«Il biglietto nominale è inevitabile»
«Disordini a margine dell’incontro di hockey Ambrì Piotta - Lugano». Così la polizia cantonale ha informato su quanto avvenuto dopo il derby: dapprima il lancio di un oggetto pirotecnico contro un camion della RSI al di fuori della Gottardo Arena, in seguito (era già la 1.30 del mattino) una lite al di fuori di un esercizio pubblico di Rivera. Per determinare l’esatta dinamica di entrambi gli episodi e per l’identificazione di tutte le persone coinvolte, la polizia ha avviato «i necessari accertamenti, tramite testimonianze e i filmati delle videosorveglianze»
60 km di distanza
A Rivera, a 60 chilometri di distanza, si è verificato il secondo episodio: una rissa che ha coinvolto circa venti persone, tra cui un gruppo di tifosi del Lugano e uno dell’Ambrì. Anche se più che di una rissa, stando a quanto riferitoci da una persona vicina alla tifoseria biancoblù, quella andata in scena attorno all’1.30 di notte all’esterno di un esercizio pubblico sarebbe stata una specie di aggressione mirata nei confronti di un gruppo di supporter della Gioventù BiancoBlu. I ragazzi, stando a quanto raccontato al CdT, sarebbero stati attaccati da persone a volto coperto (qualcuno indossava felpe con lo stemma di Lugano). A un giovane sarebbe stata strappata la maglia dell’Ambrì, mentre un secondo sarebbe stato preso a calci una volta a terra.
Quando le pattuglie di polizia, allertate dai presenti, sono arrivate sul posto, la situazione era già sotto controllo e molti dei coinvolti erano fuggiti. La polizia ha avviato indagini per chiarire le dinamiche degli eventi e identificare i responsabili e al momento «è prematuro rilasciare ulteriori informazioni».
Il federalismo? Un punto debole
Immancabilmente, dopo ogni «disordine» a margine di un evento sportivo, c’è chi chiede una maggior repressione e misure più incisive per isolare i tifosi più violenti. Ad aggiungersi alla lista ora c’è anche la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati: proprio venerdì, poche ore prima del derby, ha infatti comunicato di aver depositato due mozioni per «rafforzare la lotta contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive».
La commissione chiede al Consiglio federale di costituire un gruppo di lavoro congiunto con i Cantoni per «esaminare l’opportunità di elaborare modifiche legislative supplementari a livello federale». Per i «senatori», infatti, è necessario dare una risposta nazionale a questo fenomeno. «Dal momento che la sicurezza è essenzialmente un compito cantonale, il nostro federalismo può rivelarsi un punto debole poiché la natura stessa di tali manifestazioni sportive comporta uno spostamento regolare di piccoli gruppi violenti attraverso tutto il Paese».
Più il calcio dell’hockey
«Assistiamo a questi fenomeni violenti che, secondo me, sono abbastanza circoscritti. Si tratta di qualche decina o centinaio di personaggi, più legati al calcio che all’hockey, che dello sport in questione interessa poco o nulla. In Svizzera, anche a causa dei veti incrociati (club sportivi e Cantoni, ndr), manca la volontà di intervenire. Prendo l’esempio dell’Inghilterra: quando il problema è stato affrontato di petto, i risultati si sono visti. Ora si tratta di dare un segnale, mettendo pressione affinché si trovi una soluzione», ci spiega il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro), membro della Commissione della politica di sicurezza. «Se non si intravvede alcun progresso, la pressione politica sul tifo violento aumenta. E se poi non vengono apportati dei correttivi, si caleranno dall’alto soluzioni più draconiane», spiega Regazzi, presidente della SAM Massagno e membro del Cda dell’Hockey Club Lugano. C’è infatti una seconda mozione di commissione, ben più concreta e approvata all’unanimità, che è destinata a far discutere: porre le basi per l’introduzione del biglietto nominativo.
Il sistema Hoogan
La mozione, in realtà, chiede di creare le basi legali per permettere di comunicare i dati della banca dati sul tifo violento (si tratta del sistema d’informazione Hoogan) anche alle biglietterie. Oggi infatti i dati di Hoogan possono essere comunicati agli organizzatori di eventi sportivi, ma non ai punti vendita dei biglietti. Come funzionerà? Chi è iscritto nella banca dati (ed è oggetto di misure) non potrà acquistare i biglietti per le partite.
«La modifica legislativa è una condizione necessaria all’introduzione dei biglietti nominativi», spiega senza giri di parole la commissione. Ma con quali risultati, visto che i problemi avvengono soprattutto al di fuori degli stadi? La misura infatti non piace a tutti, anzi.
Scontro tra Cantoni e SFL
Da tempo, la Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (CDDGP) auspica l’introduzione di misure più restrittive, ad esempio attraverso il cosiddetto «modello a cascata», che prevede quattro livelli di sanzioni (fino alla partita a porte chiuse) che scattano automaticamente in seguito a incidenti o eventi violenti nell’ambito della Super League.
Ad alzare le barricate ci hanno però subito pensato la Swiss Football League (SFL) e i club coinvolti, che si oppongono all’unanimità a un modello considerato «inefficace, unilaterale e sproporzionato». Mercoledì mattina, a Berna, la SFL ha organizzato un incontro con la stampa in merito alle misure adottate dalla lega e dai club di Super League a favore della sicurezza. In questo modello a cascata (illustrato dalle autorità lo scorso marzo) non figura il biglietto nominale. Eppure, appena un mese più tardi (era il 12 aprile), la CDDGP ha voluto spingersi oltre: ha deciso di rivedere il «Concordato sulle misure contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive» per consentire l’introduzione di biglietti personalizzati anche contro il volere delle società sportive.
Il progetto dei Cantoni, supportato ora dall’atto parlamentare della Commissione della politica di sicurezza degli Stati, sta per chiudere il cerchio: «Capisco la reticenza dei club, ma non si può continuare a far finta di nulla», aggiunge Regazzi. Il biglietto nominale, prima o poi, sarà dunque una realtà pure in Svizzera? Per il consigliere agli Stati, «è forse inevitabile che si arriverà proprio lì».