Sognare, in casa FC Lugano, richiede pazienza e coerenza

Un esiguo margine per sognare. Solo al momento di evocare il futuro stadio, ipotizzandone il nome: «AIL Arena avrebbe senso... ». Giusto un poco di solletico all’immaginazione dei tifosi bianconeri. Per il resto, il CEO dell’FC Lugano Martin Blaser ha abbracciato il 2024 e il girone di ritorno con i piedi ben piantati a terra. Quasi e solo prosa. E, una volta di più, la sensazione di osservare un enorme cantiere. Un cantiere la cui direzione lavori sa esattamente dove vuole andare. Ma la cui tangibilità, almeno all’esterno, resta esercizio complicato.
Non sorprende, insomma, se in alcuni frangenti - durante la prima parte della stagione - si sia percepito un leggero scollamento tra la società e il suo core business: la prima squadra. Proprio Blaser, elencando i buoni propositi per l’anno nuovo, ha parlato di «coraggio nel riconoscere gli errori». Come pure della centralità della «comunicazione, che è la cosa più importante». Certo, il massimo dirigente del club guardava all’azienda tutta. Allo «sviluppo delle sue molteplici componenti». Ma è proprio nella protezione e nel sostegno di Mattia Croci-Torti e dei suoi uomini che la dirigenza, negli ultimi mesi, è parsa poco coraggiosa o non sempre chiara. Ciò, e lo sottolineiamo con l’evidenziatore, non significa relativizzare l’operato degli altri dipartimenti. Anzi. In fondo, a determinare la durabilità dell’FC Lugano e la sua futura competitività sono progetti che - in questa fase - rifuggono i riflettori. Le classifiche. I discorsi da bar.
Di qui la necessità (e la difficoltà) di ricercare un sano equilibrio nei rapporti con la piazza. Nel vendere il prodotto bianconero sia agli sponsor, sia ai cuori che battono sul territorio. No, non ci siamo ancora. Ma affinché le parti riescano ad allinearsi, lo sforzo dovrà essere reciproco. Per esempio accettando che la «breaking news» annunciata con entusiasmo da Blaser - il rinnovo triennale dell’accordo con il premium partner GTL - possa davvero essere paragonata al prolungamento del contratto del Crus o di capitan Sabbatini. Ma pure senza infastidirsi se la campagna acquisti per l’organigramma societario continua a essere più movimentata del mercato invernale.
Tutto ciò, si badi bene, non pone il Lugano al riparo da potenziali cortocircuiti. Men che meno dalla pressione. Ai mattoncini accumulati pazientemente negli uffici di via Pioda e a fianco di Cornaredo, d’altronde, si è voluto affiancare ambiziosi obiettivi sportivi. E per domani, non nel 2029. Chi ha a cuore le sorti bianconere, detto altrimenti, non potrà esimersi dal giudicare la coerenza (o meno) del club. Perché per chiudere nei primi tre posti in Super League e accarezzare una nuova Coppa Svizzera vi sono determinate condizioni da garantire. A livello di rosa: e il 31.enne Arnaud Souquet, potenziale sostituto di Allan Arigoni, non invita esattamente a fantasticare. Come pure sul piano pratico, considerato che il Lugano è forse l’unica formazione del massimo campionato ad allenarsi su un campo di dimensioni non regolamentari, il C.
Mattia Croci-Torti, c’è da scommetterci, non si lascerà intimidire dalle avversità, dall’ennesimo infortunio di un pezzo da novanta e nemmeno dai prudenti slanci di una dirigenza - checché se ne dica - succube di Chicago. Alcuni ossimori, quindi, continueranno a scandire la quotidianità bianconera. Come chiedere a gran voce di essere fra le migliori tre compagini del Paese e però, riprendendo un passaggio del monologo di Blaser, non poter dare per acquisiti - nella pianificazione contabile - i profitti generati dalle competizioni UEFA. Oddio, sognare in grande non costa nulla. A due anni e mezzo dall’avvento di Joe Mansueto, i margini per farlo non sono tuttavia così ampi. Non ancora, perlomeno.