La lettera «Z», dal significato militare a quello identitario
Una “Z” tracciata sui blindati russi è stata osservata sin dalle prime ore dell’invasione, sollevando tutta una serie di congetture sul suo significato. Oggi cosa sappiamo di questa lettera?
Con l’invasione sono scattate le prime interpretazioni di carattere militare. Gli esperti hanno parlato di «semplice» segno distintivo applicato ai mezzi armati russi, con lo scopo di distinguere sul campo i propri battaglioni da quelli ucraini. Uno strumento dunque per evitare «il fuoco amico», visto che l’esercito ucraino utilizza alcuni mezzi militari di fabbricazione sovietica impiegati anche dai russi. La lettera, dunque, avrebbe semplicemente una funzione disambiguante, spiega al CdT Andrea Rocci, professore di semiotica all’USI di Lugano: «Assieme alla lettera “Z” abbiamo visto sui carri armati russi comparire anche la lettera “V”. Due lettere che, molto probabilmente, indicano i luoghi di provenienza dei battaglioni. La lettera “Z” sta per Zapad (ovest) e indica il battaglione che scende dalla Bielorussia verso Kiev. La lettera “V” per Vostok (est). Con queste due lettere l’esercito russo ha voluto distinguere la provenienza dei propri contingenti militari».
Oltre l’uso militare, la “Z” in Russia ha assunto però un significato completamente diverso: esibire questa lettera è diventato un gesto patriottico di sostegno ai soldati e alle decisioni di Putin. Come si spiega questa pluralità di significati?
L’ultimo eclatante esempio è stato il ginnasta russo Ivan Kuliak che, negli scorsi giorni, ai Mondiali di Doha, ha gareggiato con la lettera “Z” stampata sulla divisa. La lettera “Z”, in Russia, è diventata un vero e proprio strumento di propaganda: sui social è facile imbattersi in fotografie di giovani che indossano magliette raffiguranti la “Z”. «È un meccanismo semiotico naturale», spiega ancora Rocci: «Ogni segno, specie in un contesto drammatico come la guerra, assume facilmente significati nuovi. Da un uso referenziale della parola si passa a un significato connotativo. La lettera “Z” viene quindi riconosciuta come elemento di un discorso più ampio, con un valore essenzialmente emotivo. In questo contesto, la “Z” diventa una sorta di simbolo, dove l’uso referenziale passa in secondo piano. La “Z” diventa «il segno di appartenenza al gruppo che lo usa». Andrea Rocci spiega come questo meccanismo sia assolutamente inconscio e naturale: «La lingua, del resto, presenta diversi marcatori che indicano, per esempio, l’appartenenza socioculturale del parlante».
Le congetture sul significato di “Z” sono molte. C’è anche chi ha ricordato come la lettera “Z”, in fisica, indichi il numero atomico. Per altri, più semplicemente, è un’esortazione: «Za podebu», in russo, significa «per la vittoria». Che importanza hanno messaggi di questo tipo nella retorica bellica?
«È la lettura che mi convince maggiormente», commenta dal canto suo Pier Paolo Pedrini, professore ed esperto di retorica del linguaggio bellico: «La vittoria è un aspetto centrale per la costruzione dell’identità nazionale. È stato così durante la Prima e la Seconda Guerra mondiale ed è così anche oggi». C’è poi un altro elemento cardine che caratterizza il discorso bellico: «L’idea di costituire un nemico comune». Pedrini cita Umberto Eco: «Avere un nemico è utile sia per la definizione della propria identità, sia per procurare un ostacolo rispetto al quale misurare il proprio sistema di valori». Di qui, il secondo punto fermo attorno a cui ruota tutta la macchina della retorica bellica: «Il principio della difesa: il verbo della propaganda per eccellenza». Il professor Pedrini, a questo proposito, ricorda come il concetto di difesa, in queste settimane, ricorra continuamente nelle principali prese di posizioni dei Governi, anche in quelle del Cremlino, che di fatto «attacca» e non «difende». Eppure, nel suo Discorso della vittoria del 26 febbraio, Putin sostiene: «La Russia difende il diritto internazionale».