L'economista dalla voce pacata che fa paura a Recep Erdoğan
Domenica prossima, la Turchia elegge presidente e Parlamento. Dopo 20 anni, e nonostante un controllo ferreo di Tv, stampa e istituzioni, il presidente Recep Tayyip Erdoğan potrebbe uscire sconfitto dalle urne. Uno dei suoi tre avversari, l’economista 74.enne Kemal Kılıçdaroğlu, lo sopravanza nei sondaggi. E ha buone possibilità di vincere in un eventuale ballottaggio, previsto per il 28 maggio qualora nessuno dei candidati dovesse superare il 50% dei consensi al primo turno. Fuori dai confini turchi, Kemal Kılıçdaroğlu è poco più di un illustre sconosciuto. Anche a motivo del fatto che, da due decenni, il Paese è identificato con il leader del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP). Erdoğan ha infatti modellato la Turchia a propria immagine e somiglianza, fino a sconvolgerne gli assetti istituzionali e a trasformarla da democrazia parlamentare ad autocrazia presidenziale con venature islamico-radicali. E tuttavia, complice sicuramente la crisi economica, Kılıçdaroğlu potrebbe farcela. Da 13 anni a capo della principale forza di opposizione, il Partito popolare repubblicano (CHP) fondato da Mustafa Kemal Atatürk, Kılıçdaroğlu è arrivato in Parlamento nel 2002. Prima di entrare in politica, ha lavorato al ministero delle Finanze e ha presieduto l’Istituto di previdenza sociale turco per la maggior parte degli Anni ’90. Soprannominato dai media turchi “Gandhi Kemal” a causa di una vaga somiglianza con il Mahatma e per l’aspetto esile e occhialuto, ha catturato l’immaginazione del grande pubblico nel 2017, quando lanciò una “Marcia per la giustizia” di 450 km da Ankara a Istanbul per protestare contro l’arresto di un deputato del suo partito. Laico, di orientamento socialdemocratico, è riuscito nel capolavoro politico di unire sei partiti molto diversi tra loro per contrastare Erdoğan. E di ottenere, sebbene non in modo esplicito, anche il sostegno del principale partito curdo, l’HDP, che potrebbe assicurargli fino al 15% dei voti complessivi.
La fede alevita
Nato nella provincia orientale di Tunceli, Kılıçdaroğlu è un alevita, appartiene cioè a un gruppo etnico minoritario che segue una fede legata alle tradizioni popolari musulmane sciite, sufi e anatoliche. Il mese scorso, sfidando l’opinione generalizzata che questo potesse penalizzarlo a fronte della maggioranza sunnita del Paese, ha ammesso apertamente sui social media la sua appartenenza alevita con un video che ha avuto 114 milioni di visualizzazioni. Il profilo di quest’uomo, così diverso da quello dell’antagonista - del quale pure condivide le origini: entrambi sono cresciuti poveri, Erdoğan in uno squallido quartiere di Istanbul, Kılıçdaroğlu in un villaggio isolato nella Turchia centrale - è riassunto dalla quasi totalità dei commentatori con il basso profilo. Da bambino, ha raccontato, ha indossato lo stesso paio di scarpe per anni. Da studente di Economia all’Università di Ankara, si faceva km a piedi per risparmiare sui trasporti. E ancora oggi scrive spesso riciclando fogli di carta usati. Nella Turchia devastata da una crisi economica che ha fatto crollare la moneta nazionale e decollare l’inflazione fino a punte dell’85%, Kılıçdaroğlu ha rinunciato alla simbologia tipica del potere. Ha scelto di muoversi sui binari della normalità. E di segnare in modo inequivoco la sua siderale distanza dal presidente Erdoğan e dagli ambienti fastosi che ne mettono in mostra tutto il potere. Ha girato e continua a girare i propri video elettorali nella cucina di casa, con un bicchiere di tè sul tavolo e, alle spalle, in bella vista, gli strofinacci appesi alla maniglia del forno. Davvero un fondale diverso dal nuovo palazzo presidenziale di oltre 1.150 stanze che Erdoğan ha costruito spendendo centinaia di milioni di dollari. Moderazione sembra essere la caratteristica principale di Kılıçdaroğlu, il quale è stato ugualmente, e più volte, fronteggiato in modo aggressivo e feroce da Erdoğan. Pochi giorni fa, in un comizio a Istanbul, il presidente turco ha mollato il freno della polemica, attaccando a testa bassa e sperando in una reazione dell’avversario. «La mia gente non permetterà a un ubriacone di salire al governo - ha detto - Signor Kemal, puoi berne barili. Niente può curarti». La risposta è stata diretta, chiara, ma quasi sottovoce. E affidata, come al solito, a un video girato in cucina e postato online: «La nostra democrazia, la nostra economia, il nostro sistema giudiziario e la libertà dei cittadini sono sotto la pesante minaccia di Erdoğan. Rimetterò in piedi lo Stato e guarirò le ferite, restituirò la gioia della vita alla gente».
Vecchie ruggini
Non è certo la prima volta che Erdogan prende di mira Kılıçdaroğlu, il quale a più riprese in passato era stato battuto alle elezioni dal leader turco. Molti ricordano l’infelice battuta pronunciata da Erdoğan prima delle municipali del 2019: «Non potresti nemmeno pascolare una pecora - disse allora il presidente rivolgendosi al rivale - Hai perso nove consultazioni di fila. Ora perderai la decima». Quella volta, però, i candidati dell’opposizione sconfissero clamorosamente i candidati dell’AKP in molte città, comprese le due più grandi della Turchia: Ankara, la capitale, e Istanbul, dove Erdoğan aveva iniziato la sua carriera politica come sindaco negli Anni ’90. Il disperato tentativo del presidente di ribaltare il voto finì, poi, in un naufragio politico. La commissione elettorale governativa, adducendo irregolarità ed errori inesistenti, annullò infatti proprio il risultato di Istanbul. Ma la ripetizione del voto confermò la vittoria dell’opposizione, con proporzioni ancora maggiori. «Kamal Kılıçdaroğlu è l’antitesi di Recep Tayyip Erdoğan - ha scritto qualche giorno fa Aslı Aydıntaşbaş, editorialista del Washington Post e ricercatrice dell’European Council on Foreign Relations (ECFR) - Per la virile aggressività politica di Erdoğan, il leader dell’opposizione è un gentiluomo pacato. In termini di piattaforma politica, non è solo un democratico, ma promette anche di essere un unificatore».