Spirit Airlines sull'orlo del fallimento: il futuro delle low cost è a rischio?
Ryanair e le altre: le compagnie low cost stanno rallentando, è la fine di un'era? È il titolo di un approfondimento, pubblicato alla fine di agosto, dedicato ai numeri – in calo – registrati dai vettori che offrono (almeno teoricamente) prezzi stracciati. A distanza di alcune settimane, Spirit Airlines sta valutando la possibilità di ricorrere al Capitolo 11, la principale norma fallimentare della legislazione statunitense. L'obiettivo: ristrutturarsi dopo un'eventuale dichiarazione di bancarotta.
Ne dà notizia, prima di tutti, il Wall Street Journal. Spiegando che, al netto di continue e crescenti difficoltà finanziarie, l'ultima goccia – quella che ha fatto traboccare il vaso – sarebbe stata la mancata fusione con JetBlue Airways. Il quotidiano statunitense riferisce che il vettore ha discusso con gli obbligazionisti un accordo di ristrutturazione attraverso, citiamo, una transazione extragiudiziale. Allo stesso tempo, i recenti colloqui si sarebbero concentrati sul raggiungimento di un accordo con gli obbligazionisti e gli altri creditori per ricorrere al citato Capitolo 11. Una norma fallimentare che, in sostanza, consentirebbe a Spirit di ristrutturare il proprio debito e rinegoziare i contratti. Continuando, allo stesso tempo, a volare.
Lo scorso agosto, durante una conferenza stampa, il presidente e amministratore delegato della compagnia, Ted Christie, aveva dichiarato che l'azienda stava discutendo in maniera attiva le strategie per affrontare le future scadenze del debito. Sottolineando quanto fossero importanti e prioritarie queste discussioni, senza tuttavia fornire dettagli o indicazioni circa l'esito. Spirit è alle prese con perdite, ricavi in calo e un debito piuttosto consistente, pari a 3,3 miliardi di dollari. In ballo ci sono anche 1,1 miliardi di dollari (e oltre) in obbligazioni garantite con scadenza entro la fine del 2024. La compagnia, per ora, ha reagito tagliando le rotte e prevedendo una riduzione della capacità di quasi il 20% nell'ultimo trimestre dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2023. Spirit, fra le altre cose, ha dovuto anche convivere con il richiamo dei motori Pratt & Whitney e con un conseguente grounding forzato di parte della flotta. Lo scorso mese, invece, 186 piloti erano stati licenziati durante la cura dimagrante cui era stata sottoposta la compagnia.
E dire che, mesi e mesi fa, le prospettive erano decisamente migliori. Non tanto, o non solo, per il boom di domanda generato dall'uscita dalla pandemia, ma perché Spirit era a tanto così dal fusionare con JetBlue. Con l'idea di creare la quinta compagnia aerea per dimensioni e network degli Stati Uniti. Dopo American, United, Delta e Southwest, già. Un giudice federale, a gennaio, aveva tuttavia bloccato la proposta di fusione. E questo perché, citiamo, l'unione avrebbe ridotto la concorrenza e danneggiato i consumatori, a maggior ragione quelli attenti ai costi e abituati alla presenza di un vettore ultra-low cost. Di riflesso, le due compagnie avevano rinunciato in via definitiva al matrimonio. Adducendo problemi legali e normativi «insormontabili».