Governo

Lo stalking sarà reato: «È importante chiedere aiuto»

Gli atti persecutori devono essere puniti se il «libero modo di vivere della vittima è limitato in maniera intollerabile» - Il Consiglio federale, però, invita a non riporre aspettative troppo elevate - La delegata Cristiana Finzi: «Il nostro consiglio è di chiudere immediatamente i rapporti ed evitare contatti»
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Luca Faranda
16.05.2024 06:00

Da giorni è nei primi posti delle serie tv più guardate su Netflix in Svizzera. Si chiama «Baby Reindeer» e parla di una vittima di stalking. Solo pochi anni fa era invece la serie «You» a trattare la stessa tematica da una prospettiva differente. Purtroppo, lo stalking è un fenomeno reale. Anche in Svizzera, anche in Ticino. «Ogni anno sono parecchie decine i casi che ci vengono segnalati, ma si tratta di un fenomeno sommerso perché molte vittime ancora si vergognano a parlarne», ci spiega Cristiana Finzi, delegata per l’aiuto alle vittime di reati, secondo cui è necessario infrangere questo tabù legato allo stalking.

C’è bisogno di agire e in fretta per inserire una fattispecie esplicita per questi atti persecutori. Il Consiglio federale, che si è sempre opposto all’introduzione di una tale norma nel Codice penale, ora ne riconosce l’esigenza. Tuttavia, il Governo «invita a non riporre aspettative troppo elevate».

Frequenza, intensità e durata

Ma cosa è, di preciso, lo stalking? «Significa perseguitare e molestare intenzionalmente e ripetutamente una persona, minacciandone la sicurezza e condizionandone gravemente le abitudini di vita», spiega il servizio Prevenzione svizzera della criminalità. Il problema, però, è che questi atteggiamenti non sempre sono abbastanza gravi da essere perseguiti. «Lo stalking è subdolo, difficile da dimostrare e la vittima è spesso in scacco rispetto allo stalker», sottolinea Finzi. Scrivere messaggi, chiamare o aspettare qualcuno (pur ripetutamente) nei luoghi che frequenta non sono di per sé pratiche illegali o punibili. Eppure frequenza, intensità e durata possono sfibrare e logorare le vittime. Possono infatti causare danni psichici, sociali ed economici, oltre a instaurare un clima di insicurezza.

Spesso, troppo spesso, questi atti persecutori - stando alla delegata per l’aiuto alle vittime di reati - sono commessi alla fine di una relazione di coppia e in prevalenza da uomini. «Non accettano il rifiuto o la separazione. Il nostro consiglio - e questo vale per tutti, ndr - è di chiudere immediatamente i rapporti con lo stalker ed evitare qualsiasi contatto, anche se non è facile. L’importante è chiedere aiuto. Bisogna intervenire il prima possibile: quando arrivano da noi, le vittime sono spesso stanche e sfiduciate dopo uno o due anni di pedinamenti, messaggi e minacce. In Ticino, il Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (Servizio LAV) offre consulenza legale. Chi è toccato da questo fenomeno può rivolgersi a noi (www.ti.ch/lav), in modo confidenziale, gratuito e nel rispetto dell’anonimato», afferma Finzi. In caso di pericolo, tuttavia, non bisogna esitare a chiamare la polizia.

«Sino a tre anni di carcere»

Le vittime, in futuro, dovranno essere meglio tutelate. Il Consiglio nazionale tratterà la questione a giugno, nel corso della sessione estiva. Per l’Esecutivo, sulla base dei pareri raccolti durante la consultazione, l’obiettivo di una disposizione a sé stante nel codice penale è chiarire in modo inequivocabile che lo stalking è vietato. Per la Commissione degli affari giuridici del Nazionale, «chiunque, insistentemente, segue, molesta o minaccia una persona limitando il libero modo di vivere di lei, è punito, a querela di parte, con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria». In alcuni casi - in particolare nelle relazioni di coppia - il colpevole potrebbe essere perseguito d’ufficio.

Il Consiglio federale - da sempre molto cauto su questo tema - chiede alcune modifiche: propone ad esempio di fissare esplicitamente nel testo normativo che «il reato di atti persecutori sussiste se il libero modo di vivere della vittima è limitato in maniera intollerabile». In questo modo, le cosiddette «ingerenze relativamente lievi» nella libertà della vittima non potranno essere punibili. Oltre a ciò, il Governo è dell’idea che il procedimento penale non debba essere avviato contro la volontà della vittima stessa: deve quindi essere lei a denunciare (ovvero tramite la cosiddetta querela di parte) in quanto solo quest’ultima può giudicare se il suo senso di sicurezza o di libertà è compromesso. E ciò deve valere anche nell’ambito delle relazioni di coppia.