Il retroscena

Perché Alaska Airlines ha ignorato l'allerta dei suoi tecnici?

Un giorno prima dell'incidente occorso al volo AS 1282 ingegneri e tecnici della compagnia avevano chiesto di far uscire il Boeing 737 MAX 9 dal servizio per sottoporlo a manutenzione – Il vettore, tuttavia, preferì mantenere il velivolo in volo
© National Transportation Safety Board
Marcello Pelizzari
13.03.2024 00:01

Sì, gli ingegneri e i tecnici di Alaska Airlines erano preoccupati. Avevano capito che quell'aereo, divenuto poi celebre come «volo AS 1282», era problematico. Tant'è che avevano espressamente raccomandato, un giorno prima che una porta di emergenza bloccata permanentemente saltasse improvvisamente poco dopo il decollo, di fare uscire il Boeing 737 MAX 9 dalle rotazioni per sottoporlo a manutenzione la sera successiva. Ne dà notizia il New York Times, forte di interviste e documenti. La compagnia, tuttavia, nonostante le evidenze aveva preferito mantenere il 737 in servizio quel 5 gennaio, pur con alcune limitazioni. I controlli del caso, insomma, si sarebbero fatti solo una volta completati i tre voli previsti. 

Poco dopo il decollo del secondo volo di giornata, da Portland, l'incidente. Con la conseguente decompressione incontrollata del velivolo. Incidente che, come noto, ha attirato l'attenzione, da un lato, sui processi di produzione e sicurezza in seno a Boeing, il costruttore, e sulle procedure adottate dalle singole compagnie, nello specifico Alaska Airlines. Di fatto, il vettore nello specifico ha adottato una scelta quantomeno particolare: dare precedenza prima al servizio regolare e, poi, alla manutenzione. Nonostante, appunto, le preoccupazioni espresse dal personale tecnico.

Alaska Airlines ha confermato la sequenza degli eventi riportati dal New York Times, specificando per contro che gli avvisi ricevuti non soddisfacevano i suoi standard per mettere il 737 MAX 9 immediatamente fuori servizio. In particolare, una spia che indica problemi con il sistema di pressurizzazione dell'aereo si sarebbe accesa solo due volte nei dieci giorni precedenti invece delle tre necessarie, secondo gli standard del vettore, per intraprendere azioni più aggressive. Come l'uscita dal servizio. Non solo, Alaska ha più volte sottolineato come non vi siano prove che collegano l'accensione della spia con quanto successo in seguito. Così Max Tidwell, vicepresidente per la sicurezza in seno al vettore: «Dal mio punto di vista di responsabile della sicurezza, guardando tutti i dati, tutti gli indicatori principali, non c'era nulla che mi spingesse a prendere una decisione diversa».

Eppure, gli ingegneri della compagnia avevano chiesto di sottoporre l'aereo a un rigoroso controllo proprio il 5 gennaio. Affinché si potesse capire il motivo per cui la spia si era accesa più volte. Alaska, dicevamo, aveva optato per mantenere il Boeing in servizio. Pur con forti limitazioni: l'aereo, ad esempio, non poteva volare su rotte a lungo raggio sopra l'acqua o in aree continentali remote. Il New York Times, al riguardo, scrive che da giorni e forse da settimane si stavano accumulando prove e segnali circa un problema, importante, dell'aereo. Detto della spia, gli investigatori hanno spiegato che il tappo della porta è scivolato gradualmente verso l'alto. Anche qui, dalle ispezioni visive effettuate nei giorni precedenti l'incidente Alaska non aveva individuato alcun movimento del suddetto tappo.

Secondo un rapporto preliminare pubblicato il mese scorso dal National Transportation Safety Board, prima che la porta si staccasse dall'aereo mancavano quattro bulloni deputati a fissare in posizione il tappo della porta. Il rapporto ha pure individuato e citato una serie di eventi, verificatisi nella fabbrica della Boeing a Renton, che potrebbero aver portato alla consegna dell'aereo senza i bulloni regolarmente al loro posto.

Mark Lindquist, un avvocato che rappresenta i passeggeri del volo del 5 gennaio, ha definito allarmante la vicenda. Di più, Lindquist ha detto che tanto Alaska quanto Boeing, il costruttore, faranno molta fatica a spiegare quanto successo in tribunale. «Quando i giurati scopriranno che gli ingegneri avevano avvertito di mettere a terra l'aereo e che, invece, il vettore lo ha messo in rotazione commerciale, be, si arrabbieranno». Lindquist ha dichiarato che i passeggeri di un volo precedente, con lo stesso aereo, avevano sentito una sorta di fischio provenire dall'area poi saltata. Secondo la documentazione visionata dal New York Times, i passeggeri avevano segnalato il rumore all'assistente di volo che, poi, ne aveva parlato con i piloti. 

L'aereo, prosegue il New York Times, era stato effettivamente messo fuori servizio il 31 dicembre, pochi giorni prima dell'incidente, per un problema alla porta anteriore di ingresso e uscita dei passeggeri. Il velivolo, però, aveva regolarmente ripreso servizio il 2 gennaio, mentre il 3 si era accesa una spia di pressurizzazione durante almeno uno dei voli in programma. Una successiva ispezione dei tecnici di Alaska Airlines si era conclusa con un nulla di fatto o, meglio, con un generico «okay» per continuare a volare. Il 4, la spia si era accesa una volta ancora. 

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: perché i vertici della compagnia non hanno fatto 1+1 e capito che, forse, sarebbe stato meglio mettere subito a terra l'aereo per un'ispezione più approfondita? Altra domanda: l'incidente occorso al volo AS 1282 poteva essere evitato?