilibri tra le diverse anime, il conclave finisca per scegliere un Papa scialbo».
Tra politica e fede
Torniamo allora al punto di partenza: lo scontro in atto tra il Papa e le frange tradizionaliste (e, in qualche caso, apertamente reazionarie) degli Stati Uniti. «La sempre più aperta opposizione di Francesco contro i tradizionalisti teologici e liturgici nella Chiesa americana ha alimentato una profonda diffidenza nei confronti della sua leadership tra i conservatori, che esistono a tutti i livelli della vita cattolica in America», ha scritto il 29 novembre scorso il New York Times. Mettendo a fuoco un punto di rilevante importanza: non è soltanto il clero a mettersi di traverso contro il pontefice argentino, ma anche buona parte dei credenti, soprattutto quelli che tuttora partecipano alla vita della Chiesa. I praticanti, insomma.
Un tema particolarmente spinoso e, potenzialmente, difficilissimo da gestire. Dato che dalla Seconda Guerra mondiale in poi, i maggiori finanziamenti al Vaticano sono arrivati in primo luogo proprio dagli Stati Uniti.
«La domanda - ha scritto Massimo Franco - è se l’ostilità quasi ostentata di settori ampi dell’episcopato americano non rifletta anche un limite e una scarsa conoscenza di quella Chiesa e della sua cultura da parte dell’attuale papato: una realtà nella quale molte parrocchie continuano a scomparire per mancanza di fedeli. I sondaggi raccontano una radicalizzazione delle posizioni religiose, simmetrica a quella della società statunitense. La singolarità è che i sacerdoti giovani appaiono più tradizionalisti degli anziani».
Nell’America divisa in due e radicalizzata dallo scontro tra liberal e trumpiani, i cattolici sono poco meno del 20%: una «coorte politicamente diversificata», scrive il NYT, con numeri più o meno uguali che si identificano come repubblicani e democratici. Sebbene non sia chiaro se, tra i cattolici statunitensi, ci sia un maggiore spostamento verso il conservatorismo, chi partecipa alla messa domenicale è stato più spesso propenso a votare per Donald Trump nel 2020 rispetto a quelli che hanno partecipato meno frequentemente. Un dato che suggerisce come i più impegnati nelle pratiche cattoliche siano anche più conservatori.
Il vescovo youtuber
A settembre, Francesco aveva lamentato un «atteggiamento molto forte, organizzato e reazionario, di opposizione al Papa» nella Chiesa americana. «Vorrei ricordare a queste persone che l’arretratezza è inutile», aveva detto a un gruppo di suoi confratelli gesuiti a Lisbona.
In vista di una campagna elettorale che si annuncia drammatica, almeno nei toni, questo elemento segnala una difficoltà ulteriore nel rapporto tra un Vaticano più progressista e una Chiesa locale spostata a destra: una Chiesa all’interno della quale si sta consolidando una rete di conduttori radiofonici, podcaster e commentatori schierata a favore di Trump. Basti pensare all’ex vescovo ultraconservatore di Tyler, in Texas, il 65 enne Joseph Strickland, rimosso dal Papa dopo un’indagine interna e considerato dallo stesso Trump «un martire bianco dei giorni nostri»: da alcuni giorni Strickland ha lanciato un canale YouTube cui si sono iscritte già 30 mila persone.