Il punto

Le relazioni «segrete» fra Putin e Trump: che cosa c'è dietro ai contatti?

Funzionari del governo russo hanno dichiarato al Moscow Times che il Cremlino e l'amministrazione americana entrante hanno mantenuto un canale aperto in questi ultimi mesi
Marcello Pelizzari
15.01.2025 14:00

Sì, per tutto questo tempo il Cremlino ha mantenuto un canale aperto con la squadra del presidente eletto Donald Trump. Ne dà notizia il Moscow Times, citando funzionari del governo russo. L'indiscrezione solleva, da un lato, non pochi interrogativi negli Stati Uniti. E questo perché, banalmente, fino all'insediamento del tycoon i membri del cosiddetto team di transizione sono e rimangono cittadini privati. Detto in altri termini, vi sarebbe un chiaro rischio di sicurezza nazionale. Dall'altro, Mosca starebbe sfruttando proprio il carattere incendiario di Trump – basti pensare alle sue dichiarazioni su Groenlandia e Panama, ma anche su Regno Unito, Germania e Canada – per alimentare la tensione fra Washington e i suoi alleati.

Stando al quotidiano indipendente russo, che cita nello specifico due funzionari governativi coinvolti nella politica estera del Cremlino, gli uomini del presidente Vladimir Putin e quelli del citato Trump hanno avuto contatti a novembre e dicembre. Non sappiamo, tuttavia, quante volte le parti si siano parlate. E quanto a lungo. Non finisce qui, in ogni caso: sebbene il Cremlino abbia smentito la notizia riportata dal Washington Post, secondo cui i due leader si sarebbero confrontati telefonicamente dopo la vittoria elettorale di Trump, le due fonti hanno confermato che Putin e Trump in effetti si sono parlati. Direttamente. 

L'ammirazione per Putin

Trump, giova ricordarlo, durante il suo primo mandato non aveva mai nascosto la sua ammirazione per Putin. Non solo, le presidenziali del 2016 erano state oscurate dalle accuse di ingerenza da parte russa. Durante quest'ultima campagna elettorale, invece, Trump ha promesso di porre fine alla guerra in Ucraina. Con la Svizzera, parentesi, che si è detta pronta e disponibile, eventualmente, a ospitare colloqui di pace. Le comunicazioni di questi ultimi mesi, scrive il Moscow Times, sono state deliberatamente tenute nascoste dalle parti al fine di proteggere Trump dalle pressioni, crescenti, dell'establishment politico americano. «Sia il Cremlino sia il team di Trump hanno imparato la lezione dal passato, quando l'imprudenza e l'insufficiente moderazione hanno portato allo scandalo delle accuse di interferenza elettorale» ha dichiarato una delle fonti al quotidiano russo. Scandalo che, alla fine, avrebbe «limitato notevolmente la libertà di azione di Trump».

In realtà, il Cremlino qualche concessione alla stampa l'ha fatta. La scorsa settimana, ad esempio, Mosca ha confermato che Putin è disponibile a incontrare Trump una volta insediatosi alla Casa Bianca. Trump, dal canto suo, ha spiegato che i preparativi per l'incontro sono in corso mentre una fonte del Ministero degli Esteri russo, al riguardo, ha dichiarato al Moscow Times che dopo l'insediamento del tycoon, in programma lunedì, il dialogo fra Mosca e Washington dovrebbe intensificarsi. «Psicologicamente, sarà più facile per noi interagire con questa squadra» ha aggiunto un diplomatico russo. «Trump e il suo team non hanno mai insultato Putin, mentre Biden sì. Resta da vedere se la ripresa dei contatti porterà a qualche cambiamento, positivo, significativo».

Oramai al passo d'addio, l'amministrazione uscente di Biden – il più grande alleato di Kiev in risposta all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca – negli ultimi tempi ha cercato di «ammazzare» Putin. Da un lato con nuove, e pesanti, sanzioni. Dall'altro, consentendo ad esempio all'Ucraina di colpire in profondità il territorio russo con missili a lungo raggio di fabbricazione occidentale e, ancora, stanziando fondi aggiuntivi per sostenere lo sforzo bellico ucraino. Il timore, infatti, è che una volta in sella Trump possa sospendere le forniture di armi a Kiev. Nel frattempo, il Cremlino e il Ministero degli Esteri russo, sempre secondo il Moscow Times, stanno selezionando i candidati per il ruolo di capo-negoziatore. Ovvero, stanno individuando colui che cercherà di dialogare con l'amministrazione americana entrante sulla questione delle questioni: la guerra in Ucraina. L'impressione, a sentire gli spifferi, è che sarà Putin in persona a scegliere questa persona. Così la fonte del Moscow Times all'interno del Ministero degli Esteri russo: «Il principio è chiaro. La rosa dei candidati comprende figure di spicco del Ministero degli Esteri, dell'amministrazione presidenziale russa o, molto probabilmente, qualcuno di alto livello dei servizi segreti». Il vincitore, inevitabilmente, sarà un fedelissimo del presidente. Magari qualcuno che Putin conosce dai tempi del KGB sovietico.

Alleati divisi? Meglio per il Cremlino

La vicinanza, se così vogliamo chiamarla, fra Putin e Trump ha pure un (chiaro) fine geopolitico. Il Cremlino, infatti, sta monitorando con attenzione (e interesse) la retorica utilizzata da Trump. E il motivo è presto detto: le uscite su Groenlandia, Panama, Canada, Regno Unito e Germania hanno irretito, e non poco, gli alleati storici dell'America. «Tutto questo fa il nostro gioco» ha detto un funzionario del governo russo. Di più, secondo Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino, «Putin ne gode immensamente». Il risultato? La propaganda russa ha colto la palla al balzo, sfruttando le dichiarazioni di Trump per giustificare tanto l'annessione illegale della Crimea quanto l'invasione su larga scala dell'Ucraina. «Questa retorica ci permette di dire che tutto è possibile, le vecchie regole non funzionano più» ha indicato un diplomatico russo al Moscow Times. «Basta guardare: persino gli Stati Uniti, che stabiliscono queste regole, non sono disposti a rispettarle».

Il punto, in fondo, è proprio questo: mentre l'Europa, a fatica, cerca di far valere e prevalere lo Stato di diritto, Cina, Russia e, ora, Stati Uniti hanno abbracciato una retorica differente. Boris Bondarev, ex diplomatico russo a Ginevra, dimessosi in segno di protesta contro l'invasione dell'Ucraina nel 2022, ha avvertito che la narrativa trumpiana potrebbe, a livello di effetti, ridurre e non poco il sostegno all'Ucraina e favorire nuove destabilizzazioni nel mondo. Un domani, come ha spiegato Bondarev al canale YouTube Breakfast Show, gli alleati europei di Washington potrebbero vedersi costretti a fare scelte difficili in termini di risorse: indirizzarle all'Ucraina o «tenerle per sé, per ogni evenienza». Questo, ha aggiunto l'esperto, «potrebbe influenzare il corso della guerra in Ucraina. Inoltre, Paesi come la Cina e l'India stanno osservando da vicino la situazione. Ci sono molte persone nel mondo pronte a ridisegnare i propri confini».

L'ottimismo di Churchill

Un funzionario russo ha detto al Moscow Times che la squadra di Trump, finora, ha semplicemente sposato la causa di Putin o, se preferite, la teoria di un ordine mondiale multipolare. «Consideriamo tutto questo molto positivamente» ha chiosato lo stesso funzionario. Winston Churchill, come ricorda la CNN, una volta disse di essere profondamente ottimista. Perché, aveva aggiunto, non c'era ragione per non esserlo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, forse inconsapevolmente, sta provando a sua volta a mostrarsi (ed essere) ottimista. A inizio anno, ha detto che Trump può davvero porre fine alla guerra. Perché, paradossalmente ma nemmeno troppo, è «forte e imprevedibile». Gli stessi motivi, insomma, per cui non pochi alleati occidentali stanno invece temendo il peggio. Di sicuro, l'entità del sostegno a stelle e strisce a Kiev deciderà l'esito di questa guerra. Di più, l'amministrazione entrante – pur avendo posizioni diverse rispetto a quelle dell'amministrazione uscente – dovrebbe considerare che qualsiasi accordo – a cominciare dalla creazione di una zona demilizarizzata e dal congelamento delle attuali linee del fronte – dipenderebbe in larga misura dalla «complicità» di Mosca nel rispettarlo. I precedenti della Russia al tavolo negoziale e quanto accaduto dall'annessione della Crimea in avanti, in questo senso, suggerirebbero una certa cautela.