Woodstock: 53 anni fa il Festival che definì una generazione
Sono passati cinquantatré anni da quel 15-17 (e 18) agosto del 1969. Il giorno in cui ebbe inizio la Fiera della Musica e delle Arti di Woodstock, meglio nota con il nome di "Festival di Woodstock". L'evento si tenne nella bella e bucolica Bethel, una cittadina dello Stato di New York, in un momento in cui la cultura hippie si trovava all'apice della sua diffusione nazionale. Inizialmente pensato (e pubblicizzato) come un evento di provincia, il Festival ebbe un successo inaspettato: sui 600 acri di terreno che l'allevatore Max Yasgur accettò di affittare agli organizzatori, si riunirono infatti, secondo diverse stime, fra le 400 mila e le 500 mila persone. All'evento parteciparono trentadue fra musicisti e band più in vista all'epoca. Woodstock doveva durare tre giorni, ma si estese sul quarto a causa di una serie di ritardi dovuti anche alla pioggia che flagellò il Festival. Ad aprire le danze fu Richie Havens, che nella sua esibizione improvvisò una versione di Motherless Child poi divenuta un successo internazionale.
Richie Havens al Festival di Woodstock
L'ultimo ad esibirsi sul palco? Jimi Hendrix, che nel concerto più lungo della sua carriera (oltre due ore) propose una reinterpretazione dell'inno statunitense, The Star-Spangled Banner, che è rimasta nella leggenda per la sua forza, anche politica: l'abbondante uso di feedback e distorsioni imitava i suoni prodotti da razzi e bombe. Quelli che al tempo cadevano sul Vietnam.
Jimi Hendrix si esibisce in Star-Spangled Banner
Furono «tre (quattro, ndr) giorni di pace e musica rock», così spesso viene tracciato il Festival, che definirono un'intera generazione: quella della totale libertà e del pacifismo, in forte contrapposizione alla Guerra Fredda e al conflitto in corso in Vietnam.
Un pacifismo mai ritrovato
Nonostante l'alto numero di persone presenti, le decine di arresti per droga, migliaia di problemi medici segnalati e due decessi (uno attribuito a un'overdose, l'altro a un investimento; alcune fonti riferiscono di tre morti totali, con due overdosi), a Woodstock non furono segnalati episodi di violenza. Una vera e propria rarità per un evento di tali dimensioni. Un esempio? Lo stesso revival del Festival tenutosi a 30 anni di distanza dall'originale: Woodstock '99. Organizzato, come il precedente, nello Stato di New York ma nella località di Rome (nella ex base militare Griffiss Air Force Base), ospitò anch'esso circa 400 mila persone. Ma le cose andarono molto diversamente. Tre i morti: un altro investimento e due collassi dovuti alle alte temperature registrate. Ma, soprattutto, furono segnalati diversi casi di molestie e stupri, oltre a innumerevoli danneggiamenti alle strutture del Festival. Per dirla in poche parole, dal sentimento di pace registrato 30 anni prima, si era passati a uno di rabbia.
Due documentari sono stati prodotti su quello che è stato più volte definito il "peggior evento musicale della storia". Il più recente è stato pubblicato due settimane fa da Netflix, e si intitola Trainwreck: Woodstock '99.
Ecco il trailer della docuserie che parla di un revival pieno di «rabbia, rivolte e danni concreti»: