I veti complicano il lavoro, «ma il bilancio è positivo»
Sono passati quasi 12 mesi dallo storico ingresso della Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Per la prima volta, Berna ha avuto la possibilità (per il biennio 2023-2024) di sedersi attorno al tavolo semicircolare al Palazzo di vetro di New York. «Il bilancio è positivo», anche se all’interno di questo organo in piena crisi, la missione elvetica continua a giocare solo un ruolo marginale. Così come gli altri dieci membri non permanenti.
«Le grandi potenze sono sempre meno propense alla cooperazione e alla ricerca di soluzioni comuni», ha spiegato oggi l’ambasciatrice svizzera alle Nazioni Unite Pascale Baeriswyl, facendo il punto del primo anno nel Consiglio. Con il loro diritto di veto, i cinque membri permanenti - Russia, Stati Uniti, Cina, Francia e Regno Unito – stanno sostanzialmente complicando le cose. «Non abbiamo il potere di annullare un veto. È deplorevole».
L’errore fu a San Francisco
Le aspettative e le critiche (in particolare sulla possibile perdita di neutralità) di un anno fa, alla vigilia dell’ingresso della Svizzera nel Consiglio di sicurezza, si sono scontrate con la difficoltà di raggiungere intese su alcune questioni essenziali. A questo proposito, «la Svizzera lavora per limitare il diritto di veto. Ma non si riuscirà ad abolire dall’oggi al domani», ha aggiunto Baeriswyl, sottolineando che questo potere «non era da concedere a San Francisco (nel giugno del 1945, ndr) quando è stata adottata la Carta delle Nazioni Unite».
Costruttori di ponti
«Il mondo nel 2023 è diventato ancora più instabile», ha tenuto a ricordare il vicesegretario di Stato Thomas Gürber, parlando di «anno impegnativo». Non solo per quanto riguarda l’Ucraina e il Medio Oriente, ma anche a causa delle situazioni in Sudan, Nigeria, Gabon e nel Nagorno-Karabakh.
La missione svizzera a New York ha tuttavia potuto distinguersi come costruttore di ponti, e «membro costruttivo» del Consiglio, ha affermato Gürber. «In ogni risoluzione votata c’erano aspetti sul diritto internazionale che la Svizzera ha potuto negoziare. In questo ambito facciamo davvero la differenza», ha aggiunto, dal canto suo, Baeriswyl.
Uno sguardo al passato
Riavvolgendo il nastro degli ultimi dodici mesi, i due diplomatici elvetici hanno ricordato i parziali successi per quanto riguarda ad esempio la Bosnia-Erzegovina (è stato rinnovato il mandato della missione di pace), oppure l’Ucraina. A maggio – durante il mese di presidenza, il prossimo sarà a ottobre 2024 - il consigliere federale Ignazio Cassis ha cercato di ottenere progressi in materia di sicurezza nucleare nella centrale di Zaporizhia. A ciò si aggiunge la possibilità di sviluppare relazioni con i partner strategici e di stabilire una fitta rete di contatti ad alti livello al Palazzo di vetro.
Rispetto del diritto umanitario
La delegazione svizzera ha però dovuto ingoiare qualche boccone amaro, come il veto russo al rinnovo del meccanismo di assistenza umanitaria in Siria, che la Svizzera aveva proposto su richiesta delle organizzazioni umanitarie presenti sul posto.
E infine il Medio Oriente: dallo scorso 7 ottobre, ogni settimana si è tenuta una riunione d’emergenza e «la Svizzera ha partecipato attivamente», in particolare per quanto riguarda il diritto internazionale umanitario. Baeriswyl, alle Nazioni Unite, segue le linee guida del Consiglio federale: condanna gli atti di terrorismo di Hamas e richiede il rilascio di tutti gli ostaggi; riconosce a Israele il diritto a garantire la propria sicurezza e difesa; al contempo, si schiera a favore del rispetto del diritto umanitario internazionale e dell’accesso umanitario.
Proprio su quest’ultimo punto si focalizzerà la Svizzera nei prossimi mesi: nel 2024 ricorre infatti il 75. anniversario delle Convenzioni di Ginevra, che costituiscono la base del diritto internazionale umanitario.
Quattro priorità
Le priorità fissate dalla Svizzera, per l’intero biennio da membro non permanente, non cambieranno e rimarranno quattro: «Proteggere la popolazione civile», «rafforzare l’efficienza del Consiglio di sicurezza», «costruire una pace sostenibile» e «affrontare la questione della sicurezza climatica». Un aspetto, quest’ultimo, che fatica fare breccia come priorità assoluta. «Il cambiamento climatico è senza dubbio una delle minacce più gravi», ha sottolineato però Gürber a nome della missione svizzera. Di più, «è la più grande minaccia sistemica per l’umanità e colpisce in particolare la popolazione civile che vive nelle regioni in cui è in corso un conflitto».