Lo stop alle auto a benzina e diesel non piace a tutti
Approvato dal Parlamento europeo a febbraio, lo stop alla vendita di nuovi veicoli a motore termico dal 2035 non fa l’unanimità fra i ventisette Stati membri. L’Italia, tramite il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica guidato da Gilberto Pichetto Fratin, ha subito fatto sapere che si opporrà al piano in occasione della prossima riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER).
La polemica, in particolare, riguarda la revisione del regolamento 631 del 2019, riguardante i livelli di emissioni di CO2 per autovetture e veicoli commerciali leggeri. Nel tentativo di bruciare (scusate il gioco di parole) le tappe in vista dell’agognata decarbonizzazione, la Commissione europea ha proposto – appunto – di vietare la vendita di nuove auto con motore termico dal 1. gennaio 2035. Il Parlamento ha approvato il piano, mentre il Consiglio dovrà ora esprimersi. E qui, beh, molti Stati stanno alzando, e non poco, la voce.
Che cosa dice il piano?
Il piano, di per sé, non vieta la circolazione di auto con motore termico dopo il 2035. Per intenderci, gli esemplari attualmente in circolazione nell’Unione (250 milioni di automobili) potranno essere ancora adoperati e, soprattutto, venduti. Le case automobilistiche, tuttavia, dovranno riconvertire la loro produzione e dedicarsi, quantomeno per il mercato europeo, esclusivamente all’elettrico. Già, perché per i mercati extraeuropei potranno continuare a produrre e vendere modelli con motori endotermici.
Chi è contro?
L’Italia, dicevamo, non è del tutto convinta del piano europeo. Secondo il governo Meloni, infatti, la decarbonizzazione dei trasporti dovrebbe beneficiare di «una più graduale pianificazione» rispetto ai 15 anni di tempo imposti dall’Europa.
Ma l’Italia non è l’unico Paese a essersi messo di traverso rispetto al piano di decarbonizzazione del settore dei trasporti in Europa. All’orizzonte, infatti, ci sarebbe addirittura una coalizione tra chi – fra gli Stati membri – ha un forte interesse, e una forte esposizione di riflesso, nei confronti dell’automotive. Detto dell’Italia, al secondo posto per numero di automobili nell’Unione con 40 milioni di esemplari, sono contrarie pure la Germania (49 milioni) e la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca, la casa di Skoda.
I dati
I dati, però, parlano chiaro, se non chiarissimo. Il settore dei trasporti, in Europa, è il solo ad aver fatto registrare un aumento delle emissioni nell’ultimo decennio. Senza misure limitanti, quell’aumento è destinato a crescere. L’Unione, in questo senso, vuole essere leader e traino anche per il resto del mondo.
A livello internazionale, come ha sottolineato Wired, i SUV si collocano come nono inquinatore mondiale. Producono tre volte la CO2 dell’Italia, ha spiegato l’Agenzia internazionale dell’energia. La vendita di questi veicoli, nel 2022, è aumentata del 3% fino a rappresentare il 46% delle nuove vendite globali. Grazie in particolare a Paesi come l’India.