Studio

Infermieri sotto pressione: «Serve meno burocrazia»

La quota di personale curante nei nosocomi è in diminuzione, a differenza di quelle di medici e altre figure – Mariani Abächerli (ASI Ticino): «Per dedicare più tempo al paziente sono necessari più professionisti»
©Chiara Zocchetti
Luca Faranda
28.11.2023 21:00

28 novembre 2021: la popolazione, con il 61% dei voti, accoglie l’iniziativa «Per cure infermieristiche forti». A giocare un ruolo fondamentale, allora, fu anche il capitale di simpatia accumulato dagli infermieri durante la pandemia. A distanza di due anni esatti, l’applicazione dell’iniziativa procede a rilento e la situazione non è particolarmente migliorata.

Gli applausi agli infermieri, per il momento, non si sono ancora tramutati nel miglioramento auspicato dai professionisti. Ma la richiesta di intervenire, avanzata dai professionisti della salute prima (e dopo) la votazione, si poggia su basi sempre più solide e fondate. A lanciare l’ennesimo allarme è l’Associazione svizzera degli infermieri (ASI), secondo cui «negli ospedali di cure acute, la percentuale del personale infermieristico diminuisce rispetto a quello medico e di altro tipo». È la conclusione a cui è arrivata un’analisi che si basa sui dati degli ospedali dal 2010 al 2021 (praticamente in concomitanza con la votazione sull’iniziativa) dell’Ufficio federale di statistica.

I numeri del fenomeno

L’esame ha fatto riferimento all’evoluzione degli equivalenti a tempo pieno (ETP) dei differenti gruppi professionali negli ospedali di cure somatiche acute, spiega l’ASI: mentre nel periodo in rassegna gli ETP dei medici sono aumentati del 41%, quelli del personale infermieristico diplomato sono progrediti solo del 13%, o del 19% se si considera il personale infermieristico nel suo insieme.

La percentuale di tutto il personale infermieristico è scesa dal 43,1% al 40,3% (e quella degli infermieri qualificati dal 22% al 19,7%), mentre i posti di medici sono passati dal 14,3% al 15,9%, e quelli di altre figure del personale sanitario dal 42,6% a circa 43,3%.

Ci sono comunque varie chiavi di lettura per spiegare la situazione: ad esempio l’introduzione della nuova regolamentazione sul tempo di lavoro del personale medico, che rende più attrattive le condizioni di lavoro dei medici. Ma potrebbe anche essere a causa del «sistema di forfait per caso»: poiché il finanziamento degli ospedali dipende dalle diagnosi mediche, vi è un incentivo ad assumere più medici. Tale sistema comporta anche un aumento del bisogno in personale amministrativo. La conclusione, però, è una: «Se la percentuale dei posti di infermieri diminuisce rispetto a quella dei medici e del resto del personale, significa che sempre meno persone devono assumersi sempre più lavoro», sottolinea l’associazione, che chiede misure immediate e una rapida attuazione dell’iniziativa.

Le difficoltà, sul posto di lavoro, si riscontrano anche tra gli infermieri ticinesi. «Non sono al corrente dei numeri relativi alla nostra regione», premette la presidente di ASI Ticino, Luzia Mariani Abächerli, aggiungendo che tuttavia questa tendenza è confermata dalla percezione dei colleghi che vivono questa situazione tutti i giorni.

Stress e burocrazia

«Lo stress emotivo è aumentato molto, soprattutto durante la pandemia. Inoltre, viene richiesta sempre più burocrazia», ci spiega Mariani Abächerli. Ciò va anche a scapito della qualità delle cure: «È importante poter dedicare più tempo al paziente, anche perché con un calo delle attenzioni verso il paziente aumenta il rischio di complicazioni. Ma spesso le condizioni attuali non sono adatte per farlo in maniera ottimale».

A seconda dei reparti, però, non basta solamente avere un numero sufficiente di personale. «Serve anche la qualità. È ovvio che se all’interno del reparto non ci sono abbastanza infermieri qualificati, il carico di lavoro sarà maggiore sugli “specializzati” presenti», afferma la presidente di ASI Ticino. Sono dunque gli infermieri specializzati a mancare maggiormente? «Penso che manchi personale ovunque. Sia nei vari ambiti di specializzazione, sia per quanto riguarda la professione di base. I giovani specializzandi hanno bisogno di sostegno anche da chi lavora da più tempo. Per questo è importante che i professionisti più esperti possano affiancare e dedicare del tempo a formare chi è all’inizio della sua carriera». A suo avviso, gli aspetti negativi della professione a volte prendono il sopravvento. «Spesso si dimentica che si tratta di una bellissima professione. Questo è un vero peccato», afferma Mariani Abächerli, anche perché molti infermieri «decidono di abbandonare la professione oppure cerca ambiti più tranquilli».