Pubbliche, private, riflessive o ironiche: le lettere dei presidenti USA ai loro successori

In principio era nato come gesto spontaneo, sentito. Ma oggi, tra i presidenti degli Stati Uniti, quella di scrivere una lettera al proprio successore è diventata una vera e propria tradizione. Tradizione a cui, ieri, non ha mancato di dare seguito persino Biden. Il presidente uscente – questa volta a parti invertite – ha infatti dedicato a Trump alcune righe, da leggere nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Un gesto che anche il nuovo presidente degli Stati Uniti aveva fatto nei confronti di Biden, in occasione della sua elezione, nel 2021. Di quella lettera, l'81.enne conserva ancora un bel ricordo, a giudicare dalle parole che aveva usato per descriverla. «Era una lettera molto generosa», aveva dichiarato Biden, senza divulgarne il contenuto nello specifico. «Dato che è privata non voglio rivelare cosa c'è scritto». Una riservatezza che ha mantenuto anche quest'anno, confermando di aver scritto, a sua volta, a Donald Trump, seppur dichiarando di voler mantenere il messaggio «privato».
Ma facciamo un passo indietro. Come detto, quella di scrivere al presidente in entrata alla Casa Bianca è frutto di un semplice gesto, compiuto senza la consapevolezza di dare vita a quella che oggi viene identificata come una «tradizione moderna della Casa Bianca». La prima lettera scritta in tal senso fu infatti quella di Ronald Reagan a George H.W. Bush, nel 1989. Quell'anno, al termine del suo mandato come presidente, Reagan «scarabocchiò» qualche riga al suo successore ed ex vicepresidente su un'illustrazione di un elefante – animale mascotte del partito Repubblicano – travolto dai tacchini. «Non lasciarti abbattere dai tacchini», si leggeva sulla didascalia della cartolina. A seguire, alcune parole di Reagan al suo successore.


Un messaggio sentito. L'unico, finora, scritto da un presidente dello stesso partito del suo successore. Nel corso degli anni, i vari scritti – a volte privati, altre volte pubblici, alcune volte discreti e riflessivi, altre ancora più ironici – sono stati inviati e ricevuti sempre da presidenti di partiti opposti. Ma, in ogni occasione, i toni usati per augurare buona fortuna al proprio successore sono stati decisamente più pacati rispetto a quelli utilizzati nel corso della stagione elettorale.
Dopo Reagan, nel 1993, Bush prese spunto dalla lettera ricevuta e ne scrisse una indirizzata a Bill Clinton. Il suo successore democratico, che lo aveva appena sconfitto. «In un certo senso, è stata la nota più difficile da scrivere. Ma è ciò che ha consolidato la tradizione», aveva confessato Bush all'epoca. Il presidente uscente aveva lasciato un bigliettino in cui sosteneva il successo del suo rivale. Una lettera che fece il giro del mondo e ricevette molte approvazioni, soprattutto per «l'umiltà e la civiltà» che trasparivano dallo scritto. Lo stesso Clinton, anni dopo, dichiarò che quel messaggio aveva dimostrato «il cuore di Bush».


2001. Al momento di lasciare la Casa Bianca, anche Clinton continuò la tradizione delle lettere, scrivendo a George W. Bush.


Nel 2009, Bush infilò la sua lettera per Obama nel primo cassetto della Resolute Desk. Insieme a quella lettera, le figlie del presidente uscente, Barbara e Jenna Bush, all'epoca 27.enni, lasciarono un messaggio anche per le figlie di Obama, Natasha e Malia (7 e 10 anni nel 2009). Nel loro messaggio, invitarono le bambine a «ricordare chi fosse davvero il loro papà» e suggerirono loro di «circondarsi di amici fedeli, di giocare sul prato della Casa Bianca e di provare a scivolare lungo la balaustra del solarium». Questo, invece, il messaggio di George W. Bush a Barack Obama.


L'ultima lettera di cui si conosce il contenuto è quella che scrisse Barack Obama a Donald Trump nel 2017. La più lunga, almeno tra quelle rese pubbliche. Un messaggio che lo stesso Trump descrisse come «bellissimo» e dichiarò ai giornalisti di voler conservare.

