Il pericolo si aggira sulla rete, «serve una strategia nazionale»

Bisogna vietare l’accesso ai social media agli adolescenti? In Australia, lo scorso autunno, è stata approvata una legge per vietare l’accesso alle piattaforme ai minori di 16 anni. Il divieto sarà valutato anche in Svizzera: giovedì il Consiglio degli Stati ha approvato due postulati, delle «senatrici» ecologiste Céline Vara e Maya Graf, che chiedono di elaborare soluzioni per proteggere i giovani dal consumo nocivo e dall’esposizione sui social media.
È necessario proteggere i più giovani - in particolare i bambini e gli adolescenti - dai pericoli della rete. I rischi sono infatti molteplici, così come i possibili reati che vengono commessi, anche per quanto riguarda la sfera sessuale. Uno degli strumenti più efficaci per contrastare queste derive è essere informati e puntare sulla prevenzione.
Prima la fiducia, poi il ricatto
«Grooming», «Sextortion», «Deepfake». Sono solo alcuni dei termini inglesi dietro cui si nascondono dei piani criminali. A spiegarli, sul suo sito web, è la Prevenzione svizzera della criminalità. I rischi non riguardano solo i giovanissimi, ma anche gli adulti.
Per «grooming» si intende adescamento online. Un fenomeno che spesso coinvolge i minori: un adulto si mette in contatto online con la vittima (sui social media, ma anche tramite videogiochi con interazioni come Fortnite) con l’obiettivo di instaurare un clima di fiducia e in seguito di perpetrare abusi a sfondo sessuale. Oltre a un lavoro di sensibilizzazione e prevenzione, in caso di tentativi di adescamento è sempre opportuno rivolgersi alla polizia o ai servizi competenti (vedi box).
Il termine «sextortion» rappresenta l’estorsione sessuale: alcuni criminali (che su Internet si spacciano per altre persone), dopo aver «flirtato» e conquistato la fiducia della vittima (inducendola a inviare foto intime o a spogliarsi davanti alla webcam, inconsapevole di essere registrata), la minacciano di pubblicare immagini o video compromettenti se non pagano un riscatto.
Segnalare subito
Cosa fare nel caso in cui ciò dovesse succedere? Segnalare il caso alla polizia, non cedere alle richieste dei ricattatori, interrompere immediatamente i contatti e chiedere la cancellazione immediata dei contenuti alla piattaforma (come Instagram o YouTube). È pure possibile creare un avviso «Google Alert» con il vostro nome, per essere informati nel caso in cui vengano caricati contenuti che vi riguardano, spiega l’Ufficio federale della cibersicurezza (UFCS), che consiglia anche di ricorrere a un aiuto psicologico. È purtroppo realtà anche la cosiddetta pornovendetta (o «revenge porn»), ovvero la diffusione di contenuti erotici senza il consenso di chi è inquadrato. Questo reato (punito secondo l’articolo 197a del Codice penale) può essere anche perpetrato da persone che si conoscono, ad esempio ex partner. C’è poi la «fake sextortion», nella quale il criminale finge di avere materiale intimo della vittima e prova a estorcere denaro.
La tua faccia su un altro corpo
A preoccupare sono però anche gli sviluppi dell’intelligenza artificiale (IA). Immagini falsificate, che sembrano però reali. Si chiamano «deepfake» e sono video o registrazioni audio che manipolano l’aspetto di una persona. Abusando dell’IA, è possibile ad esempio creare un video in cui la faccia (o la voce) di una persona può essere sovrapposta al corpo di un’altra. Questa manipolazione è utilizzata anche per contenuti a sfondo sessuale. Per il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro), non si fa abbastanza per contrastare questo fenomeno. È pertanto necessario elaborare una strategia contro l’uso abusivo delle immagini, accordando particolare attenzione alla protezione dei bambini e dei giovani. La mozione del «senatore» ticinese è stata accolta ieri dagli Stati per 36 voti a 9. Per il consigliere federale Beat Jans, che invitava a respingere l’atto parlamentare, la Svizzera dispone già degli strumenti necessari per contrastare questo fenomeno. La lotta contro questa forma di criminalità, inoltre, è di competenza dei cantoni.
Bisogna essere coordinati
«Le segnalazioni di immagini deepfake sono recentemente aumentate in modo significativo sul sito clickandstop.ch», ci fanno sapere da Protezione dell’Infanzia Svizzera, secondo cui oltre alla «sextortion» si verificano anche sempre più casi di ciberbullismo. «Una foto “normale” di un giovane viene utilizzata per creare, grazie all’IA, materiale pornografico che viene poi condiviso tra i coetanei o mostrato nell’ambiente scolastico».
Protezione dell’Infanzia Svizzera - che sta attualmente conducendo la campagna «Insieme contro i ciber-reati sessuali su bambini e giovani» - accoglie favorevolmente la decisione degli Stati di sostenere la mozione di Regazzi. «La prevenzione, la regolamentazione e il perseguimento penale devono essere coordinati; tutto deve andare di pari passo a livello nazionale per risolvere i problemi», sostiene l’organizzazione, ricordando che Protezione dell’Infanzia Svizzera - fino a quando le piattaforme non garantiranno la sicurezza dei bambini - è anche favorevole a limitare l’accesso ai social media ai minori di 16 anni. «Bambini e giovani sono a rischio sulle piattaforme Internet in vari modi, per esempio a causa di contenuti inappropriati, algoritmi che promuovono comportamenti di dipendenza, stress, bullismo, molestie sessuali e grooming. Se le piattaforme sono progettate per essere sicure (e se adottano misure di protezione) per i bambini e i giovani, l’età minima può anche essere abbassata».