Il punto

Lo sciopero di Boeing potrebbe costare miliardi di dollari

Il costruttore americano, in piena crisi, fatica a soddisfare le richieste dei suoi lavoratori – La produzione, intanto, si è fermata mentre alcuni ingegneri anziani sono già stati licenziati
© Lindsey Wasson
Marcello Pelizzari
17.09.2024 12:00

Boeing, ci risiamo. La crisi tentacolare e apparentemente senza fine in cui è sprofondato il costruttore americano si arricchisce (quasi) ogni giorno di nuovi capitoli. A cominciare dallo sciopero indetto dai membri del sindacato IAM dopo che le trattative per un nuovo contratto collettivo sono saltate dall'oggi al domani. Il risultato? Produzione ferma e possibili perdite miliardarie, a seconda della durata dell'agitazione. Non proprio una bella notizia, considerando un «contorno» già di per sé complicato: carenze, gravi, a livello di qualità e sicurezza, nonché misure di risparmio che incidono, e non poco, proprio sul personale. 

Non solo, il citato sciopero potrebbe ripercuotersi sul rating creditizio dell'azienda. Detto in altri termini: un eventuale declassamento aumenterebbe, significativamente, i costi di ulteriori prestiti. Boeing, da tempo, ha avviato un vero e proprio programma di risparmio o spending review che dir si voglia. Come riporta il portale aeroTELEGRAPH, il costruttore ha sospeso le assunzioni, effettuato meno acquisti dai fornitori, sospeso gli aumenti salariali dei dirigenti, vietato i viaggi d'affari non essenziali. In un messaggio rivolto ai dipendenti, il direttore finanziario Brian West ha pure spiegato che l'azienda, citiamo, sta «considerando il difficile passo di licenziare temporaneamente molti dipendenti e dirigenti nelle prossime settimane». Una mossa, questa, che sarebbe già in atto secondo il Seattle Times, quotidiano molto addentro alle vicende di Boeing (anche per vicinanza geografica, diciamo). 

Lo stesso Seattle Times, citando tre fonti differenti, scrive che il costruttore si sta separando da dozzine di ingegneri, perlopiù esperti, precedentemente rientrati in azienda per aiutare a risolvere i problemi di qualità e sicurezza. Ingegneri che stavano lavorando su tre progetti critici – il 777 X, il 737 MAX 7 e il 737 MAX 10 – e sul 787. Uno di questi ingegneri ha dichiarato di essere stato licenziato con un solo giorno di preavviso e che lo sciopero, nel frattempo piombato su Boeing, non c'entra minimamente: il suo allontanamento sarebbe solo una misura di risparmio. La questione, certo, non è marginale. Lo scorso maggio, in un'intervista alla CNBC, Aengus Kelly – il responsabile della società di leasing Aercap – aveva criticato Boeing per il fatto di essersi separata da tanti, troppi ingegneri esperti durante la pandemia. «Se si considera il numero di meccanici e ingegneri qualificati che hanno lasciato la Boeing, si tratta di un numero molto più elevato rispetto a quello di Airbus» aveva spiegato Kelly, la cui azienda è un importante cliente di entrambi i costruttori. Kelly, al riguardo, aveva fatto l'esempio di un barista di Starbucks che nel giro di sei mesi diventa meccanico. Spiegando che, in realtà, «ci vogliono anni e anni prima di sapere come costruire un motore e un aereo».

Boeing, tornando allo sciopero, ha margini di manovra limitati per soddisfare (tutte) le richieste e le attese dei lavoratori. Il costruttore è reduce da un primo semestre pessimo, se paragonato a quello del 2023, durante il quale ha accumulato 1,8 miliardi di dollari di perdite nette. Non solo, nello spazio di sei mesi ha bruciato oltre 8 miliardi di dollari per fronteggiare i problemi di qualità, i continui incidenti, le restrizioni imposte dai regolatori e l'acquisto del fornitore Spirit Aerosystems. Il punto, però, è che Boeing non ha scelta: al momento, lo sciopero sta bloccando gli stabilimenti di Renton ed Everett. Paralizzando, in particolare, la produzione del 737, del 777 e del 767 cargo. Secondo gli analisti di TD Cowen, un'agitazione di cinquanta giorni – sebbene sia presto, troppo presto per pronunciarsi in merito – potrebbe costare al costruttore fra i 3 e i 3,5 miliardi di dollari in termini di liquidità. È proprio il caso di dirlo: ci risiamo.