Perché si torna a parlare della Sindrome dell'Avana

Mal di testa, vertigini, nausea e affaticamento, confusione, difficoltà di concentrazione, insonnia e dolore alle orecchie. Sono questi i malesseri che, negli anni, hanno colpito numerosi diplomatici e agenti governativi statunitensi. Tanto da darle un nome: Sindrome dell’Avana, dai primi casi registrati nel 2016 in alcuni membri del personale dell’ambasciata USA nella capitale cubana. Il rapido diffondersi delle stesse problematiche a livello mondiale, sempre in ambasciate e consolati americani, ha in passato scatenato il panico oltreoceano. C'è dietro un'arma? Se sì, chi è il nemico? Tra le varie ipotesi, ora ne è spuntata un'altra, già emersa in passato. Il responsabile sarebbe la Russia.
Un'indagine durata cinque anni di The Insider, magazine investigativo di esiliati russi, in collaborazione con il programma 60 Minutes della CBS e Der Spiegel – che peraltro riporta altri probabili attacchi fin nel 2014 al consolato USA di Francoforte –, evidenzia che ci sarebbe l'unità 29155, un gruppo d'élite dell'intelligence militare russa (GRU) dietro alla cosiddetta Sindrome dell'Avana. La 29155 è un'unità top secret del servizio segreto militare russo operante da una decina d'anni e specializzata in sovversione, sabotaggio e assassini, anche in Europa. Ufficialmente il giallo è ancora irrisolto, è bene precisarlo. Quel che è certo è che quegli episodi non sono un caso isolato.
Il caso del 2014
All’inizio di novembre del 2014 un pugno di diplomatici del consolato americano lamentò gli stessi sintomi descritti due anni dopo dai loro colleghi all’Avana. Mark Lenzi era uno di loro, fu risarcito dallo Stato ma accusa Washington di non avere indagato abbastanza, a quei tempi. Quei casi sono la chiave di tutto «e avrebbero dovuti essere indagati con più attenzione», ha raccontato a Der Spiegel. Un’altra vittima ha parlato con Insider sotto falso nome: Joy. È la moglie di un funzionario dell’ambasciata americana a Tiblisi, in Georgia. Il 7 ottobre del 2021 la donna stava tirando fuori la biancheria dall’asciugatrice quando ha sentito un suono acuto, simile a quello che viene usato nei film dopo una bomba. «Mi perforò le orecchie, mi travolse da sinistra, come se qualcosa fosse entrato dalla finestra direttamente nel mio orecchio». Joy sentì «immediatamente la testa pesante» e le «scoppiò un mal di testa lancinante». Poi, il vomito. Addestrata a situazioni d’emergenza, uscì di casa. Lì scorse una Mercedes nera parcheggiata davanti casa. Accanto c’era un uomo. Telefono alla mano, scattò due foto, allo sconosciuto e alla targa (che nel frattempo si stava allontanando). Tre anni dopo, quando le mostrarono la foto di una spia dell’unità 29155 del GRU (i servizi militari russi, appunto) la donna lo riconobbe subito. L’uomo fermo davanti alla porta di casa era la spia russa Albert Averyanov.
Studi e dati contrastanti
All’argomento sono state dedicate decine di studi frequentemente promossi dallo stesso Governo statunitense. L’obiettivo dichiarato? Dare un nome al nemico. Ma col passare dei mesi e degli anni, risultati e teorie proposti dai differenti rapporti sono apparsi confusi e, spesso, contrastanti. Da una parte, gli studi del Journal of the American Medical Association (2018) e delle National Academies of Sciences, Engineering and Medicine (2020), che pur ammettendo di non saper ancora fornire dati definitivi, parlavano di «radiazioni a microonde» o «attacchi sonici» (vedi box sotto) come della causa più plausibile dei «danni cerebrali e perdita di udito» da loro riscontrati fra alcuni pazienti. Idea confutata da molti esperti e studi. Come quello dell’FBI, divenuto pubblico nel 2018 in seguito a una fuga di notizie, nel quale si sottolineava di non aver trovato alcuna prova di ipotetici attacchi con armi soniche. O lo studio di JASON (gruppo di scienziati che fornisce consulenza al Governo su materie sensibili), terminato nel 2018 ma desecretato solo nel 2021, che definiva come «altamente improbabile» il coinvolgimento di simili futuristici armamenti.
Mentre nel 2021 lo sguardo di Washington si era rivolto più a est, vedendo nella Russia il principale indiziato per gli ipotetici attacchi, la pubblicazione a gennaio 2022 di una valutazione provvisoria da parte della CIA ha in sostanza accreditato la tesi sull’MPI, la malattia psicogena di massa. E cancellato l’ombra di un potenza straniera sui misteriosi malesseri. Secondo Robert Bartholomew (sociologo specializzato nei fenomeni d’isteria di massa, che abbiamo intervistato) e il neurologo Robert Baloh (tra i massimi esperti mondiali del sistema vestibolare), la psiche giocherebbe un ruolo fondamentale nel diffondersi della sindrome: un effetto nocebo (il contrario del più famoso placebo).
L'inchiesta
Ora, come detto, rispunta l'ipotesi unità 29155 russa. Un esito che contrasta con le conclusioni tratte lo scorso anno dagli 007 USA, secondo cui è «molto improbabile» che dietro questo fenomeno ci sia una potenza straniera. L'inchiesta giornalistica ipotizza che i dirigenti americani avessero fissato un'asticella troppo alta per le prove perché forse non volevano trovarsi di fronte a sgradevoli verità. Come il possibile fallimento nel proteggere gli americani, spiega Greg Edgreen, un tenente colonnello dell'esercito ora in pensione che ha condotto le indagini del Pentagono sulla sindrome dell'Avana. «Purtroppo non posso entrare nei dettagli, trattandosi di materiale classificato, ma posso dirvi che fin dall'inizio ho iniziato a concentrarmi su Mosca», ha aggiunto. Edgreen sottolinea ad esempio che le persone colpite erano tutte «top performer» (stavano lavorando «estremamente bene» su o contro Mosca). «E c'era costantemente un nesso con la Russia, c'era un punto in cui tutti avevano lavorato contro la Russia, o si erano concentrati sulla Russia, e lo avevano fatto estremamente bene», evidenzia.
Un fil rouge confermato anche da Mark Zaid, un avvocato che rappresenta oltre due decine di vittime, tra cui membri della CIA, dell'FBI e del dipartimento di Stato: «L'unico filo comune tra la maggior parte, se non tutti, dei miei clienti, a parte i membri della famiglia collegati al dipendente, era che tutti stavano facendo qualcosa relativo alla Russia».
A sostegno della nuova tesi, oltre al denominatore comune delle vittime, anche la presenza sulla scena di agenti dell'unità 29155 e le promozioni o i premi da loro ottenuti per lo sviluppo di «armi acustiche non letali».
L'indagine giornalistica svela i nomi di alcuni sospetti. Il primo è quello del defunto Vitalii Kovalev, arrestato in Florida nel 2020 per eccesso di velocità a bordo di un'auto dentro la quale fu trovato anche un apparecchio capace di cancellare i dati computerizzati del veicolo, compresi i tracciamenti GPS. Il giornalista di Insider Christo Grozev suggerisce che era una spia di Mosca. Kovalev studiò in un istituto militare, apprendendo nozioni di radioelettronica, e dopo due anni di lavoro in un istituto militare divenne improvvisamente chef a New York e Washington. Fu interrogato per 80 ore da un'agente dell'FBI rimasta vittima della misteriosa arma «sonica» e dopo 30 mesi in galera tornò in Russia nel 2022, morendo l'anno dopo in Ucraina: «Una teoria è che sia stato mandato al fronte per essere eliminato», ha detto Grozev. L'altro nome è quello di Albert Averyanov, figlio del comandante dell'unità 29155, che sarebbe stato presente nel 2021 a Tbilisi, in Georgia, in coincidenza con i sintomi subiti da un diplomatico e dalla sua famiglia.