Divieto per le adozioni internazionali: «Non si possono escludere abusi»

«Una profonda revisione del sistema attuale non sarebbe sufficiente a evitare ogni rischio di pratiche irregolari». È per questo motivo, su raccomandazione di un gruppo di esperti, che il Consiglio federale lo scorso gennaio ha preso la decisione di principio di porre fine alle adozioni internazionali. Un annuncio che ha sollevato un vero e proprio polverone sin dal primo giorno e che con il passare delle settimane non si è ancora placato. «Ho ricevuto molte lettere con commenti di ogni tipo su questo argomento», ha ammesso oggi il consigliere federale Beat Jans, rispondendo a una serie di domande poste da vari consiglieri nazionali, tra cui i ticinesi Giorgio Fonio (Centro) e Simone Gianini (PLR).
«Per il Consiglio federale è chiaro che non si devono più permettere irregolarità come quelle che si sono verificate in passato nelle adozioni internazionali. Secondo gli esperti consultati, anche con una legge sulle adozioni riveduta ed efficace e con l’impiego di notevoli risorse, rimane incerto se gli abusi possano essere completamente evitati. Il Consiglio federale sottolinea che il progetto di legge mira a prevenire futuri abusi e a proteggere il benessere dei bambini», si è giustificato il «ministro» della Giustizia, sostenendo che questa sia «l’opzione migliore».
Le critiche all’indirizzo dell’Esecutivo, pertanto, sono state rispedite al mittente: «Non ho nulla di cui scusarmi», ha risposto Jans a una domanda diretta di Fonio. «Il Consiglio federale è consapevole della delicatezza dell’argomento e attribuisce grande importanza al fatto che nel dibattito pubblico non si stigmatizzino i figli adottivi o i genitori adottivi», ha aggiunto Jans, ricordando che «in nessuna delle sue dichiarazioni sull’adozione internazionale degli ultimi anni, il Consiglio federale ha criticato o addirittura incolpato gli attuali genitori adottivi di eventuali abusi. Al contrario, riconosce che ci sono adozioni condotte correttamente e che hanno avuto successo per i bambini e i genitori».
La legge non prima del 2030
Stando ai rapporti vi sono indizi di pratiche illegali, tra cui tratta di minori, documenti falsi e mancanza di informazioni sulla provenienza. «Anche con riforme profonde del sistema attuale e della Convenzione dell’Aia, non si possono escludere abusi nelle adozioni internazionali», ha poi ribadito Jans, riconoscendo tuttavia che la Convenzione dell’Aia sulle adozioni (adottata nel 2003) ha apportato «chiari e significativi progressi alle procedure di adozione e alla tutela dei minori. Tuttavia, nonostante gli innegabili miglioramenti, il sistema presenta dei limiti».
Prima che un eventuale divieto possa diventare effettivo, tuttavia, ci vorranno anni: l’Esecutivo ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare un progetto di legge entro la fine del 2026. Seguirà il consueto (e lungo) iter, con i dibattiti parlamentari e le procedure di consultazione aperte al pubblico. «La nuova legge entrerebbe in vigore non prima del 2030», ha sottolineato Jans, ricordando che in ogni caso «il Parlamento avrà l’ultima parola».
«Non sono soddisfatto»
«No, non sono soddisfatto dalle risposte del Consiglio federale. Lo stesso Jans conferma che questa situazione ha crato una sofferenza nelle famiglie adottive e nei loro figli. Dall’altra, però, ho percepito l’intenzione del Governo di proseguire per la sua strada», afferma Giorgio Fonio, secondo cui si sta creando una situazione di profonda incertezza per le famiglie che stanno pensando di adottare. Per il consigliere nazionale, è necessario procedere a verifiche più severe e rigorose. La procedura oggi è già estrememente rigida e la Convenzione dell’Aia determina quali sono le regole da rispettare. È importante garantire ulteriori strumenti di verifica e di controllo, perché nessuno vuole che si ripeta quanto avvenuto. Ma l’alternativa non può essere la proibizione», sottolinea Fonio, secondo cui «è fondamentale che il progetto non si concretizzi».
È l’obiettivo anche di Simone Gianini, che in una mozione presentata di recente - sarà discussa in aprile dalla Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale - chiede al Consiglio federale di abbandonare subito il progetto. Sulla stessa linea anche la risoluzione, presentata in Ticino dai deputati del Centro Fiorenzo Dadò e Maurizio Agustoni, che - dopo il parere favorevole della Commissione Giustizia e diritti - approderà presto in Gran Consiglio.
Chi vuole iniziare, ma non sa
La decisione - di principio, ricordiamo - del Consiglio federale non riguarda le procedure in corso. Tuttavia, questo prospettato cambiamento crea incertezza e fa stare sul chi vive le persone che vorrebbero ricorrere alle adozioni internazionali.
I servizi di Beat Jans sottolineano che è ancora possibile presentare nuove domande. «Va tuttavia tenuto presente che un procedimento di adozione dura generalmente diversi anni, dal momento della presentazione della domanda fino al suo esito positivo».
Cosa succede, dunque, se si avvia la pratica ma poi il progetto legislativo entra in vigore? Non è ancora noto. «Si dovrà determinare le eventuali conseguenze dell’entrata in vigore della modifica legislativa sui procedimenti di adozione che saranno ancora in corso in quel momento».