Sicurezza e spesa militare: ma chi investe di più in Europa?

Emmanuel Macron ha lanciato l'allarme. Lo scenario attuale, d'altronde, impone serie riflessioni. Da una parte, Donald Trump e le minacce di disimpegno statunitense in Ucraina e, allargando il campo, in Europa. Dall'altra, la Russia che – citiamo il presidente francese e l'intervista concessa a Le Figaro – «negli ultimi tre anni ha speso il 10% del PIL per la difesa». Tradotto: «Dobbiamo prepararci a ciò che verrà» o, meglio, a un'Europa in grado di alimentare la propria spesa bellica e le proprie industrie per raggiungere l'indipendenza dal sostegno militare statunitense. Paolo Capitini, generale dell'Esercito italiano ed esperto di scienze strategiche e storia militare, ha spiegato al Corriere del Ticino che «i Paesi dell'UE» finora «hanno avuto il lusso di concentrarsi su argomenti assolutamente secondari rispetto al compito essenziale dello Stato, che è garantire la sicurezza». E ancora: «Ci troviamo in una fase di estrema confusione all'interno dell'alta dirigenza europea, perché quello dell'indipendenza militare dagli Stati Uniti è un problema che non aveva mai dovuto affrontare».
Macron, a Le Figaro, ha fissato obiettivi alti o, meglio, più alti rispetto alla media dei Paesi europei (e NATO). «Il 3 o 3,5% del PIL» ha indicato il capo di Stato francese. Secondo le stime del 2024 relative alla spesa per la difesa, disponibili sul sito web dell'Alleanza Atlantica, 21 dei 29 membri europei della NATO – Turchia esclusa – hanno raggiunto la soglia minima del 2% del PIL destinato agli armamenti. Un requisito minimo, questo, stabilito nel 2026 dai ministri della Difesa in seno all'organizzazione. I Paesi, in Europa, che investono maggiormente nelle risorse militari sono, nell'ordine, Polonia, Estonia, Lettonia e Grecia. Varsavia, considerando la sua posizione e il suo passato, anche recente, con la Russia, destina il 4,12% del suo PIL alla difesa. Seguono due ex repubbliche sovietiche (3,43% e 3,15%). Quindi la Grecia (3,08%), che di suo ha più di un problema con la Turchia, Paese confinante e altro membro NATO.
La Polonia, nello specifico, considera Mosca una minaccia diretta alla propria sicurezza, a maggior ragione dopo l'invasione su larga scala dell'Ucraina decisa da Vladimir Putin nel 2022. Per questo, sta rafforzando il suo esercito con investimenti massicci in armamenti e nuove tecnologie. L'obiettivo, dichiarato, è diventare la maggior potenza militare dell'Europa orientale. Non solo, è ancora viva nella memoria collettiva l'occupazione sovietica, cui bisogna aggiungere una profonda sfiducia nella Russia a livello di società civile.
La maggior parte degli altri Europei membri della NATO, per contro, destina circa il 2% del PIL, o poco più, alle spese per la difesa. Fra le «migliori» di questo gruppo citiamo la Lituania (2,85%) e la Finlandia (2,41%) – anche in questo caso complice la vicinanza storica e geografica con la Russia – come pure la Danimarca, il Regno Unito e la Germania. La Francia, che Macron sta in un certo senso cercare di svegliare, è di poco sopra al 2%. Sei Paesi, infine, spendono meno del 2%. Fra questi figurano il Portogallo e la Spagna, all'ultimo posto con appena l'1,28% del PIL destinato alla spesa militare.
Per decenni, ed è – questa – una delle maggiori critiche dell'amministrazione Trump all'Europa, i Paesi del vecchio continente hanno delegato il costo della loro sicurezza agli Stati Uniti, riducendo di riflesso la spesa. Washington, per intenderci, nel 2024 ha destinato il 3,38% del PIL alla difesa. In realtà, dal 2014 a oggi la spesa complessiva per la difesa dei Paesi europei della NATO è aumentata del 75%, sempre secondo i dati ufficiali dell'Alleanza Atlantica. Una crescita che, agli occhi di Trump, non è ancora sufficiente.