Berna

Gli «acquisti» della Posta fanno arrabbiare la politica

Critiche sulla possibile distorsione della concorrenza da parte delle aziende private rilevate dal «gigante giallo» – L’ex regia federale respinge le accuse – Fabio Regazzi punta il dito contro il Consiglio federale: «Forse è più interessato ai dividendi, ma non può fare finta di nulla»
©Gabriele Putzu
Luca Faranda
26.11.2024 20:45

«Oggi alla Posta una candela rende più di una lettera». Il CEO della Posta Roberto Cirillo, in un’intervista al CdT dello scorso aprile, aveva giustificato così il «bazar» che a volte si attraversa per raggiungere lo sportello di un ufficio postale. Negli anni ilgigante giallo è cambiato, chiudendo uffici postali, investendo sulle agenzie ed espandendosi anche in nuovi settori di attività, tra cui la pubblicità e i servizi digitali. Non più «solo» la consegna di lettere e pacchi.

Ma dove si trova il limite? Per l’economia si stanno superando delle linee rosse, la politica ha provato a intervenire e ora se ne è occupata anche la giustizia. Tutti sono in attesa, ma sui vari fronti i nodi stanno venendo al pettine.

Distorsione della concorrenza

A far particolarmente rumore, nelle ultime settimane, è stata l’acquisizione della società zurighese di cibersicurezza Open Systems. È la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Come Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) continuiamo a ricevere sollecitazioni da parte di aziende che si trovano sempre più in concorrenza con società che prima operavano nel settore privato e che adesso, in seguito all’acquisizione da parte della Posta, possono godere di ben altro statuto. È chiaro che si crea una distorsione della concorrenza fra privati e aziende di proprietà parastatali», ci spiega il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro), presidente dell’USAM.

La politica si è attivata da anni per cercare delle soluzioni: nel marzo 2022, il Parlamento ha approvato due mozioni identiche dei consiglieri agli Stati Beat Rieder (Centro/VS) e Andrea Caroni (PLR/AR) che impongono al Consiglio federale di proporre delle modifiche di legge «per porre fine alle distorsioni della concorrenza da parte di imprese statali», tra cui rientra anche la Posta.

Correggere il tiro

Il Governo, che fino ad ora non intende mettere in discussione le strategie della Posta, per il momento non ha ancora presentato le sue soluzioni. In risposta a un’interpellanza di Regazzi, pubblicata la scorsa settimana, ha però preso posizione. «Secondo il Consiglio federale, dalle mozioni citate non risulta alcun invito a limitare l’ambito di attività delle imprese statali o le loro acquisizioni», scrive il Governo.

Regazzi non ci sta: «Non sono per nulla soddisfatto di questa risposta. Mi sembra implicito che si intendano anche le acquisizioni. Il Consiglio federale finge di non aver capito», critica il consigliere agli Stati, secondo cui sarà «inevitabile correggere il tiro» quando le modifiche di legge proposte dall’Esecutivo arriveranno sui banchi del Parlamento.

A ciò si aggiunge anche un’altra mozione del consigliere nazionale Thomas Rechsteiner (Centro/AI) che vuole obbligare la Posta a sottoporre all’approvazione del Consiglio federale le acquisizioni al di fuori del mandato di prestazioni e a giustificarle dinanzi alle commissioni parlamentari. Anche in questo caso la palla è ancora nelle mani del Consiglio federale. Le indicazioni dal Parlamento sono chiare: ora tocca all’Esecutivo decidere se, come e quando tirare il freno. Nel frattempo, La Posta continua per la sua strada.

Nessun fondo pubblico

Contattato dal CdT, il gigante giallo rimanda al mittente ogni accusa. «La Posta è convinta che le acquisizioni avvengano nel rispetto delle disposizioni di legge e degli obiettivi strategici fissati dal Governo», spiega una portavoce, aggiungendo che l’ex regia federale «intende continuare a fornire un servizio pubblico di alta qualità in regime di autonomia finanziaria, ovvero senza il denaro dei contribuenti». A questo proposito, ricorda che per l’erogazione del mandato di servizio universale la Posta non riceve sovvenzioni né fondi pubblici. Al contrario, lo finanzia con fondi propri e versa ogni anno oltre 250 milioni di franchi in tasse e imposte. Oltre a ciò, «negli ultimi dieci anni ha versato alla Confederazione 1,25 miliardi di franchi sotto forma di dividendi e ha adempiuto al mandato di servizio universale».

Per il gigante giallo non c’è distorsione della concorrenza. Dunque, non intende cambiare rotta sulle acquisizioni e porterà avanti la sua strategia «Posta di domani». Lo aveva già comunicato lo scorso settembre, quando il Nazionale ha deciso (con 113 voti contro 60 e 18 astensioni; gli Stati si esprimeranno il prossimo 5 dicembre) di voler chiarire il mandato di servizio universale prima di effettuare qualsiasi ristrutturazione. «La trasformazione prosegue come previsto», avevano ribadito i vertici della Posta.

«Ma un’azienda parastatale non può comportarsi come se non esistesse un Parlamento», critica il presidente dell’USAM, che ritiene responsabile della situazione anche il Consiglio federale. «Preferisce guardare dall’altra parte, mentre la Posta continua imperterrita con la sua politica di acquisizioni. Forse è più interessato ai dividendi che a rispettare e applicare la volontà del Parlamento».

Il TAF: «Bisogna indagare»

Sulle acquisizioni della Posta è però intervenuto di recente anche il Tribunale amministrativo federale (TAF). In una sentenza pubblicata lo scorso venerdì, ha accolto i ricorsi presentati da due aziende (Abacus Research» e «Goldbach Neo OOH»): con Klara (un fornitore di software per la contabilità) e Livesystems (che gestisce schermi pubblicitari), la Posta svolge un’attività che va oltre l’ambito del servizio universale, indica il TAF. La Commissione federale della posta (PostCom) dovrà pertanto indagare sulle attività commerciali private del gigante giallo e ha sbagliato a non entrare nel merito dei ricorsi all’autorità di vigilanza presentati dalle due società.

La Posta tiene tuttavia a precisare che «non è stata presa alcuna decisione sulla questione principale, ovvero se la Posta abbia o meno rispettato lo specifico articolo per queste acquisizioni». La PostCom, dal canto suo, al CdT spiega che «analizzerà queste due sentenze e per il momento non si esprimerà in merito, soprattutto perché non sono ancora entrate in vigore. Va notato che la legge sul Tribunale federale e la legislazione postale non conferiscono alla PostCom alcun diritto di ricorso contro le sentenze del Tribunale amministrativo federale».

Oltre 40 società controllate

Le «società della Posta», fra acquisizioni e partecipazioni, sono oltre 50 solo in Svizzera. Il gigante giallo è però attivo anche all’estero: a fine settembre, esercitava direttamente o indirettamente il controllo di 39 società in 15 Paesi. Da una ricerca della NZZ sui rapporti annuali, emerge che dal maggio 2020 (quando è partita la campagna di espansione) le acquisizioni sono costate quasi mezzo miliardo di franchi. Tra queste ce ne sarebbero 13 - tra cui Klara Business, oggi ePost Services, che automatizza i processi amministrativi per le PMI - che risultano indipendenti dalla sua attività principale.