Convegno

«Alla Svizzera mancano politici come Flavio Cotti»

Le testimonianze di ex funzionari e le relazioni con l'estero sono state al centro della seconda giornata in onore dell'ex consigliere federale — Numerosi gli aneddoti di chi ha lavorato al suo fianco per molti anni: «Era esigente»
© Keystone/Alexandra Wey
Luca Faranda
14.05.2023 20:57

«Visionario», «uomo di cultura», «gran lavoratore», ma anche «esigente» e orientato più alle soluzioni che ai problemi. È questo il ritratto di Flavio Cotti emerso nella seconda giornata del convegno del PPD di Locarno dedicato all’ex consigliere federale. Dopo la commemorazione ufficiale di venerdì (cfr. edizione del CdT di sabato), la mattina seguente al Palacinema  numerosi interlocutori - tra cui vari ex ambasciatori e funzionari - hanno spiegato attraverso aneddoti e testimonianze le sfumature di Cotti come politico e come uomo.

Dapprima chi lo ha conosciuto in qualità di consigliere di Stato, tra il 1975 e il 1983. Da una parte ricordando l’impegno politico - ad esempio nella pianificazione territoriale, ma Cotti ha anche dato il via alla possibilità di riattare i rustici - e dall’altra rimarcando più volte la dedizione al lavoro e l’ispirazione cristiana del locarnese. «Era molto disponibile e soprattutto era un gran lavoratore», ha ricordato Pierfranco Venzi, già segretario di concetto del Dipartimento Economia Pubblica. «Un uomo di cultura», ha voluto rimarcare l’avvocato e imprenditore  Tito Tettamanti, ricordando con affetto - e trattenendo a stendo le lacrime - i colloqui avuti con Cotti negli scorsi decenni.

Autorevole, non autoritario

Flavio Cotti, morto nel dicembre del 2020 all’età di 81 anni, ha però lasciato una traccia indelebile anche a Berna: tredici anni in Consiglio federale (dal 1987 al 1999), di cui sei a capo del Dipartimento federale dell’interno (DFI) e sette come «ministro» degli Esteri. In due occasioni, nel 1991 e nel 1998, è stato anche presidente della Confederazione.

«Era molto esigente. Alle 5.30 era già in ufficio e diverse riunioni erano in programma alle sei del mattino», ha sottolineato Walter Fust, ex Segretario generale del DFI. E chi si presentava poco preparato? «Era meglio chiudere le finestre», ha aggiunto ridendo Fust, snocciolando aneddoti su aneddoti della sua carriera al fianco di Cotti. «Non era autoritario, ma autorevole», ha tenuto a precisare Livio Zanolari, ex portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), che nella sua lunga carriera diplomatica è stato al servizio di sei consiglieri federali. Per Philippe Roch, ex direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente, Cotti si è dimostrato «un visionario» in materia di politica ambientale.

Le sfide di ieri e di oggi

La mattinata al Palacinema di Locarno è stata anche un’occasione per riflettere sul presente e sul passato. «Neutralità e politica estera erano allora come oggi le sfide più difficili», ha ricordato l’ex Segretario di Stato al DFAE Peter Maurer. Per l’ex presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), Cotti con la sua spinta europeista - era favorevole all’adesione all’UE - ha dato un’impronta fondamentale ai dossier e alla politica estera della Svizzera, nonostante le difficoltà del periodo. Un concetto ribadito anche dai tre ex ambasciatori presenti, Raimund Kunz, Claude Altermatt e Dante Martinelli, che hanno ricordato il voto sullo Spazio economico europeo (SEE) del 1992  - allora Cotti era in Governo, ma non «ministro» degli Esteri - e soprattutto la questione dei fondi ebraici nelle banche elvetiche. La politica estera, il concetto di neutralità e le relazioni con l’Unione europea hanno così preso il sopravvento nella discussione.

«Cotti in realtà non voleva inserire riferimenti alla neutralità nel rapporto di politica estera del 1993», ha rivelato l’ex ambasciatore Altermatt.

«Impasticciati con l’UE»

Per il diplomatico Alexis Lautenberg - che tra le altre cose è stato per anni a capo della missione svizzera presso l’UE a Bruxelles - «oggi siamo impasticciati nelle relazioni con Bruxelles. L’Unione europea è sempre meno disposta a entrare nei dettagli sulle nostre specificità e anche noi abbiamo difficoltà ad adattarci».

«È vero, siamo impasticciati, ma bisogna andare avanti», gli ha fatto eco Filippo Lombardi, secondo cui ci vorrebbe nuovamente una personalità come Cotti in Consiglio federale. «Alla Svizzera mancano politici come Flavio. Uno che riesca a convincere il resto del Governo e le forze politiche elvetiche. Bisogna cercare di riaprire un negoziato che dia una prospettiva di accettazione a Bruxelles e anche al popolo svizzero», ha spiegato  l’ex «senatore» nelle battute finali, ricordando che Cotti si è speso molto anche per il senso di coesione nazionale.