L'intervista

«Penso sia giunto il momento in cui il Luganese si debba sedere a un tavolo e darsi una risposta da solo»

Parola a Stefano Wagner, a lungo consulente tecnico della Commissione regionale dei trasporti del Luganese, sugli screzi con il Cantone per quanto riguarda le opere infrastrutturali della regione: «Il tarlo nel sistema c'è da oltre dieci anni»
Stefano Wagner davanti a una cartina che rappresenta il PAL3 ©Chiara Zocchetti
Federico Storni
24.04.2025 06:00

Qualche settimana fa Consiglio di Stato (CdS) e Commissione regionale dei trasporti del Luganese (CRTL) hanno consegnato il Programma d’agglomerato di quinta generazione (PAL5) a Berna, al termine di un percorso travagliato che poteva sembrare così ricucito. Ma nel segnalare la consegna ai Comuni del Luganese, il CdS ha colto l’occasione per criticare nuovamente l’operato della CRTL. Abbiamo chiesto cosa stia succedendo al pianificatore Stefano Wagner, a lungo consulente tecnico proprio della CRTL.

Ingegnere, lei da un anno ormai non segue più la CRTL. È stata una sua scelta?
«Diciamo che ho preferito allontanarmi da solo dopo che nella primavera del 2024, con la presentazione dell’impostazione del PAL5, l’Autorità cantonale ha scelto di passare ad una modalità di comunicazione che di fatto rendeva superflua la mia posizione di capoprogetto responsabile del coordinamento operativo fra il CdS e la CRTL, che per suo compito istituzionale rappresenta i Comuni del Luganese. Le regole del gioco erano molto chiare, ma il CdS ha deciso di voler comunicare direttamente con i Comuni, saltando di fatto le procedure concordate nella convenzione con la CRTL, previste del resto dalla stessa normativa cantonale. Insomma, non è mica difficile capire quando si è “scomodi” ed è sempre meglio prendere il cappello prima di essere “fatti andare”».

Sono i «bisticci su delle cavolate» di cui ha parlato di recente il presidente della CRTL Filippo Lombardi?
«Diciamo che le “cavolate” c’entrano sempre quando non si va d’accordo, su questo concordo con il presidente, ma magari una lettura più approfondita il Luganese, in quanto polo economico cantonale, dovrebbe farla, perché il problema mi sembra più profondo. Al terzo programma di agglomerato elaborato dalla CRTL, e dopo che i primi due hanno portato decine di milioni di contributi finanziari alla regione, una nuova leva di funzionari cantonali ha pensato che fosse giunto il momento di “prendere in mano le redini”, imponendo con presunte “direttive” come allestire il PAL5 alla CRTL».

Però ciò sembra essere un problema solo per il Luganese: per gli altri tre PA5 non si registrano accese discussioni.
«Nessuno me ne voglia, ma mi viene da dire: “grande agglomerato, grandi problemi, piccolo agglomerato…”. Il Luganese del PAL2/PAL3 contava quasi 90 Comuni, quello del PAL5 comunque ancora 44. Gli altri agglomerati, tranne forse il Locarnese, si riuniscono ormai in città-polo con pochi comuni di cintura. Questo per dire che il Luganese è una realtà più complessa in termini di gestione, e forse per chi in Cantone è alle prime armi questa è stata un po’ una sorpresa. Non si tratta solo di personalismi, almeno a mio modo di vedere la sostanza del problema riguarda il modo di lavorare fra istituzioni. Il pesce, infatti, “puzza sempre dalla testa”!».

Ho cominciato in un periodo in cui la Città aveva un ruolo tutt'altro che subalterno nei confronti del Cantone

Cosa si è rotto allora? E quando?
«Professionalmente sono nato in un periodo in cui le cose si facevano insieme ai vari livelli istituzionali, con un ruolo tutt’altro che subalterno delle Città e dei loro agglomerati nei confronti del Cantone: in fondo lo “Stato” è e dovrebbe essere uno solo. È stato un periodo di grande progettualità, di pianificazione nel vero senso del termine (anche politico-istituzionale) e soprattutto di grandi successi. Ad esempio Università, Cardiocentro e Accademia dell’architettura nascono in questo contesto. Idem a livello di mobilità: la galleria Vedeggio-Cassarate, opera cardine della progettualità regionale, è stata fortemente voluta, sull’arco di oltre 30 anni, da tutti i comuni del Luganese e dalla CRTL che li rappresentava. Sono opere che il Cantone ha recepito e aiutato a portare a compimento, in un ruolo di supporto e di facilitatore.
Poi però dalla progettualità si è passati sempre più a un vacuo dirigismo che oserei persino chiamare rieducativo; il Piano direttore cantonale, ad esempio, con la revisione del 2007 diventa meno uno strumento che dà una capacità di governare lo sviluppo cantonale e più uno di vaghi indirizzi e compiti di coordinamento dell’amministrazione cantonale sull’attività comunale. Basti citare l’approccio scelto al tema del dimensionamento delle zone edificabili con la scheda R6 del Piano direttore: tutti i Cantoni hanno fatto e concluso il lavoro, tranne il Ticino che lo ha scaricato sui Comuni. La conseguenza è che la burocrazia, con la sua amministrazione debordante, prende il sopravvento sulla capacità del sistema istituzionale locale e regionale di sviluppare progettualità, comportando ormai anche una forte disaffezione persino tra gli addetti ai lavori. L’affermazione ricorrente che “tanto a Bellinzona non te lo lasceranno fare” mi arriva sempre più spesso nelle orecchie. E intanto la progettualità langue e la situazione non sta certo migliorando: penso ai guai del progetto tram-treno, della circonvallazione Agno-Bioggio, o delle gallerie del Basso Malcantone».

Ricorda specifici momenti di rottura?

«Nel PAL3 la CRTL aveva provato ad avanzare delle proposte di soluzioni sistemiche al problema con l’Autorità cantonale e forse qui si è “inceppata” una prima volta la macchina nei rapporti istituzionali. Poi nel 2014, quando l’allora consigliera federale Doris Leuthard ha inaugurato la galleria Vedeggio-Cassarate, lodando il Canton Ticino per la sua capacità di risparmiare sui preventivi(!), almeno 30-40 sindaci si sono guardati domandandosi dove fossero finiti i soldi di questo risparmio, visto anche che i costi del Piano dei trasporti del Luganese (ndr: che è poi in gran parte confluito nei PAL) erano costantemente aumentati. In quel momento ci si è resi conto che mancava anche una forma di responsabilità per la “cassa comune”, cosa che portò alla proposta, mai concretizzata, di creare un fondo infrastrutturale del Luganese. La cassa avrebbe permesso di ovviare anche a un altro problema, quello della limitata capacità operativa dell’amministrazione cantonale di portare avanti più grandi progetti contemporaneamente nel Luganese, anziché uno alla volta.
L’idea della cassa, pur se fatta in una logica di collaborazione fra Luganese e Cantone, creò un forte malumore nell’amministrazione cantonale che, di fatto, si sentiva a rischio di esautorazione da una macchina di potere molto importante, vale a dire le grandi opere con i loro appalti. Evidentemente, si preferirebbe continuare a comandare anche se le cose non vanno avanti; con il risultato che poi arriva la Confederazione a imporre una nuova modalità di gestione della realizzazione del sistema tram-treno tramite una società creata ad hoc. Più chiaro di così…».

Supponendo che questa sua lettura sia corretta, crede si possa ancora raddrizzare la rotta?

«Il tarlo nel sistema c’è ormai da ben oltre dieci anni. Si è provato a saltare il PAL di quarta generazione per vedere se le cose sarebbero tornate a funzionare ma, come spesso succede in una coppia, una pausa di riflessione non basta da sola a risolvere i problemi, tant’è che nell’ultimo decennio nel Distretto non si è quasi battuto un chiodo. Personalmente penso che sia giunto il momento in cui il Luganese debba sedersi a un tavolo e darsi una risposta da solo, analizzando quanto successo in quest’ultimo decennio e alzandosi con una propria posizione, conscio che ha la responsabilità di essere il polo economico cantonale anche nell’interesse del resto del Ticino».

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