Stati Uniti

Le risposte di Berna ai dazi sono investimenti e dialogo

Karin Keller-Sutter e Guy Parmelin sono a Washington per trovare una soluzione commerciale - La presidente della Confederazione: «Scambio produttivo con il segretario al Tesoro Scott Bessent» - La Svizzera si trova in un ristretto gruppo di 15 Paesi che potrebbero presto trovare un’intesa con la Casa Bianca
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Luca Faranda
24.04.2025 23:41

La telefonata di 25 minuti tra Karin Keller-Sutter e Donald Trump, proprio nel giorno in cui il presidente statunitense ha messo in pausa i dazi, è stata solo l’inizio. L’offensiva del Consiglio federale, ora, passa dalla presenza a Washington. La presidente della Confederazione e il «ministro» dell’Economia, Guy Parmelin, in tarda serata hanno parlato pubblicamente dei primi risultati raggiunti. Ma come fare a evitare che, tra poche settimane, i dazi per i prodotti svizzeri raggiungano il 31%?

Soluzione da cercare con calma

In serata c’è stato un incontro con Scott Bessent. «Scambio produttivo con il segretario al Tesoro USA a Washington: abbiamo discusso di temi economici chiave e di opportunità per una maggiore collaborazione tra i nostri due Paesi», ha scritto su X la presidente della Confederazione. Parole poi ripetute in tarda serata nel corso di una conferenza stampa: «I colloqui con il Segretario al Tesoro Scott Bessent sono stati costruttivi. Si è convenuto con gli Stati Uniti che una soluzione alle sfide esistenti deve essere ricercata con calma e nell’interesse di entrambi i Paesi», ha detto Keller-Sutter, secondo quanto riportato dalla SRF.

Gli USA hanno definito un gruppo di 15 Paesi con cui vogliono trovare una soluzione rapida alla questione doganale. «La Svizzera fa parte di questo gruppo», ha detto la presidente della Confederazione, annunciando che i colloqui proseguiranno. È stato inoltre concordato che il prossimo passo sarà una dichiarazione d’intenti che definisca i temi sui quali si potrà raggiungere un accordo. «Si tratta di un progresso positivo e significativo», ha detto Keller-Sutter, aggiungendo che per l’economia è meglio evitare l’incertezza.

Le carte da giocare

Già mercoledì il «ministro» dell’Economia ha avuto un «incontro costruttivo» con Jamieson Greer, rappresentante per il Commercio dell’amministrazione Trump. Parmelin ha poi sottolineato a più riprese (anche attraverso i social media) il contributo delle aziende elvetiche all’economia statunitense, ma anche l’importanza del modello di formazione professionale della Svizzera che piace particolarmente a Washington. Gli apprendistati sono stati tema di discussione con la segretaria all’Istruzione Linda McMahon.

I contatti a livello ministeriale di questi ultimi giorni rappresentano un passo in avanti, ma per il momento l’accesso alla Casa Bianca è ancora sbarrato. Non è una missione impossibile: oggi, ad esempio, la Norvegia (sulla quale aleggiano dazi al 15%) ha inviato una delegazione del Governo per incontrare Trump.

La Svizzera, dal canto suo, ha le sue carte da giocare. Oltre all’acquisto degli F-35, Berna può far valere gli investimenti negli USA (si parla di un piano complessivo da 150 miliardi) provenienti dal settore privato. A fare il primo passo sono stati i colossi farmaceutici, con Novartis e Roche che hanno promesso rispettivamente 23 e 50 miliardi di dollari in investimenti (in realtà già pianificati) nei prossimi cinque anni.

La strategia del Governo

La strategia del Consiglio federale è chiara fin dal primo giorno. Nessuna escalation, nessuna misura di ritorsione, bensì dialogo e colloqui. A essere molto attivi sono soprattutto i servizi di Guy Parmelin: già nelle scorse settimane la segretaria di Stato dell’economia, Helene Budliger Artieda, è volata negli Stati Uniti per preparare il terreno. In questi giorni, a Washington, ci sono anche la segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, Daniela Stoffel, nonché la segretaria di Stato alla ricerca e innovazione, Martina Hirayama.

L’azione è però coordinata anche con gli altri dipartimenti: lo scorso 9 aprile il Consiglio federale ha deciso di istituire (fino alla fine dell’anno) una nuova struttura per la gestione delle relazioni fra Svizzera e USA, guidata dal «ministro» degli Esteri Ignazio Cassis. È anche stato nominato un «inviato speciale» negli Stati Uniti: l’ambasciatore Gabriel Lüchinger.

Quel che è certo è che il Consiglio federale vuole evitare una escalation con l’amministrazione Trump. È da leggere anche in questo senso la decisione presa la scorsa settimana dall’Esecutivo di rinviare a tempo indeterminato la prevista regolamentazione delle piattaforme tecnologiche come Facebook e X.