Ma come sono diventati «amici» Xi Jinping e Vladimir Putin?

Non sarà «senza limiti», come avevano lasciato intendere Xi Jinping e Vladimir Putin poco prima dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca, eppure l’amicizia fra Cina e Russia è sempre più forte. Al punto da irritare, e preoccupare, gli Stati Uniti. Oltre agli altri alleati occidentali. Non potrebbe essere altrimenti, del resto, visto a essere legati – da un punto di vista economico, militare e politico – sono due potenze nucleari e due Stati dittatoriali. Allargando il campo, Cina e Russia perseguono il medesimo obiettivo: rovesciare l’ordine mondiale e proporre un’alternativa all’egemonia americana.
Da dove (ri)cominciamo?
Cina e Russia, scrive fra gli altri Bloomberg, sono tornate a parlarsi o, meglio, hanno cominciato a riavvicinarsi dopo l’invasione dell’Iraq, nel 2003, da parte dell’America. Il rapporto fra Pechino e Mosca, negli anni, si è intensificato. Grazie, altresì a fattori esterni come la crisi finanziaria del 2008: tanto la Cina quanto la Russia, all’epoca, erano convinte che quel crollo avrebbe minato la fiducia delle persone nel modello capitalistico. Le prime sanzioni imposte a Mosca dall’Occidente, nel 2014 e in seguito all’annessione illegale della Crimea, hanno infine spinto il Cremlino fra le braccia cinesi. E la Cina, di suo, si è rivelata un partner importante: ha acquistato, in massa, energia e armi.
Dicevamo dell’ordine mondiale: Mosca, non lo ha mai nascosto, tant’è che Vladimir Putin ha sfruttato la cosa per giustificare l’invasione su larga scala dell’Ucraina due anni fa, ha sempre considerato l’Alleanza Atlantica, la NATO, un fattore di ingerenza se non, addirittura, una minaccia esistenziale. Analogamente, Pechino più volte si è scagliata contro i trattati bilaterali, improntati sulla difesa, che Washington ha firmato con molti partner nella regione indo-pacifica.
L'amicizia personale
Detto dei fattori, chiamiamoli così, convergenti, l’amicizia fra Cina e Russia è stata favorita altresì da quella, personale, fra i presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin. Due profili, scrive sempre Bloomberg, di per sé sovrapponibili: tanto Xi quanto Putin, infatti, hanno avuto un’infanzia difficile mentre una volta al potere hanno fatto di tutto, e pure di più, per reprimere il dissenso e perseguire quella che i francesi chiamerebbero grandeur.
Xi e Putin si sono incontrati una quarantina di volte. Spesso, condividendo una tavola imbandita. Dai ravioli alle frittelle, passando – come a questo giro – per il trepang in umido o il brodo d’anatra con anodonta. Cinque anni fa, nel 2019, Xi ha addirittura parlato di Putin come del suo «miglior amico». Non è un caso, al di là degli stretti legami economici, militari e politici, che il presidente russo abbia scelto la Cina quale prima destinazione all’estero dopo il suo insediamento per un quinto mandato. Allo stesso modo, Xi aveva scelto Mosca nel marzo del 2023 dopo aver ottenuto il terzo mandato alla guida del Paese. In una dichiarazione congiunta, rilasciata a Pechino, i due leader hanno spiegato che le relazioni Cina-Russia «stanno vivendo il periodo migliore della loro storia». Un anno fa, per contro, i due si erano spinti oltre mostrando tutto il loro disprezzo per il concetto di democrazia.

Quando i due Paesi erano nemici
Cina e Russia, guardando indietro, non sono sempre state nazioni amiche. A metà dell’Ottocento, ad esempio, la Russia impose i cosiddetti trattati ineguali all’Impero Qing. I trattati ineguali, leggiamo, furono un insieme di convenzioni concluse da alcuni Stati dell’Estremo Oriente con le potenze occidentali tra l’Ottocento e i primi anni del Novecento. In questo periodo le nazioni asiatiche erano in gran parte incapaci di resistere alla pressione militare ed economica straniera, stante l’enorme divario tecnologico tra Occidente e Oriente. Di qui, appunto, la firma di trattati ineguali. La Cina, di riflesso, fu costretta a cedere territori per un totale di un milione di metri quadrati. Un’area grande quanto Francia, Germania e Regno Unito messe assieme, spiega Bloomberg.
Le relazioni migliorarono per un breve periodo dopo che Mao guidò il Partito Comunista Cinese al potere nel 1949, trovando un alleato naturale in Josef Stalin. Tuttavia, Mao si oppose alla destalinizzazione. Ovvero, ai cambiamenti politici che avvennero nell’Unione Sovietica dopo la morte di Stalin. Nel 1961, la Cina si allontanò da Mosca mentre nel 1969, addirittura, i due Paesi diedero vita a una guerra per alcune aree di confine contese. Pechino, non sapendo bene come uscirne, nel 1972 si rivolse nientepopodimeno che agli Stati Uniti. Gli stessi Stati Uniti che, oggi, stanno combattendo una guerra commerciale con il Dragone. Solo a metà degli anni Ottanta, quando Mikhail Gorbaciov assunse la guida del Cremlino, le relazioni cominciarono a scongelarsi.
Armi e gas
Parlavamo di armi. Dal 2014, da quando cioè la Russia ha cominciato a rivolgersi con sempre più insistenza alla Cina per le sue esportazioni, Mosca ha venduto a Pechino alcuni dei suoi sistemi d’arma più avanzati. Bloomberg, al riguardo, cita i sistemi missilistici antiaerei S-400 e i caccia Su-35. Il valore di queste transazioni? 5 miliardi di dollari.
Non solo, la Cina – complice anche la graduale uscita dell’Unione Europea – è diventata uno dei principali acquirenti di gas, petrolio e perfino carbone. Già due mesi dopo l’annessione illegale della Crimea, per dire, Gazprom aveva firmato un accordo del valore di circa 400 miliardi di dollari per rifornire la Cina di gas naturale attraverso un gasdotto chiamato Power of Siberia. Putin, in queste ore, secondo logica ha posto l’accento sull’importanza degli scambi commerciali fra Cina e Russia.

Quel Sud globale...
Gli Stati Uniti e i partner occidentali, vista la vicinanza fra Cina e Russia, temono che Pechino, presto o tardi, aprirà un nuovo fronte di guerra. Lanciando un attacco a Taiwan. Il numero, altissimo, di esercitazioni militari congiunte Cina-Russia – per tacere della nuova portaerei cinese – sta invece preoccupando fra gli altri il Giappone. Tokyo, al riguardo, ha parlato apertamente di provocazioni.
L’aspetto militare è stato sottolineato tanto da Xi quanto da Putin durante quest’ultimo incontro. Cina e Russia, parola dei loro leader, «approfondiranno la fiducia e la cooperazione».
In generale, l’Occidente teme che – assieme – Cina e Russia possano influenzare e non poco altri Stati. E che, appunto, l’ordine mondiale per questo sia minacciato. Ordine che Xi e Putin, come detto, non intendono rispettare. Favorendo, semmai, il dialogo con il Sud globale. Lo stesso Sud che la Svizzera vorrebbe coinvolgere al vertice di pace sul Bürgenstock. Lo stesso Occidente, d’altro canto, sembra insofferente rispetto a questo ordine. Quantomeno se prendiamo in esame alcuni leader politici, Donald Trump in testa, il cui rispetto per le istituzioni democratiche potrebbe essere descritto quantomeno come ondivago.
Il valore degli scambi
Cina e Russia, evidentemente, hanno posizioni simili sulla questione ucraina. «Concordo con Putin su una soluzione politica alla crisi in Ucraina» ha detto, durante la visita del presidente russo, Xi. Sin dai primi accenni di invasione, Pechino ha evitato condanne. Incolpando, semmai, tanto gli Stati Uniti quanto la NATO per lo scoppio del conflitto. E garantendo alla Russia entrate importanti grazie all’acquisto di petrolio.
Xi, detto questo, ha comunque cercato di mantenere le distanze. Se è vero che non ha mai condannato la Russia, allo stesso tempo non ha mai appoggiato apertamente la guerra di Putin. Logico: la Cina, che vanta un PIL otto volte superiore rispetto alla Russia, ha più di un piede nel sistema economico globale. Un sistema ancora dominato dall’America. Eppure, non sono pochi gli analisti che accusano Pechino di aver agito, dietro le quinte, in aiuto della Russia. Come? Fornendo tecnologie militari e, si mormora, perfino scatti satellitari per tenere d’occhio le truppe ucraine.
La Russia, Paese che in molti davano come agonizzante a fine 2022, è stata letteralmente rimessa in piedi dal Dragone. Pechino, infatti, è diventato il principale fornitore di Mosca. Parliamo di automobili, abbigliamento, materie prime e molti altri prodotti. Il commercio tra Cina e Russia ha raggiunto la cifra record di 240 miliardi di dollari nel 2023, in crescita di oltre il 64% dal 2021 – prima dell’invasione russa dell’Ucraina – secondo i dati ufficiali cinesi.
Durante il loro ultimo incontro a Pechino, Xi e Putin hanno sottolineato che le due nazioni ora utilizzano le proprie valute per il 90% degli scambi commerciali, invece dei dollari statunitensi. Putin ha anche affermato di accogliere con favore le case automobilistiche cinesi in Russia, dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato di quadruplicare le tariffe sui veicoli elettrici cinesi, portandole al 100%. L’esportazione di automobili e componenti cinesi, in Russia, ha raggiunto i 23 miliardi di dollari nel 2023, rispetto ai 6 miliardi di dollari dell’anno precedente come spiega la BBC. Il presidente russo, concludendo, ha parlato altresì di «progetti reciproci su larga scala» tra i due Paesi, compresi i piani per costruire congiuntamente aerei ed elicotteri. Secondo i beneinformati, tuttavia, i russi si sarebbero ritirati dal progetto di un velivolo a lungo raggio in collaborazione con il conglomerato cinese Comac.