Scontro in galleria: il Cantone chiede 5 milioni agli ingegneri

Se quel malloppone è un progetto di massima, figuriamoci uno definitivo. Sedici cartelle piene di testi, disegni e tabelle che abbiamo potuto visionare negli uffici del Cantone in base alla Legge sulla trasparenza. «È l’ingegneria, bellezza» potrebbe dirci un professionista del settore citando una frase da film tanto cara alla stampa. Eppure, tutto quel lavoro non ha portato a sorrisi e strette di mano. Anzi, è sfociato in una richiesta d’indennizzo milionaria da parte del Cantone al consorzio che ha elaborato il documento.
Ricapitolando
Comincia tutto, almeno pubblicamente, lo scorso 1. dicembre, quando il consigliere di Stato Claudio Zali annuncia la rinuncia a realizzare la circonvallazione Agno-Bioggio nel tratto sotterraneo fra il vallone e l’aeroporto. Lo fa criticando apertamente gli ingegneri autori del progetto di massima, che per l’opera hanno ipotizzato una spesa totale attorno ai 240 milioni. Un preventivo, questo, che il gruppo a cui è stato affidato il progetto definitivo ha dovuto correggere verso l’alto, per usare un eufemismo: di milioni ne servono 500. Così la circonvallazione viene tagliata e il Cantone torna a studiare soluzioni alternative per il tratto di Agno. Nel frattempo commissiona una perizia esterna sulla differenza fra i due preventivi e chiede al consorzio del progetto di massima un risarcimento di 5 milioni di franchi. Una soluzione al contenzioso non è ancora stata trovata. E sul caso vige il più stretto riserbo.
Perché non prima?
Cosa contiene il documento della discordia? Come si è arrivati a un preventivo così basso? Di sicuro non ignorando la presenza della falda acquifera lungo il tragitto sotterraneo fra l’aeroporto e il vallone, come ipotizzavano superficialmente alcuni. L’analisi del terreno è stata fatta, ma fin da subito è emersa la mancanza di alcuni dati che forse, se già disponibili o se raccolti per tempo, avrebbero portato a una stima dei costi più corretta. Sul progetto di massima, consegnato al Cantone nel 2018, si legge che «il quadro geologico e geotecnico» deriva da conoscenze acquisite in passato per altre varianti della circonvallazione e per il progetto del tram, nonché da «indagini eseguite in zone limitrofe per scopi diversi e ritenute interessanti». Tuttavia, «le informazioni sono localmente lacunose» e «in questa fase non sono state eseguite indagini geognostiche mirate ad un miglior riconoscimento del sottosuolo». Inoltre, «lo studio del comportamento della falda acquifera nella piana (…) e della quota falda di progetto esulano dal nostro mandato, pertanto sono trattate in un incarto separato». Avrebbero potuto aiutare i cosiddetti piezometri: dispositivi che permettono di calcolare la pressione interstiziale dell’acqua all’interno di una falda sotterranea. Sul piano del Vedeggio ce ne sono diversi, «ma purtroppo molti sono andati distrutti o sono stati interrati». Tutte le analisi necessarie saranno effettuate dopo, durante il progetto definitivo, ma perché non prima, viste le difficoltà che presentava il terreno e la necessità di allestire un preventivo con un grado di errore massimo del venti percento? Di chi è stata la scelta? Nelle loro conclusioni, comunque, i primi ingegneri parlano di un quadro «sufficiente per un progetto di massima», aggiungendo che i progettisti della fase successiva avrebbero valutato «la necessità di ulteriori indagini».
Archimede e l’effetto diga
Gli ingegneri del progetto definitivo cominciano a lavorarci nel settembre del 2021 e fin dalle prime battute, oltre ad alcuni dubbi tecnici, sorgono delle perplessità sulla spesa ipotizzata nel progetto di massima. Non si pensa ancora che si arriverà a raddoppiarla. Gli approfondimenti proseguono con una serie di analisi che permettono di avere una visione chiara sul sottosuolo, sulla falda e su come realizzare la galleria. Qui dobbiamo aprire una parentesi complessa, ma non saltatela: è importante. Uno degli aspetti da considerare per la costruzione di un tunnel sotterraneo in falda, cioè in un terreno completamente saturo d’acqua, è il principio di Archimede, secondo cui un corpo immerso in un fluido subisce una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato. Lo stesso può accadere alla galleria, e per contrastare questa forza ascendente ci sono più soluzioni. Gli ingegneri del progetto di massima – lo studio capofila del consorzio non aveva un’esperienza specifica nella progettazione di gallerie sotterranee in un contesto come quello di Agno, ma si era appoggiato a specialisti esterni – hanno pensato a un basamento pesante, mentre per gli ingegneri del progetto definitivo – che una certa esperienza con i tunnel invece ce l’hanno – quel manufatto è sottodimensionato e presenta altresì un rischio idrogeologico: generare un effetto diga sotto terra deviando l’acqua diretta verso il Ceresio sopra al manufatto, dove concentrandosi potrebbe salire verso la superficie e creare un alluvionamento. Preferiscono quindi un sistema di micropali che, agendo come degli ancoraggi, potrebbero tenere ferma l’opera pubblica, oltre ad alcuni pozzi sotterranei che permetterebbero di captare e indirizzare l’acqua della falda. Una soluzione, questa, che è con tutta probabilità migliore della precedente, ma anche molto più costosa.
Inerti e rincari
A far lievitare la spesa totale contribuisce anche la stima sui costi di smaltimento del materiale di scavo: considerando lo scenario più caro, cioè trasportare gli inerti nella Svizzera interna, siamo a una trentina di milioni in più rispetto al progetto di massima, ma va detto che negli ultimi cinque anni, secondo gli addetti ai lavori, la situazione nel settore è cambiata e il Cantone ha meno opzioni di un tempo. Un altro elemento da considerare è il costo dei materiali e in generale il rincaro che ultimamente, fra pandemia e guerre, ha interessato le opere del genio civile: parliamo almeno di un più quindici percento.
Un messaggio forte
Tutto questo, nel luglio dello scorso anno, porta gli ingegneri del progetto definitivo a stimare una spesa complessiva di oltre cinquecento milioni. Quando il Cantone lo viene a sapere, decide di prendersi del tempo per una verifica con degli specialisti esterni, e questi confermano la bontà della previsione: cinquecento, milione più milione meno. Il resto è storia pubblica, potremmo dire. Non ancora la fine della storia, però. Il Dipartimento del Territorio, come detto, sta studiando delle alternative per non abbandonare Agno nelle spire del suo traffico quotidiano, e qualcosa prossimamente potrebbe essere comunicato. A precisa domanda, in dicembre, Zali aveva parlato di «mesi, non anni». Poi c’è il contenzioso con il gruppo del progetto di massima: un caso piuttosto raro. Un caso che rappresenta un messaggio forte da parte dello Stato e che ha creato choc nel settore. Potrebbe segnare un prima e un dopo nei rapporti fra enti pubblici e ingegneri, o architetti: se gli autori di questo progetto di massima dovessero passare alla cassa, i colleghi, nei loro futuri preventivi, potrebbero esser portati a stimare i costi più verso l’alto, che verso il basso. Dire se ciò sarebbe un bene o un male, è abbastanza difficile. Come fermare la spinta di Archimede.