Vacanze

Sale ancora la popolarità di colonie e campi estivi diurni

Nel 2022 è stato riscontrato un aumento di partecipanti, che potrebbe verificarsi pure quest'anno – Varie occasioni per formarsi come animatore, anche per chi non lavora nel campo dell'educazione – Marco Galli (UFaG): «La lontananza da casa favorisce l'autonomia dei bambini»
© CHIARA ZOCCHETTI
04.08.2023 19:00

Dopo due anni all’insegna dell’instabilità dettata dal coronavirus, le colonie estive tornano alla normalità.

Un aumento generale

I dati del Dipartimento della Sanità e della Socialità (DSS) mostrano che, lo scorso anno, si è verificato un aumento dei partecipanti a colonie residenziali rispetto al 2020 e al 2021. I bambini e ragazzi sono stati infatti 2.273, cifra che segna il ritorno ai livelli pre-COVID. Anche i campi estivi diurni e i centri extrascolastici hanno riscontrato una crescita del numero di iscritti. «Dopo la pandemia c’è stata la riscoperta delle colonie, delle iniziative come Tandem e dei campi estivi diurni», ci comunica Marco Galli, capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFaG). «Per quest’anno non abbiamo ancora i dati definitivi ovviamente, ma dai riscontri ricevuti possiamo dire che i partecipanti e il numero delle giornate di colonia del 2022 sembrano confermati. Magari, addirittura, andremo incontro a un ulteriore aumento».

Ad esempio, l’associazione Atgabbes ha avuto il tutto esaurito. «Per le nostre colonie residenziali e diurne ci sono state tantissime richieste. Purtroppo, non siamo riusciti a soddisfarle tutte», spiega Paola Bulgheroni, referente del settore tempo libero dell’associazione. «I gruppi erano ormai al completo da tanto tempo, perché applichiamo il principio di continuità delle iscrizioni. Comunque, non ci aspettavamo così tanta domanda». Atgabbes organizza colonie residenziali, campi diurni estivi e attività autunnali e invernali alle quali possono prendere parte bambini e adulti con disabilità. Anche il centro extrascolastico Polo Sud – attivo tutto l’anno con pre-scuola, servizio mensa e doposcuola – ha riscontrato un buon successo del suo campo estivo Vacanze natura. «C’è stato un incremento del 30% delle iscrizioni rispetto al 2022. Gli iscritti sono 370 in totale», dice Matteo Cheda, presidente del centro. «Anche se i 370 partecipanti non sono presenti tutti i giorni, per offrire un servizio di qualità e seguire al meglio bambini e ragazzi abbiamo creato piccoli gruppi in funzione della fascia d’età. Andiamo dai 3 ai 13 anni».

Corsi di formazione

Per garantire la qualità di colonie e campi estivi diurni occorrono anche animatrici e animatori preparati. L’associazione Cemea si occupa proprio di questo. «Proponiamo due tipi di attività di formazione: uno stage residenziale della durata di 9 giorni, durante il quale i partecipanti acquisiscono le competenze teoriche e pratiche di base, e alcune giornate nel fine settimana per approfondire un tema specifico, come la lettura ad alta voce o gli spettacoli di burattini», chiarisce Paolo Bernasconi, segretario generale di Cemea. Da qualche anno, la formazione come animatore sta acquisendo sempre più popolarità. «Gli iscritti sono 30, massimo 35 per lo stage di base. Ma c’è un crescente interesse nel voler seguire corsi per specializzarsi, dato che l’offerta di giornate di colonia sta aumentando, soprattutto dopo la pandemia».

La maggior parte dei monitori e delle monitrici collabora su base volontaria. «Il volontariato è una risorsa importantissima, che permette a colonie e campi estivi di avere luogo. Si tratta poi di un’esperienza che fa curriculum per tutti i giovani, dagli universitari a chi ha già un lavoro», dichiara ancora Marco Galli. Non è solo, dunque, per chi è intenzionato a diventare docente. «Tutti possono diventare animatori, l’unico requisito è avere almeno 18 anni. È vero che la maggior parte dei giovani interessati intende poi lavorare nel mondo dell’educazione, ma non per tutti è così. Ci sono stati anche adulti attivi in settori totalmente diversi che sono poi diventati monitori», precisa Paolo Bernasconi, segretario generale di Cemea. La formazione proposta dal centro è fornita da animatori con esperienza, che possono essere anche educatori, docenti o psicologi.

Valore pedagogico

Colonie e campi estivi diurni non rappresentano soltanto momenti di svago per i bambini. Sono anche occasioni per crescere, grazie soprattutto alla caratteristica residenziale delle colonie. «In famiglia è difficile assumersi responsabilità, ma non durante una colonia: semplici azioni come preparare i vestiti da indossare il mattino, apparecchiare o fare la lavastoviglie contribuiscono a sviluppare un senso di indipendenza», afferma Paolo Bernasconi. Poi, da non dimenticare il distacco dalla famiglia. «Il valore pedagogico delle colonie risiede anche nell’imparare a stare lontani dai genitori. Specialmente all’inizio è difficile, però favorisce senz’altro l’autonomia del bambino», conclude Marco Galli. Ad ogni modo, l’importante è «affidarsi a enti riconosciuti, che rispettino determinati criteri di qualità e di sicurezza». 

«Crescere un figlio oggi è più complesso rispetto a 30 anni fa»

L’offerta estiva di strutture di presa a carico dei bambini è molto importante. Non solo per farli divertire e crescere, ma anche per rispondere alle necessità dei loro genitori. In primis, quella di conciliare famiglia e impegni lavorativi. Problema che si pone, tuttavia, anche durante l’anno scolastico. Basti pensare agli orari delle lezioni, le quali iniziano e finiscono quando la maggior parte dei genitori è sul posto di lavoro, o al mercoledì pomeriggio libero. È qui che entrano in gioco le strutture di accudimento, come nidi dell’infanzia, centri extrascolastici e famiglie diurne. Tre soluzioni che possono contribuire a soddisfare il bisogno di conciliabilità. Ma rispondono davvero alle necessità attuali delle famiglie? «Negli ultimi anni, credo che l’offerta di queste strutture sia migliorata. Ce ne sono sempre di più che offrono una presa a carico pre- e post-orario scolastico, o il servizio mensa sul mezzogiorno. Però non c’è ancora uniformità sul territorio», afferma Pierfranco Longo, presidente della Conferenza cantonale dei genitori (CCG). «Un’offerta ricca, accessibile e soprattutto distribuita in modo capillare, favorisce senza dubbio la conciliabilità. Bisogna quindi continuare a investire in questa direzione».

Più complicato per alcuni

Un investimento ancora necessario, malgrado i passi avanti fatti, per non dimenticare alcuni segmenti della popolazione. «Crescere un figlio è più complesso oggi rispetto a trent’anni fa. In effetti, i dati dell’Ufficio cantonale di statistica ci dicono che, all’arrivo del primo figlio, un genitore – nella maggior parte dei casi la madre – riorganizza la propria vita lavorativa, passando da un’occupazione a tempo pieno a una a tempo parziale, o smettendo di lavorare. La maggioranza delle madri teme anche un peggioramento delle prospettive lavorative. Inoltre, il numero di famiglie monoparentali è cresciuto tanto negli ultimi anni e questi nuclei famigliari hanno molte difficoltà nel conciliare i vari impegni. È anche da mettere in evidenza la situazione di quelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano a condizioni salariali basse: per loro la conciliabilità è quasi una questione di sopravvivenza e dignità», precisa Longo. «Si deve fare di più se si vuole che i genitori conservino e sviluppino il loro impegno sul fronte professionale, in maniera più marcata rispetto a oggi».

Il ruolo della scuola

Un altro aspetto da considerare, quando si parla di conciliabilità di lavoro e famiglia, è la situazione scolastica dei figli. In caso di difficoltà di vario genere, diventa più complesso per mamme e papà continuare a concentrarsi sul lavoro. «Se bambini e ragazzi devono far fronte a problemi come bullismo, perdita di motivazione o diagnosi di dislessia e disturbo dell’attenzione, la scuola assume un ruolo molto importante. È chiaro che se non ci sono collaborazione e fiducia tra essa e i genitori, questo aggiunge una pressione ulteriore all’equilibrio tra impegni famigliari e lavorativi», continua lo stesso Pierfranco Longo. In sintesi, istituti scolastici solidi sono un punto di riferimento per i figli, ma anche un sostegno non indifferente per i genitori.

Scarsità di forza lavoro

La conciliabilità di famiglia e lavoro, però, non andrebbe a beneficio solo del singolo, secondo il presidente della CCG. In un contesto di declino demografico, anche la collettività trarrebbe vantaggio. «Nel dibattito pubblico si è affermata la preoccupazione per la scarsità crescente di forza lavoro. Migliorare la conciliazione di scuola, lavoro e accudimento organizzato è la chiave per far restare attivi i genitori nel mondo del lavoro, continuando quindi a contare su una risorsa già formata e produttiva. Se la politica e la società civile riconoscessero che la nascita di un bambino è un fatto di rilevanza pubblica, i tempi per formulare proposte condivise sarebbero più brevi». 

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