Se Donald Trump vuole sfidare il dipartimento di Giustizia
Non si placano le acque tra Donald Trump e le autorità americane. Dopo l'incriminazione a seguito dei rapporti intrattenuti con la pornostar Stormy Daniels e le accuse della scrittrice Jean Carroll che hanno visto il tycoon colpevole di aggressione sessuale e diffamazione, adesso sono gli avvocati della difesa dell'ex presidente a scagliarsi niente meno che contro il dipartimento di Giustizia americano. Al centro delle contestazioni, questa volta, ci sono le indagini sui documenti classificati rinvenuti nella residenza di Mar-a-Lago. Vediamo insieme che cosa è successo.
La parola alla difesa
Ma come mai il Department of Justice (DoJ) è finito nel mirino di Trump? Il team legale ha già mosso delle prime accuse: c'è la percezione che l’indagine contro l’ex presidente americano non venga condotta secondo tutti crismi del caso. Tanto da arrivare a parlare, come riporta il Guardian, di cattiva condotta e ostruzionismo da parte delle autorità di giustizia. Queste motivazioni si rifanno all'indagine sulla complicata vicenda di Mar-a-Lago, la residenza in Florida dell’ex presidente, dove l’FBI aveva ritrovato alcuni documenti riservati e classificati che erano rimasti in suo possesso. Il dipartimento di Giustizia sta cercando di far luce sulla vicenda e di capire se in quella tenuta ci fossero anche delle carte relative alla sicurezza nazionale e se queste siano state spostate. Tutti fatti che il tycoon ha sempre negato. Vanno oltre i suoi avvocati, secondo i quali a Trump non dovrebbe essere mossa nessuna accusa per quanto successo. La ragione? Alcuni procuratori incaricati di quel caso, che lavoravano sotto il consulente speciale Jack Smith, attualmente a capo dell'indagine contro Trump, si sono impegnati in ciò che viene considerato dai difensori una cattiva condotta. Le accuse esatte contro il DoJ non sono ancora chiare ma gli avvocati di Trump sarebbero particolarmente infastiditi anche da un altro fatto. A loro dire il problema sarebbe Jay Bratt, capo della sezione di controspionaggio e spionaggio del Dipartimento di Giustizia, il quale «una volta avrebbe cercato di indurre un testimone a confermare qualcosa che questi aveva rifiutato».
Davanti al procuratore generale
Per queste ragioni, nella giornata di lunedì, è avvenuto un incontro chiarificatore tra il team legale e gli alti funzionari del dipartimento di Giustizia. In particolare, riferisce la CBS News, per conto di Trump hanno presenziato gli avvocati Jim Trusty, John Rowley e Lindsay Halligan che hanno parlato con Smith – a capo dell'indagine – e con un funzionario di alto livello del vice procuratore generale. Ma non solo. Questo incontro arriva a settimane di distanza dalla data in cui era stata domandata un'altra udienza al DoJ. In quell'occasione, spiega ancora il Guardian, il team di Trump aveva richiesto nientemeno che l'incontro con il procuratore generale Merrick Garland. E, anche in questo caso, sarebbe stato per poter sollevare rimostranze contro quello che viene considerato dalla parte come un trattamento ingiusto nei confronti di Trump, riguardo alla gestione di documenti riservati, rispetto agli altri ex presidenti. «Nessun presidente degli Stati Uniti, nella storia del nostro Paese, è mai stato indagato in modo così oltraggioso e illegale», si legge nello scritto di Trusty e Rowley. Una richiesta, quella degli avvocati, che esula un po' dai costumi della giustizia americana. Dove i legali possono sì richiedere di incontrare i pubblici ministeri ma, solitamente, non si tratta del procuratore generale. Una regola che vale in particolare per le indagini dei procuratori speciali.
Si indaga ancora su Mar-a-Lago
C'è da aggiungere che richieste di questo tipo da parte degli avvocati, di solito, si traducono in una nota interna nei confronti del procuratore speciale ma non dovrebbero portare a un ritardo nello svolgimento dell'indagine penale. Anche perché il lavoro del DoJ non si frema: ci sono dei punti nell'indagine di Mar-a-Lago che sono ancora tutti da chiarire. Tanto per cominciare, il tracciamento e l'identificazione di alcuni documenti inerenti alla sicurezza nazionale. I procuratori, secondo quanto riferito al Guardian, hanno anche recentemente domandato ai testimoni comparsi davanti al Gran Giurì se Trump «abbia mostrato materiale sensibile, tra cui un documento riguardante un'azione militare contro l'Iran» e si sta cercando di capire se questo documento sia stato trattenuto dal tycoon. Inoltre, si deve far luce su quanto materiale riservato si trovasse nella residenza dell'ex presidente e se questo sia stato successivamente spostato. Soprattutto dopo che, lo scorso giugno, l'avvocato di Trump Evan Corcoran, aveva rinvenuto 38 documenti classificati nel deposito di Mar-a-Lago, riferendo al dipartimento di Giustizia che «non c'era altro materiale nella proprietà». Punto che è stato successivamente messo in dubbio alcuni mesi dopo, nel momento in cui l'FBI aveva trovato e sequestrato altri 101 documenti riservati.