«Quattro anni e nulla è cambiato», cosa ha fatto Greta Thunberg?
Quattro anni. 1461 giorni. Tanto è trascorso dalla «comparsa» di Greta Thunberg sulla scena. Una (allora) ragazzina che da Stoccolma iniziò a far sentire la sua voce chiedendo ai politici di affrontare il tema del cambiamento climatico. E che in breve tempo è diventata la voce delle nuove generazioni. Il bilancio di questi anni è contenuto in un tweet della 19.enne, che negli scorsi giorni ha condiviso una foto che la ritrae il 20 agosto 2018, suo primo venerdì di sciopero da scuola con l'obiettivo di chiedere ai politici svedesi di affrontare il tema del cambiamento climatico: «Siamo ancora qua ma la crisi climatica è ancora assente dal dibattito. Stiamo ancora correndo nella direzione sbagliata».
Oggi come allora, in Svezia si avvicinano le elezioni. L'11 settembre gli svedesi voteranno infatti per il rinnovo del parlamento e dei consigli regionali e comunali. Quattro anni fa, dopo poche settimane dal primo sciopero scolastico di Greta, vinse (nuovamente) la coalizione social democratica con i Verdi. L'attivista, dal primo «picchetto» davanti al Parlamento del suo Paese è passata a confrontarsi con i grandi leader mondiali, senza mai smettere di chiedere a gran voce che il modo di governare tenga finalmente conto del clima, diventando la «paladina» dei movimenti contro il cambiamento climatico
Ma cosa è cambiato nel mondo da quando Greta Thunberg ha fatto la sua comparsa sulla scena climatica? La sua protesta ha effettivamente sortito effetti concreti?
Dal Riksdag a Katowice
Nel 2018 Greta ha 15 anni. Con la giacca gialla (diventata iconica) e un cartello chiede al Governo di ridurre le emissioni di anidride carbonica, come in fondo previsto dall’accordo di Parigi. «Skolstrejk för klimatet», ovvero «Sciopero della scuola per il clima». Tutti i giorni del mese di agosto sono dedicati alla protesta. Il 9 settembre è il giorno delle elezioni legislative. Ma lei non si ferma: ogni venerdì è davanti al Riksdag di Stoccolma. La sua immagine inizia a fare il giro del web. E lo slogan Fridays For Future viene accolto da studenti delle scuole di tutto il mondo.
Il 6 ottobre 2018, Greta Thunberg decide di portare la sua protesta in Europa, partecipando alla manifestazione Rise for Climate davanti al Parlamento europeo, a Bruxelles. Il 31 ottobre è invece a Londra alla manifestazione organizzata da Extinction Rebellion. Il 4 dicembre 2018 arriva a parlare di fronte alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Cop 24 di Katowice, in Polonia.
«Il mio nome è Greta Thunberg, ho quindici anni e vengo dalla Svezia. Molte persone dicono che la Svezia sia solo un piccolo Paese e a loro non importa cosa facciamo. Ma io ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza. Se alcuni ragazzi decidono di manifestare dopo la scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente. Voi parlate solo di una crescita senza fine in riferimento alla green economy, perché avete paura di diventare impopolari. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo casino. Nel 2078 festeggerò il mio settantacinquesimo compleanno. Se avrò dei bambini probabilmente un giorno mi faranno domande su di voi. Forse mi chiederanno come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire. Voi dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, ma state rubando loro il futuro davanti agli occhi. Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale. Non siamo venuti qui per pregare i leader a occuparsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no».
Anche al WEF di Davos
Ispirati da Greta Thunberg, massicci scioperi scolastici iniziano nel novembre 2018. Dall'Australia agli Stati Uniti, passando per il Giappone, in almeno 270 città, Svizzera compresa. E pochi mesi dopo, il 25 gennaio 2019, l'attivista svedese interviene al World Economic Forum (WEF) di Davos, raggiungendo la Svizzera in treno e partecipando all'Arctic Basecamp dove trascorre le notti in una tenda a -15°C: un evento che, per il terzo anno consecutivo, riunisce scienziati a margine del Forum per «inviare un messaggio urgente» ai partecipanti e ai potenti del mondo sull'aumento delle temperature nell'Artico. Ha appena compiuto 16 anni.
«La nostra casa sta bruciando», dichiara in un incontro con la stampa. «Secondo l'IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) siamo a meno di 12 anni dal momento in cui non potremo più correggere i nostri errori. A Davos si sentono storie di successo, un successo economico per il quale si paga però un prezzo altissimo. Stiamo fallendo, ma abbiamo ancora tutte le possibilità nelle nostre mani, dipende da voi e da me e la soluzione è così semplice che anche un bambino la vede: dobbiamo fermare le nostre emissioni di gas a effetto serra. L'attivismo? Cosa dobbiamo fare se non c'è volontà politica?».
In Europa «i più grandi malfattori di tutti i tempi»
Il 21 febbraio 2019 parla a Bruxelles, davanti all'allora presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. E rivendica le lotte delle centinaia di migliaia di studenti liceali che scioperano e manifestano da mesi per il clima con scadenza settimanale. Chiede ai politici di «fare i loro compiti, perché – dice – noi abbiamo fatto i nostri». «Se l'UE deve dare il suo contributo equo per restare nell'obiettivo del limite di 2 gradi» dell'accordo sul clima di Parigi, «significa un minimo dell'80% di riduzione entro il 2030», ricorda guardando dritto negli occhi Juncker e rivolta alla platea con un discorso durato dieci minuti. «Quindi, circa il doppio dell'ambizione rispetto alla proposta attuale», aggiunge esortando l'UE a rilanciare i propri obiettivi. «Sperate che noi giovani faremo qualcosa per fermare il riscaldamento globale, ma purtroppo non faremo in tempo a raggiungere i posti di potere per farlo». Semplicemente «perché questo tempo non c'è. Se non facciamo qualcosa entro il prossimo decennio, allora i nostri successi e progressi sono stati vani. Allora tutto quel che resta dei nostri leader politici sarà il più grande fallimento della storia umana -, conclude l'attivista - e saranno ricordati come i più grandi malfattori di tutti i tempi, perché avranno scelto di non ascoltarci e di non agire».
Il 15 marzo 2019 lo sciopero salva-pianeta è un evento record. Una protesta che tocca tutti i continenti. Le strade si riempiono di persone, colori e slogan. Si svolgono cortei in 1.700 città, comprese quelle di nazioni tra le più inquinate al mondo come India, Cina, Russia e paesi dell'America Latina. In tutto il mondo le nuove generazioni aderiscono al Global Strike for Future. Le manifestazioni vedono l'adesione anche degli studenti svizzeri: secondo le cifre fornite dagli organizzatori, 12.000 a Zurigo, 10.000 a Losanna e 8.000 a Berna. Circa 2.000 giovani si piazzano pure davanti a Palazzo delle Orsoline, a Bellinzona, dopo avere sfilato lungo la parte bassa di Viale Stazione brandendo cartelloni e urlando «On est plus chaud que le climat!» e «Giù le mani dal nostro futuro».
«Non vi perdoneremo mai»
Il 23 settembre è in programma il Climate Action Summit delle Nazioni Unite, a New York. Greta Thunberg raggiunge gli Stati Uniti in barca a vela, la Malizia II, in un viaggio di due settimane. «Il mio messaggio è che vi terremo d'occhio». Quando le viene data la parola, non le manda a dire: «Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall’altro lato dell’Oceano. Eppure venite a chiedere la speranza a noi giovani. Come osate? Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote, e io sono tra i più fortunati. Le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica? Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai».
La più giovane Persona dell'anno
A fine 2019 Greta Thunberg viene scelta come Persona dell'anno e finisce sulla copertina del Time. È la più giovane personalità di sempre mai scelta dal magazine per la storica cover che dal 1927 ogni dicembre viene attribuita alla persona che, nel bene o nel male, ha segnato l'anno che sta per concludersi. Greta ha battuto il presidente Donald Trump, la speaker della Camera Nancy Pelosi, la «talpa» che ha messo in moto la procedura per l'impeachment contro il presidente USA e i manifestanti di Hong Kong. «Per aver suonato l'allarme sulla relazione predatrice dell'umanità con l'unica casa che abbiamo» e «per aver mostrato cosa succede quando una nuova generazione prende la guida»: «È riuscita a trasformare vaghe ansie sul futuro del pianeta in un movimento mondiale che chiede un cambiamento globale».

I am Greta
Poi è scoppiata la pandemia di COVID-19. «Lo sciopero lo facciamo online». Greta Thunberg spiega che il movimento per il clima non si è fermato, ma si è organizzato localmente, in modo autonomo. Anche con azioni virtuali e simboliche. «Non dovremmo mettere a confronto due crisi diverse, ma questo dimostra che siamo in grado di gestire una crisi come tale - dice in un'intervista rilasciata a National Geographic a fine novembre 2020 -. E tutto questo probabilmente cambierà il modo in cui percepiremo le crisi e la risposta alle crisi stesse. E dimostra chiaramente che la crisi climatica non è mai stata trattata come una crisi. Viene trattata come una questione pubblica e importante, come un argomento politico. Ma non è così, perché è una crisi esistenziale». In pratica: quando tratteremo la crisi climatica come una vera crisi, potremo cambiare le cose e ottenere risultati.
Alla 77. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e al Toronto International Film Festival viene presentato il documentario I am Greta. Il regista svedese Nathan Grossman ha seguito la giovane nel suo primo anno di attivismo, cogliendone il lato genuino e profondamente umano. Una prospettiva che rivela la personalità celata dietro alla «guerriera», una ragazza pronta ad abbandonare la sua comfort zone e a sopportare haters e scettici in nome di un ideale. «Felice anno nuovo! – scrive lei sui social a Capodanno -. Possa il 2021 essere l'anno del risveglio e del vero cambiamento coraggioso. E continuiamo tutti la lotta senza fine per il pianeta vivente».
Bla bla bla
Vogue Scandinavia le dedica la copertina di agosto 2021. Una vera e propria dichiarazione di intenti. Greta Thunberg, 18.enne, sulla cover indossa un trench upcycled e nell'intervista spiega come il suo approccio alla moda sostenibile passi attraverso la scelta di non acquistare nulla da anni e di personalizzare, riparare e prendere in prestito i capi.

Ma il 2021 è soprattutto l'anno della COP26, l’annuale conferenza sul clima organizzata dall’ONU. E del «bla bla bla» pronunciato da Greta. La prima volta, all’ONU, aveva gridato in faccia, ai potenti della Terra, tutto il suo sgomento: «Come vi permettete» di distruggere il pianeta? Subito, quella frase - «How dare you?» - era diventata una sorta di manifesto globale dell’indignazione. A fine novembre ritorna, a Milano, alla conferenza dei giovani sul clima Youth4Climate, in vista della conferenza delle Nazioni Uniti: «Dai leader mondiali sentiamo solo parole, bla bla bla. Parole bellissime che non hanno portato a nessuna azione. Noi vogliamo giustizia climatica, e la vogliamo ora». Un «bla bla bla» ripetuto durante i lavori, mentre i leader erano dentro e lei fuori, sotto la pioggia di Glasgow: «I veri leader siamo noi, voi fate bla bla bla». E, di nuovo, anche a pochi giorni dalla conclusione del summit sul clima: «I risultati della COP26 sono ancora più vaghi del solito. Sono riusciti ad annacquare il bla bla bla. Questa è una conquista».
Nel 2022 il libro
Alla fine di marzo 2022 Greta Thunberg annuncia il libro The climate book, in uscita in ottobre (a novembre 2022 in italiano, ed. Mondadori). «Tutte le storie di questo libro sono inquietanti prese singolarmente, ma sono anche collegate strettamente come tutti noi. E quando inizi a connetterle tra loro e a comprenderle come parte di una rete di eventi, acquisiscono rapidamente un altro significato molto più allarmante». Il libro riunisce un parterre senza precedenti di più di 100 autorevoli esperti, attivisti e comunicatori sulla destabilizzazione climatica contemporanea. A insigni scienziati del calibro di Johan Rockström, Michael Mann, Katherine Hayhoe, Friedrike Otto, Stefan Rahmstorf, Saleemul Huq e Carlos Nobre si affiancano l'economista Thomas Piketty, la scrittrice Margaret Atwood, e poi ancora Tedros Adhanom Ghebreyesus, Naomi Klein e Amitav Ghosh. The Climate Book offrirà una panoramica globale su come le molte crisi del pianeta si collegano tra loro, raccontando la verità nuda e cruda sul come e il perché il nostro mondo sta cambiando.
Un approccio cambiato?
Il 28 aprile 2022 Politico pubblica un lungo articolo sul cambiamento di approccio dell'attivista. La grande esposizione mediatica ricevuta avrebbe spinto Greta Thunberg a ridurre drasticamente la propria presenza sui media, con l’obiettivo di fare emergere le molte voci di altri giovani attivisti e attiviste che in tutto il mondo organizzano incontri e iniziative per parlare di crisi climatica e non solo. Personalità che sono emerse proprio durante la pandemia di coronavirus. Come a dire «si parla troppo di Greta Thunberg, anche tra capi di governo e politici, mentre bisognerebbe dedicare più spazio ai milioni di studenti che con Fridays for future chiedono ai vertici di agire sull’emergenza climatica». Se nei primi anni di attivismo i suoi discorsi si basavano su evidenze scientifiche, crescendo e viaggiando ha capito anche cosa significa il cambiamento climatico per le persone, già nel presente. Questa nuova visione ha continuato a espandersi nei due anni di pandemia, quando i numerosi lockdown in giro per il mondo per ridurre i contagi da coronavirus hanno reso più difficile l’organizzazione di grandi eventi di piazza, con centinaia di migliaia e a volte milioni di partecipanti dei Fridays for future. E online è entrata in contatto con responsabili di gruppi di attivisti in altre aree del mondo, dove il cambiamento climatico ha già portato a frequenti eventi estremi, come lunghi periodi di siccità o alluvioni. Persone che devono affrontare problemi urgenti. Negli ultimi mesi, Greta ha cercato di ridurre la propria presenza sui mezzi di comunicazione e di promuovere e far conoscere le altre persone che fanno parte di Fridays for future e di altri movimenti che si occupano del cambiamento climatico. Già alla COP26 e in altri eventi pubblici si era presentata con diversi gruppi di attivisti, lasciando loro spazio davanti alle telecamere.
Ancora, ancora e ancora
Avanti veloce fino all'estate 2022. «Questa non è "la nuova normalità". La crisi climatica continuerà a intensificarsi e a peggiorare finché mettiamo la testa sotto la sabbia e diamo la priorità al profitto e all'avidità rispetto alle persone e al pianeta. Stiamo ancora camminando come sonnambuli verso il bordo del precipizio». Lo scrive su Twitter l'attivista commentando un post del meteorologo Scott Duncan sulle temperature «roventi» registrate in Europa occidentale.
Poi, l'altro giorno, il tweet: «Ho iniziato a scioperare da scuola il 20 agosto 2018 in vista delle elezioni generali svedesi. Sono passati 4 anni da allora e una nuova elezione è alle porte. Siamo ancora qui, ma la crisi climatica è ancora assente dal dibattito. Le persone più colpite, provenienti dalle aree più colpite, vengono ancora messe a tacere. Le persone al potere sembrano ancora dedicare tutto il loro tempo a distrarre, ritardare e negare i cambiamenti necessari che ci attendono. Le emissioni di CO2 non si stanno riducendo, ma continuano ad aumentare. Il mondo continua a espandere le infrastrutture per i combustibili fossili e a versare quantità astronomiche di denaro nella distruzione. Stiamo ancora correndo nella direzione sbagliata. La strada da percorrere è davvero lunga, ma siamo ancora qui e non abbiamo intenzione di andare da nessuna parte». Il 2 e il 9 settembre si terranno due manifestazioni dei Fridays for Future volte a mettere pressone sui politici svedesi per indurli a prendere un impegno più concreto sull’ambiente prima del voto di domenica 11.
Sono trascorsi quattro anni. Quindi, da parte di alcuni, la domanda: «I Fridays for Future sono serviti a qualcosa?». Che in pratica si traduce in «Cosa ha fatto Greta Thunberg in questi 1461 giorni?». Certo, perché invece di guardare a quello che i leader mondiali fanno (e non fanno), si pretende che sia una giovane donna a cambiare il mondo, da sola. E si punta il dito contro di lei che denuncia i problemi, mentre in politica regna l'immobilismo. «Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito», recita un proverbio trovato sui biscotti della fortuna. Un ragionamento che non fa una piega.