L'intervista

Putin, Trump e una tregua «limitata» in Ucraina: «Un passo piccolissimo»

Antonio Missiroli, consulente senior dell’ISPI e già assistente del segretario generale della NATO per le sfide emergenti legate alla sicurezza, commenta il «compromesso» emerso a margine della telefonata fra Mosca e Washington
© AP
Marcello Pelizzari
18.03.2025 20:30

Un filo diretto fra Washington e Mosca. Meglio: una telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin. A tema Ucraina, evidentemente, ma non solo. Uno scambio di vedute che ha soddisfatto le parti, stando ai comunicati. E che, soprattutto, ha prodotto un cessate il fuoco di trenta giorni «limitato alle infrastrutture energetiche». Della serie: la guerra continua, ma intanto è stato compiuto un piccolo, significativo passo verso una possibile soluzione del conflitto. Una buona notizia, dunque? Solo il tempo lo dirà. «Di sicuro, però, possiamo tirare un sospiro di sollievo» spiega, contattato dal Corriere del Ticino, Antonio Missiroli, consulente senior dell’Istituto per gli studi di politica internazionale e già assistente del segretario generale della NATO per le sfide emergenti legate alla sicurezza.

Dottor Missiroli, che cosa può dirci, a caldo, rispetto a questa telefonata?
«Dico che molto, naturalmente, dipenderà da quello che sapremo nelle ore e nei giorni a venire. A caldo, tuttavia, ho l’impressione che il risultato del colloquio fra Trump e Putin sia un compromesso fra la proposta iniziale dell’Ucraina e ciò che lo stesso Putin era o non era disposto a concedere. Mi spiego meglio: gli ucraini chiedevano una tregua più ampia rispetto a quella menzionata a margine della telefonata, comprendente le operazioni aeree e navali, mentre la tregua appena concordata è limitata appunto alle infrastrutture energetiche. Significa, lato ucraino, che Kiev non subirà per i prossimi trenta giorni attacchi alle sue centrali, mentre Mosca potrà salvaguardare le sue raffinerie. Parlerei, quasi, di equilibrio: è chiaro che Putin non poteva uscire da questo colloquio rifiutando un qualsiasi tipo di tregua e che, dunque, qualcosa doveva concedere, ed è altrettanto chiaro che questa concessione fa pure il suo gioco. L’Ucraina, infatti, è stata protagonista di operazioni efficaci contro le raffinerie in territorio russo».

Perché, in generale, possiamo parlare di sospiro di sollievo?
«Perché Putin, fino all’ultimo, e le dichiarazioni di Trump fino a qualche giorno fa ci avevano fatto preoccupare, ha cercato di negoziare non una tregua ma, addirittura, un accordo finale di pace. Un accordo che comprendesse concessioni territoriali e altre richieste di natura politica. Ciò non è avvenuto e, di riflesso, credo che per il momento possiamo tirare un sospiro di sollievo. Ora, come dicevo, molto dipenderà da ciò che succederà nelle prossime ore e nei prossimi giorni».

Una domanda apparentemente banale: possiamo fidarci di Vladimir Putin? E se la Russia violasse questa tregua?
«Bisognerebbe capire, al riguardo, se Putin ha interesse a violare la tregua per ottenere vantaggi tattici, magari manipolando l’informazione e accusando l’Ucraina di averla violata per prima, o se invece preferisce rispettare i patti e, di conseguenza, mantenere una relazione di lavoro con Trump. È chiaro che, dopo essersi speso, ovviamente a modo suo, per arrivare a questo risultato, se Trump vedesse che Putin rompe unilateralmente la tregua la sua relazione con il leader del Cremlino cambierebbe. Un calcolo razionale, insomma, ci dovrebbe portare a pensare che non è né sarà nell’interesse di Putin violare in modo evidente questa tregua. Poi, va da sé, potranno esserci provocazioni e interpretazioni differenti di quanto pattuito».

Gli aspetti più controversi e delicati non sono ancora stati affrontati, non in una maniera che possa, come dire, apparire accettabile da entrambe le parti. Meglio questo piccolo passo, in ogni caso, piuttosto che un fallimento completo

Quali passi andranno intrapresi, dopo questo primo step verso una possibile pace?
«Parlerei di un primo, piccolo passo. Piccolissimo, anzi. Gli aspetti più controversi e delicati non sono ancora stati affrontati, non in una maniera che possa, come dire, apparire accettabile da entrambe le parti. Meglio questo piccolo passo, in ogni caso, piuttosto che un fallimento completo. Siamo di fronte a un compromesso al ribasso, che tuttavia ci dice qualcosa di importante: il filo del negoziato potrebbe continuare».

Parentesi rispetto ai negoziati: come procederà, ora, la guerra? Non ci saranno attacchi alle infrastrutture energetiche, ma Russia e Ucraina continueranno a combattere
«Nei prossimi giorni la Russia cercherà di espellere del tutto le forze ucraine dal Kursk, in modo da togliere a Kiev, in caso di un eventuale negoziato sui territori, l’unica carta che ha, e cioè quella di avere preso il controllo di una porzione di territorio russo. In parte, è ciò che sta già accadendo ed è un chiaro obiettivo di Putin in vista di un accordo. D’altro canto, una tregua così limitata permette a Mosca di continuare le operazioni di terra nel Kursk. Detto del Kursk, continueranno pure i bombardamenti, anche sulla popolazione civile ucraina».

Come dobbiamo leggere, noi europei, questa telefonata? Proprio oggi il Bundestag tedesco ha detto sì a un indebitamento illimitato per riarmo e infrastrutture. Come dire: «Non ci fidiamo degli americani». E certe indiscrezioni, come il fatto che lamministrazione Trump fosse pronta a riconoscere come russa la Crimea, non lasciavano presagire scenari idilliaci.
«Diciamo, innanzitutto, che è difficile se non impossibile cercare di indovinare come si muove e come si muoverà Trump. Non disponiamo degli elementi necessari per farlo. Lo scenario peggiore, come dicevo, non si è verificato e questo, appunto, è un motivo di sollievo. Per il momento, cioè, non ci sono state le concessioni alla Russia che tutti temevano. Resta, però, il dubbio che queste concessioni possano avvenire in una fase successiva. Portiamoci perciò a casa, per ora, semplicemente questo: il fatto che il peggio non sia accaduto. E, parallelamente, cerchiamo in quanto europei di capire come influenzare i passi successivi».

In realtà, la diplomazia europea si è mossa dietro le quinte. Non parlo di Unione Europea, non solo, ma di Europa. Ci sono state diverse missioni a Washington con inviati delle maggiori capitali europee. Il segnale che ha inviato il Bundestag è sicuramente molto positivo

Ecco, come? Limpressione è che lEuropa sia stata confinata in panchina.
«In realtà, la diplomazia europea si è mossa dietro le quinte. Non parlo di Unione Europea, non solo, ma di Europa. Ci sono state diverse missioni a Washington con inviati delle maggiori capitali europee. Il segnale che ha inviato il Bundestag è sicuramente molto positivo. Ora, beh, starà proprio all’Unione Europea lanciare altri segnali, da un lato con il Libro bianco della Commissione Europea e, dall’altro, con il Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo. L’importante, per l’Europa, è prevenire mosse che possano diventare irreversibili, in termini negativi, per l’Ucraina. E, parallelamente, cercare di tenere aperto un filo negoziale che possa contribuire a portare soluzioni decenti e accettabili».