Il retroscena

La pausa sui dazi decisa da Trump? «Merito di Karin Keller-Sutter»

È quanto scrive il Washington Post, sottolineando il timing della telefonata della presidente della Confederazione e il ruolo che ricopre Berna nell'economia americana
©ANTHONY ANEX
Red. Online
10.04.2025 09:07

I venticinque minuti di telefonata fra Donald Trump e Karin Keller-Sutter, ieri pomeriggio, sarebbero stati cruciali, se non fondamentali, per far cambiare idea al presidente degli Stati Uniti. È quanto scrive il Washington Post, sottolineando come la chiamata della presidente della Confederazione abbia contribuito alla decisione del tycoon di mettere in pausa i dazi per 90 giorni, applicando (a eccezione di Cina, Canada e Messico) una tariffa «standard» del 10%. 

Se è vero che la CNN, citando fonti informate, afferma che è stato il segretario al Tesoro, Scott Bessent, a far ragionare Trump, è altrettanto vero che il presidente degli Stati Uniti, ipse dixit, ha optato per l'inversione a U alle 9 di Washington. Ovvero, alle 15 svizzere. Più o meno quando Trump e Keller-Sutter si sono sentiti al telefono. Il Washington Post, nello specifico, ha parlato di pressione ai massimi nelle ore precedenti l'annuncio. Pressione esercitata da più parti, dentro e fuori la Casa Bianca. E fra coloro che hanno esercitato maggiore pressione, beh, c'era proprio Karin Keller-Sutter a detta del Post. 

Oddio, il quotidiano americano ha giocato la carta degli stereotipi e dei luoghi comuni: «Gli orologi Rolex e il cioccolato sono stati colpiti da dazi del 31% da un momento all'altro». Una misura, questa, ritenuta ingiusta da Berna. Tant'è che Keller-Sutter, al telefono, avrebbe esortato apertamente Trump a revocare le tariffe, cattive (se non peggio) per l'economica elvetica. Secondo un portavoce del Dipartimento federale delle finanze, Karin Keller-Sutter ha ricordato il ruolo centrale svolto dalle aziende svizzere nella creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti. Ha inoltre sottolineato come, l'anno scorso, la Svizzera abbia abolito i propri dazi doganali sui prodotti industriali americani. Il New York Times, dal canto suo, spiega che la Svizzera, pur essendo piccola, è un attore importante dell'economia americana. Berna, infatti, si situa al sesto posto tra gli investitori stranieri negli Stati Uniti ed è al primo posto in termini di investimenti in ricerca e sviluppo, grazie soprattutto a colossi farmaceutici come Roche e Novartis.

Anche se questo scambio ha indubbiamente contato qualcosa, Karin Keller-Sutter non è stata la sola, come detto, a fare pressione sul presidente americano. Anche internamente, per intenderci, le pressioni erano forti, anzi fortissime. Martedì sera, Trump ha incontrato un gruppo di repubblicani preoccupati. Mercoledì mattina, ancora, ha incontrato John Thune, il leader della maggioranza del Senato. Un'ora prima della telefonata con la presidente della Confederazione, il tycoon ha assistito a un'intervista al capo di JPMorgan su Fox News, che metteva in guardia da una possibile recessione. Non solo, il segretario al Commercio Howard Lutnick ha avuto colloqui anche con il Commissario europeo Maros Sefcovic. L'Unione Europea, come noto, ha preparato delle contromisure per colpire le roccaforti elettorali di Trump. Una minaccia grave, tanto più se si considera che l'UE rimane il principale mercato per i beni e i servizi americani.

A mezzogiorno, Trump ha convocato nello Studio Ovale Howard Lutnick e il segretario al Tesoro Scott Bessent. Insieme, i tre hanno redatto il testo che formalizza una tregua di 90 giorni per l'economia globale, a eccezione della Cina i cui dazi, al contrario, sono saliti al 125%. Certo, la pressione stava aumentando, sia all'interno delle file repubblicane sia sulla scena internazionale. Ma la telefonata tra Donald Trump e Karin Keller-Sutter, avvenuta in un momento in cui il mondo era con il fiato sospeso, dimostra come, in mezzo al caos, anche la «piccola» Svizzera – con nove milioni di abitanti – abbia saputo far sentire la propria voce, anche ai più potenti.