Mobilità

L’auto elettrica è ferma al palo: e il Ticino è fanalino di coda

La quota di vendita delle vetture con la presa è in calo: è la prima volta che accade da anni – Il problema è la mancanza di colonnine «domestiche» – Doninelli (UPSA): «Servirebbe un obbligo per i proprietari, altrimenti la situazione non cambia»
©Chiara Zocchetti
Luca Faranda
04.01.2025 06:00

Obiettivo mancato. Senza se e senza ma. L’elettromobilità non cresce come il settore e le autorità auspicavano. Entro la fine del 2025, uno degli obiettivi prefissati dalla Confederazione era di raggiungere con le auto elettriche il 50% di nuove immatricolazioni. Concretamente, una vettura su due messa in circolazione quest’anno dovrebbe essere con la spina. Possibile? «L’obiettivo è fallito. Non si potrà raggiungere». La risposta è chiara. A fornirla, in coro, sono sia Krispin Romang, direttore di Swiss eMobility, sia Marco Doninelli, direttore dell’Unione professionale svizzera dell’automobile (UPSA) sezione Ticino.

I dati, seppur provvisori ma confermati anche da Auto-Svizzera, non mentono: nel 2024 la quota di auto elettriche sull’insieme delle vetture nuove entrate in circolazione si è attestata al 19,3%. L’anno precedente era del 20,9%: per la prima volta da anni c’è stato un balzo all’indietro. Una retromarcia. «Il Consiglio federale può formulare obiettivi ambiziosi. Ma poi il Parlamento non ha la volontà di fare nulla per raggiungerli», sottolinea Romang, secondo cui «nessun Paese sta facendo così poco per lo sviluppo della mobilità elettrica come la Svizzera».

Deludente, ma atteso

«Questo temporaneo rallentamento dello sviluppo della mobilità elettrica, sebbene deludente per il settore, era prevedibile», indica l’associazione per la mobilità elettrica Swiss eMobility, che pochi giorni fa ha presentato i numeri relativi allo scorso anno. A Zurigo, sul totale delle nuove immatricolazioni, la quota di auto elettriche si attesta al 24,9%. E in Ticino? Solo l’11,2%. Un flop, considerando gli obiettivi di Berna. «In realtà è spesso stato così. In Ticino, già prima del 2024, riuscivamo a vendere circa la metà rispetto al resto della Svizzera», spiega il direttore della sezione ticinese dell’UPSA. Il mercato dell’auto elettrica non è mai decollato a sud delle Alpi. «A titolo personale, penso che sentiamo molto l’influenza dell’Italia. L’auto elettrica è mal vista e poco accettata. Le cifre sulle vendite a livello europeo lo dimostrano. Per i ticinesi c’è anche il timore di non riuscire a caricare l’auto quando si va in Italia».

Condomini e posti di lavoro

A frenare in modo inequivocabile lo sviluppo dell’elettromobilità è un fattore principale: la colonnina di ricarica «domestica». Chi non ha la possibilità di «fare il pieno» a casa oppure sul posto di lavoro è tagliato fuori. «Il peggior accesso alle stazioni di ricarica domestica in Europa è la ragione principale per cui l’obiettivo della Confederazione (il 50% di nuove immatricolazione «elettriche», ndr) non è stato raggiunto», critica senza mezzi termini Romang.

«Andare a caricare l’auto in una colonnina pubblica non è sempre facile. Gestori, sistemi e applicazioni sono diversi tra loro, così come le tariffe. Ciò crea anche un po’ di confusione», aggiunge dal canto suo Doninelli, secondo cui questo è il primo ambito di intervento per rilanciare il settore. «Bisogna stimolare l’installazione di colonnine nei condomini e sul posto di lavoro. In Svizzera non c’è l’obbligo da parte dei proprietari di mettere a disposizione una stazione di ricarica per gli inquilini. Ci sono delle linee guida (inserite nel «quaderno tecnico SIA 2060», ndr) che prevedono di installare la colonnina in caso di nuova costruzione o di importante riattazione, ma non vengono particolarmente rispettate».

Cosa fare, dunque? «Servirebbe un obbligo per i proprietari, altrimenti la situazione non cambia. Senza questa misura, sarà difficile incentivare i proprietari a installare delle stazioni di ricarica», sottolinea il direttore dell’UPSA, aggiungendo che sono state intraprese discussioni con i proprietari di immobili. Tuttavia, a loro avviso, si tratta di un grande investimento senza la garanzia di poter rientrare nelle spese. Ciò complica le cose per l’automobilista che vive in affitto. Senza la possibilità di avere una stazione di ricarica a domicilio, «diventa difficile e poco conveniente».

Incentivi e trasparenza

La ricarica domestica non è però l’unico fattore che frena l’espansione dell’elettrico: c’è anche l’incertezza che regna attorno ai prezzi dell’energia e del rischio di blackout. Oltre a ciò, bisogna considerare un ulteriore aspetto: il Consiglio federale, dal 1. gennaio 2024, ha deciso di applicare anche alle vetture elettriche - finora esonerate - l’imposta sugli autoveicoli (pari al 4% del prezzo all’importazione). Le condizioni quadro, per l’acquisto, sono così peggiorate. «Sicuramente non ha aiutato. Servirebbero degli incentivi per favorire gli acquisti di veicoli elettrici». Nel 2025, secondo le stime del Governo, i prezzi delle auto con la presa dovrebbero allinearsi a quelle a combustibili fossili. È davvero così? «Si avvicineranno. Forse non con i prezzi di listino, ma tenendo conto di sconti e bonus saranno quasi alla pari», spiega Doninelli.

L’impressione, tuttavia, è che il settore resti (di fatto) un mercato di nicchia. «Oggi non dovrebbe più essere così. Per il 90% della popolazione l’auto elettrica potrebbe essere una soluzione. Spesso si parla di autonomia limitata: ora 300 km per un veicolo elettrico sono “normali”, ma l’automobilista svizzero in media percorre 35 km al giorno», sostiene il direttore dell’UPSA. A suo avviso, è però necessaria un’informazione più trasparente e meno confusa. «Anche noi “garagisti” dobbiamo essere convinti del prodotto. Se non lo siamo noi, difficilmente riusciremo a convincere i clienti».

Aumenti di prezzo in vista

Per Doninelli, in ogni caso, il mercato è destinato a riprendere quota già a partire da quest’anno. Anche per un motivo ben preciso: le prescrizioni sulle emissioni di CO₂ per i veicoli nuovi. In breve: a partire dallo scorso 1. gennaio le emissioni di CO₂ per chilometro delle automobili immatricolate per la prima volta in Svizzera non devono superare in media i 93,6 grammi. Fino al 31 dicembre 2024 il limite era di 118 g CO₂/km. Gli importatori che non riescono a rispettare questo limite dovranno pagare una sanzione. Per Doninelli lo scenario è chiaro: «L’unica possibilità per raggiungere questi obiettivi è vendere auto elettriche, o al limite le ibride plug-in. Le “ibride normali” già superano questo valore. Pertanto, il mercato deve orientarsi per forza verso le prime due tecnologie, altrimenti le sanzioni agli importatori si ripercuoteranno sul prezzo di vendita». Il problema? Il settore, per non incorrere in sanzioni, stima che almeno il 40% delle nuove immatricolazioni debba essere elettrico. Una possibile contromisura è già nota: aumentare artificialmente il prezzo delle auto a carburanti fossili.

Bisogna stimolare l’installazione di colonnine nei condomini e sul posto di lavoro. In Svizzera non c’è l’obbligo da parte dei proprietari di mettere a disposizione una stazione di ricarica per gli inquilini
Marco Doninelli, direttore dell’Unione professionale svizzera dell’automobile (UPSA) sezione Ticino

L’ira degli importatori: «Paghiamo il conto di politiche sbagliate»

«L’industria automobilistica sta pagando il prezzo della debolezza economica e di politiche sbagliate». Per l’associazione degli importatori Auto-Svizzera lo sviluppo del mercato nel 2024 è stato «tutt’altro che piacevole». I veicoli nuovi immessi in circolazione sono stati 239.535, il 5,0% in meno rispetto al 2023. Il settore non si è ancora ripreso dalla frenata per la pandemia (prima della COVID erano circa 300 mila le nuove immatricolazioni annue). Il trend è negativo sia per le auto puramente elettriche (la quota è scesa dal 20,9 al 19,3%), sia per le ibride plug-in (in calo dal 9,2 all’8,7%). Tuttavia, i sistemi di propulsione alternativa hanno raggiunto una quota di mercato record del 61,6%, trascinati dalle ibride normali (balzo dal 27,3 al 33,6%). Auto-Suisse, tra i «segnali politici errati», ricorda la fine dell’esenzione della tassa sugli autoveicoli (4%) per le e-auto, ma anche la decisione del Parlamento contraria al rafforzamento delle infrastrutture di ricarica private nella legge sul CO₂. Proprio i valori stabiliti in questa legge sono avversati dall’associazione, che critica pure i prezzi eccessivi dell’elettricità. «Non facilitano il passaggio alla mobilità elettrica». Per il direttore di Auto-Svizzera, Thomas Rücker, «sono necessarie le migliori condizioni quadro possibili». Cita ad esempio la semplicità di utilizzo (sapere dove si trova la colonnina più vicina e avere la garanzia che tutte le destinazioni possano essere raggiunte). «Nessuno deve avere paura di iniziare un viaggio con la sua e-vettura», dice al CdT. Chiede poi un migliore accesso all’energia (sia pubblica, sia domestica) e un prezzo della ricarica sostenibile e trasparente: «I costi eccessivi ostacolano lo sviluppo del mercato», afferma, ricordando che la Svizzera non persegue una strategia di sovvenzionamento. Al contrario, con queste sanzioni relative al CO₂, l’industria rischia multe milionarie. Rücker fa anche autocritica: «Non siamo stati abbastanza veloci nel pensare a soluzioni intelligenti per l’elettromobilità», come un’app con tutti i punti di ricarica, prezzi trasparenti e un buon sistema di fatturazione. «Ciò avrebbe potuto permettere di superare le incertezze in una fase iniziale». Ora, per sviluppare ulteriormente l’ettromobilità, il settore vuole raggiungere le persone con redditi medio-bassi e gli inquilini. «Ciò, però, richiede incentivi per le aziende e i privati disposti a investire».
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